TRAFFICI MARITTIMI E UNIONE
EUROPEA: L'INTEGRAZIONE DEL SISTEMA ITALIA
Giovedì 19 Giugno 1997
Centro Congressi Magazzini del Cotone di Genova
Intervento di Paolo Clerici
Presidente della Confederazione Italiana Armatori
(Confitarma)
L'8 maggio scorso si è tenuta l'assemblea della Confederazione
Italiana Armatori. In quella occasione alla presenza del capo
del Governo, del ministro dei Trasporti e del Presidente di Confindustria,
avevo elencato alcuni obiettivi prioritari che costituiscono tuttora
le principali finalità da raggiungere.
La legge sulla cantieristica è ancora alla Camera e sarebbe
già stata approvata se la commissione Trasporti avesse
concesso la sede legislativa. Ora dovrebbe andare in Aula e confidiamo
che in questi giorni questo capitolo possa chiudersi per garantire
agli armatori che hanno ordinato navi ai cantieri italiani un
quadro legislativo di certo riferimento.
Del tutto fermo o per meglio dire "in lista d'attesa"
è il disegno di legge sul Registro Internazionale, indispensabile
per fermare l'esodo dalla bandiera italiana. Questo provvedimento
per diventare operativo entro l'anno dovrebbe accelerare il suo
iter. Ci risulta che prima del nostro debbono essere affrontati
i provvedimenti sulle telecomunicazioni e sull'autotrasporto che
presentano particolare carattere d'urgenza. Mi chiedo e chiederò
ai miei colleghi armatori se sia necessario nel nostro Paese effettuare
qualche clamorosa manifestazione per ottenere il diritto di precedenza.
Non sarebbe difficile ma speriamo che ciò non sia necessario.
Preoccupa, poi - come dissi anche l'8 maggio - che i problemi
dei traffici internazionali siano stati mescolati con quelli altrettanto
importanti ma di natura diversa riguardanti i porti, l'escavazione,
ecc. Noi abbiamo preso per valida l'affermazione secondo la quale
si voleva con un unico provvedimento affrontare tutte le tematiche
sinora pendenti riguardanti il marittimo e il portuale. Ma invece,
signor ministro, aleggia e si diffonde una tesi che mi sembra
opportuno esplicitare per mostrarne la debolezza sia sul piano
logico sia su quello del comportamento. Secondo alcuni sostenitori
dell'abbinamento, legare le norme dell'armamento agli interventi
sulla portualità sarebbe utile per condizionare la posizione
di Confitarma su questi ultimi. Questa tesi è superficiale
e politicamente discutibile.
Superficiale perché attribuisce a Confitarma un ruolo che
non le compete ed un potere che non ha. Un ruolo che non le compete
perché Confitarma è solamente una delle molte componenti
dell'utenza portuale. Inoltre perché da sempre abbiamo
sostenuto che si deve trovare una soluzione legislativa che porti
a termine le riforme portuali in termini compatibili con le posizioni
comunitarie ma con un'intesa fra utenti e compagnie che sia equilibrata
e soddisfacente per tutti. Non abbiamo quindi bisogno di pressioni
per caldeggiare questa soluzione ma non siamo neppure disposti
a subirne.
E' una tesi politicamente discutibile perché configura
una specie di scambio fra soggetti (armatori e compagnie) non
abilitati a scambiare alcunché. Se una mediazione ci deve
essere avvenga nelle sedi opportune, ossia a livello politico,
sentite le parti interessate.
Sarebbe comunque grave non per gli armatori ma per il Paese se
un progetto come quello del Registro Internazionale dovesse arenarsi
per situazioni ad esso estranee. Teniamo presente che in autunno
si discuterà la Finanziaria per cui se la Camera entro
settembre non licenzia il provvedimento non si sa quando questo
potrà passare all'esame del Senato.
Dico tutto questo con molta umiltà ma altrettanta fermezza
in quanto, come ho detto all'assemblea di Confitarma, l'armamento
non chiede aiuti compensativi, bensì la possibilità
di operare nelle stesse condizioni quantomeno della concorrenza
europea. Ritengo infatti che solamente l'introduzione di un mercato
liberalizzato consenta alle imprese di sviluppare politiche di
largo respiro e di dare la sola efficace risposta al rinnovamento
e alla difesa dei livelli occupazionali.
Attendiamo ancora, da più di due anni, il bando di gara
per la privatizzazione dell'Italia e del Lloyd Triestino. Il sindacato
ha, come suo compito, prospettato le preoccupazioni che sono state
da noi riconosciute. Per salvare l'occupazione ci sono stati proposti
determinati abbattimenti fiscali e di oneri sociali. Deve essere
chiaro che queste misure sono essenzialmente finalizzate a salvaguardare
l'occupazione dei marittimi italiani.
