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RAILWAY TRANSPORT

La passione per le ferrovie dei porti statunitensi

Una rapida occhiata agli investimenti in infrastrutture intermodali in atto in tutto il Nord America, da parte di porti, ferrovie ed autorità governative, può dare l'impressione che questo sia un periodo estremamente favorevole per il trasporto statunitense stradale e ferroviario.

Dal punto di vista dei porti, sia della Costa Est che della Costa Ovest, gli investimenti in infrastrutture intermodali - in particolare ferroviarie - sono notevoli. Il Porto di Oakland ne costituisce un primo esempio, dal momento che ha in corso programmi finalizzati alla costruzione del più grande terminal intermodale della Costa Occidentale, i cui costi sono nell'ordine dei 100 milioni di dollari, dall'estensione di più di 300 acri e che viene considerato in grado di movimentare più di 1,5 milioni di contenitori all'anno via strada e via rotaia.

Allo stesso modo, più giù lungo la costa, a Los Angeles ed a Long Beach, i preparativi dei porti e degli operatori terminalistici al fine di trarre vantaggio dagli oltre 2 miliardi di dollari stanziati per lo sviluppo del corridoio Almeida ha comportato la decisione irrevocabile di ampliare la capacità intermodale. A Long Beach il nuovo terminal Hanjin disporrà di infrastrutture ferroviarie da banchina con più di 31.000 piedi di binari ed in grado di movimentare simultaneamente due treni a doppio strato lunghi 8.000 piedi. Anche il proposto terminal della Cosco, la cui apertura è prevista nel 1998, disporrà di un accesso ferroviario diretto al terminal, alla luce del fatto che più del 50% dei carichi di Long Beach si muove via terra alla volta dei mercati statunitensi per mezzo di servizi ferroviari, nonché delle previsioni secondo cui l'attuale tonnellaggio via rotaia raddoppierà entro il 2020. Il porto stesso sta investendo più di 135 milioni di dollari presso sei intersezioni-chiave al fine di rendere maggiormente fluido il traffico ferroviario e camionistico mediante una serie di cavalcavia che verranno completati entro la fine di quest'anno.

Similmente, il vicino Porto di Los Angeles si sta attrezzando per la costruzione del suo TICTF (Infrastruttura Trasferimento Contenitori Isola Terminal), situata tra i terminali Evergreen e Yusan. Più di 20 milioni di dollari verranno investiti nel centro ferroviario che disporrà di 17.600 piedi di binari con una capacità annua iniziale di 15.000 carichi, movimentando in genere sette treni blocco a settimana. Sia Los Angeles che Long Beach contribuiranno con 900 milioni di dollari alla costruzione della connessione lunga 20 miglia del corridoio Almeida.

La crescita ferroviaria di New York

Sulla Costa Orientale, l'attività non sembra meno frenetica, in particolar modo a New York. Lo scorso anno la ExpressRail, cioè l'operatore di proprietà della Conrail che dispone del virtuale monopolio sul trasporto ferroviario nel porto di New York, ha fatto registrare una crescita di più del 20% nei trasferimenti complessivi di contenitori in porto, dalle 85.627 unità del 1995 alle 102.985 unità nel 1996. Una delle principali ragioni della crescita, a detta della ExpressRail, è rappresentata dall'espansione e dall'investimento in infrastrutture nel Terminal Marittimo dell'Autorità Portuale di Elizabeth, che ha fatto registrare uno stanziamento di più di 19 milioni di dollari, raddoppiando la propria capacità annuale di carico/scarico contenitori fino a 150.000 unità.

Il problema, tuttavia, è rappresentato dal dubbio se la capacità di fornire servizi ferroviari ed intermodali ne ecceda la domanda attuale. In particolare, è fonte di preoccupazione la Costa Occidentale. Nel corso del 1996 il tonnellaggio portuale combinato della Costa Occidentale è sceso da 220.240.863 a 215.548.946 tonnellate, il che rappresenta un calo complessivo del 2,1%. In termini di TEU, i sei porti più importanti della Costa suddetta, e cioè Los Angeles, Long Beach, Oakland, Tacoma, Seattle e Portland, hanno fatto registrare una crescita del solo 1,35%, dai 7,35 milioni di TEU del 1995 ai 7,63 milioni di TEU del 1996.

In parte, la perdita di carichi può essere attribuita all'aumento delle movimentazioni nel più importante porto canadese, Vancouver, che si è ripreso i traffici che gli erano sfuggiti a vantaggio degli allora più razionali (dal punto di vista dei costi) porti statunitensi della Costa Ovest. Le dimensioni di questo ritorno dovrebbero con tutta probabilità aumentare con l'entrata in funzione del terminal Deltaport con le sue infrastrutture ferroviarie da banchina. Un segnale dell'interesse suscitato e delle potenzialità espresse dal nuovo terminale, senza contare gli effetti sui flussi di traffico containerizzato nel Nord America, può forse essere costituito dal coinvolgimento sia della Canadian National Railway sia della Canadian Pacific Railway nel suddetto progetto da 224 milioni di dollari USA. Le infrastrutture ferroviarie disporranno di quattro binari serviti da due gru a cavaliere doppie su rotaia, in grado di compiere movimentazioni doppie simultaneamente.

Un altro probabile segnale della dicotomia inerente allo scenario intermodale nordamericano è costituito dalle attività dei principali operatori sia in Canada che negli Stati Uniti.

Sia la CNR che la CPR stanno dandosi molto da fare allo scopo di conservare una quota del cospicuo traffico tra il Canada e gli Stati settentrionali degli USA, nonché di incrementare la propria attività negli Stati Uniti: entrambi i mercati citati, in effetti, secondo la CNR, sono minacciati dall'ultima importante fusione in atto sullo scenario ferroviario statunitense, segnatamente l'acquisizione della Conrail da parte - congiuntamente - di due dei più grossi operatori ferroviari statunitensi, la CSX e la Norfolk Southern. Tra le due società è stato finalmente raggiunto un accordo dopo un anno di trattative in ordine alle modalità di spartizione della rete e dei beni patrimoniali della Conrail. Verrà istituito un organismo congiunto, in base al quale la Norfolk Southern parteciperà alla Conrail con una quota del 58% per 5,9 miliardi di dollari, mentre la CSX Corporation parteciperà con una quota del 42% per 4,3 miliardi di dollari; lo stesso avverrà per i terminali intermodali come l'ExpressRail di New York.

Durissima concorrenza

Secondo Michael Sabia, vice presidente anziano e dirigente finanziario capo della CNR, che nello scorso mese di marzo in occasione di un incontro presso il Dipartimento Trasporti di New York ha presentato una breve relazione nella quale si lamentava la disintegrazione della Conrail, "ciò potrebbe in effetti generare una concorrenza tra la CSX e la Norfolk Southern in ordine al traffico movimentato da New Jersey e Pennsylvania alla volta delle zone centro-occidentali e sud-orientali degli Stati Uniti. Ciò produrrebbe uno squilibrio concorrenziale in relazione al traffico movimentato alla volta di New York e New Jersey da nord e da ovest. Questa carenza di accesso alla concorrenza inerente le ferrovie attive ai confini occidentali e settentrionali di New York non rispecchierà esattamente lo straordinario dominio del mercato di cui la Conrail attualmente gode, dal momento che porterà con sé un pericolo per la vitalità futura di un certo numero di linee ferroviarie chiave di New York".

In particolare, la CNR ritiene che la fusione incoraggerà sia la Norfolk Southern che la CSX - che essa definisce come "ferrovie prevalentemente meridionali" - ad effettuare collegamenti a lungo raggio da e per New York con gli Stati del sud-est, attribuendo ai soli porti la scelta dei caricatori e dei ricevitori. "Ad esempio, la carta da giornale prodotta nel Quebec per i mercati di New York, della Pennsylvania e del New Jersey" afferma Sabia "sarebbero probabilmente rimpiazzati da prodotti provenienti dal sud-est".

Per quanto com'è ovvio influenzato dagli interessi acquisiti, il punto della situazione esposto da Sabia e dalla CNR, condiviso anche da altri operatori ferroviari, si basa sul concetto che l'istituzione di un numero anche piccolo di nuovi grossi operatori mediante fusioni e cessioni aziendali negli Stati Uniti in sostanza si rivela assai simile ad una monopolizzazione di certe tratte e di certi Stati in termini di trasporto merci; timore, questo, che si era evidenziato anche quando era stata annunciata - all'inizio dello scorso anno - l'assegnazione dell'appalto da 5,4 miliardi di dollari USA della Southern Pacific alla Union Pacific. Naturalmente, l'opinione della Union Pacific in merito a tali fusioni è in qualche modo diversa da quella della CNR, come ci si poteva aspettare. "Abbiamo appurato che la presenza di meno e più forti concorrenti nel mercato intermodale ha reso più intensa la concorrenza, con un miglioramento della qualità dei servizi e delle tariffe per la clientela" dichiara Mike Kelly, vice presidente della divisione intermodale della Union Pacific Railroad Co.

Qualsiasi cosa accada dal punto di vista delle fusioni, società come la CNR continueranno a battersi per il trasporto merci. Peraltro, la risposta alla domanda se i porti continueranno a fornire abbastanza impulso a tale concorrenza, è un'altra questione.

(da: Port Development International, aprile 1997)

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