Per questo noi consideriamo il disegno di legge sul Registro Internazionale
come l'unico compromesso realistico possibile in questo particolare
momento, ma sarà nostra cura prospettare alle istituzioni
e al sindacato soluzioni più vicine al mercato qualora
il monitoraggio che verrà effettuato dall'Osservatorio
del mercato del lavoro marittimo ne dimostri la possibilità.
In questa sede mi fa piacere sottolineare che il Governo ha potuto
predisporre la normativa sul Registro Internazionale con maggiore
convincimento dopoché l'Unione Europea ha individuato li
aiuti che gli Stati possono riconoscere alle loro marinerie senza
ledere la concorrenza. Il disegno di legge è in linea con
tali direttive e desidero ringraziare il Commissario Kinnock per
l'importante lavoro che ha svolto la Commissione da lui presieduta.
Solamente dopo che questo nostro disegno di legge sia diventato
operativo si potrà aprire un nuovo dibattito nel Paese
e in sede comunitaria per un progetto più ambizioso, e
cioè una regolamentazione sociale per il settore marittimo
che non sia tanto volta a derogare dalle norme generali del sistema
(esenzioni, detassazioni, deroghe) quanto invece a porre regole
diverse se possibile sul piano europeo.
Il vecchio progetto EUROS tendente a dare a tutte le flotte europee
regole uguali cadde per la difesa da parte dei Paesi più
liberisti delle condizioni di migliore favore da loro adottate
per le loro navi (secondi registri, ecc.). Se e quando anche l'Italia
avrà queste condizioni si potrà forse riaprire un
discorso europeo sulla marina mercantile con l'obiettivo di avere
dopo la moneta unica anche una flotta che a fianco delle bandiere
nazionali veda sventolare la bandiera comunitaria simbolo di regole
uguali per tutti, idonee a garantire condizioni di competitività
con le navi di bandiere terze. E' un progetto ambizioso che però
potrebbe ridare all'Italia una funzione propositiva nel settore
marittimo comunitario sinora delegato alla sensibilità
dei singoli Stati.
In questo rinnovato contesto si dovrà affrontare il problema
del cabotaggio, sul quale Confitarma sta conducendo ricerche ed
approfondimenti che fanno da contrappunto alle altre ricerche
e studi che IRI e Tesoro stanno apprestando per la flotta pubblica
e che crediamo debbano essere oggetto di pubblico dibattito.
Liberalizzazione del cabotaggio, rapporto fra privato e pubblico,
investimenti navali, completamento della riforma portuale sono
le tematiche che saranno affrontate sùbito dopo l'auspicata
entrata in vigore delle nuove regole sui traffici internazionali.
L'incremento dei traffici radicati in Italia che dovrebbe conseguire
a questa nuova politica marittima, così fortemente voluta
dal ministro Burlando, dovrebbe far comprendere a tutti come la
difesa delle nicchie di mercato, siano esse imprenditoriali, siano
esse del lavoro, sono battaglie di retroguardia che vanno come
tali combattute ma con senso della misura e con la consapevolezza
che il futuro non si giocherà su questi tavoli residuali.
Chiudo questo mio intervento ricordando un tema da qualche tempo
molto caro all'armamento, che è quello della formazione.
Noi vogliamo capire insieme con il sindacato e avvalendoci degli
strumenti all'uopo previsti nel progetto del Registro Internazionale,
quali l'Osservatorio del mercato del lavoro marittimo, se la futura
carenza di personale marittimo altamente qualificato, carenza
prevista dagli esperti internazionali, possa dare spazio a qualificati
marittimi italiani i cui costi previdenziali e fiscali siano abbattuti
ai livelli della concorrenza. Se questo è vero - ma dobbiamo
verificarlo - allora lo Stato, l'armamento e il sindacato potranno
impegnarsi in un progetto a medio-lungo termine di grande valenza
sociale.
Ma se gli investimenti nella formazione dovessero invece mascherare
interventi a favore delle fasce meno protette e qualificate del
personale messo fuori mercato, sarebbe meglio chiamare questi
salvagenti con il loro nome e non confondere ancora una volta
interventi assistenziali socialmente comprensibili e forse auspicabili,
ma che rischiano di creare "riserve indiane" con una
politica di formazione che potrebbe avere ben più ampio
respiro e dare anche alla nostra gente di mare - che lo merita
- possibilità di competere con i loro concorrenti più
qualificati.
Su questo tema, come tutti gli altri trattati, Confitarma è
sempre pronta e disponibile al dialogo e a costruttive soluzioni.