CONVEGNO AILOG
LOGISTICA E SISTEMA PAESE
Palazzo S. Giorgio Genova,
24 Febbraio 1997
"Il punto di vista dei
fornitori di servizi"
Intervento di Sebastiano
Gattorno, presidente del Gruppo Serra
Il quadro di riferimento
Da anni si parla di problematiche infrastrutturali
e di colli di bottiglia, di sviluppo del trasporto ferroviario
e di metodi più o meno pertinenti per disincentivare il
trasporto su strada e ridimensionarne l'offerta. Numerosi sono
stati gli studi condotti in ambito europeo che evidenziano le
condizioni di stress in cui versa il sistema infrastrutturale
mentre il piano degli interventi prioritari, risalenti ancora
al gruppo Christophersen, stenta a decollare per la difficile
realizzazione delle necessarie partnership pubblico-private.
D'altra parte risulta ancora utopistico fare
affidamento sulla riconversione di una tendenza organizzativa,
che taluni definiscono equazione della mobilità,
nella quale si conferma l'assoluta preponderanza del vettore stradale
rispetto al combinato, con una quota di traffici gestiti via strada
(85%) che risulta imbattibile a breve proprio su quelle distanze
(inferiori ai 200 Km.) teoricamente competitive per il trasporto
ferroviario.
In tale contesto il contenimento del vettore
stradale attuato attraverso penalizzazioni fiscali, in conformità
ad un metodo che si è consolidato in ambito UE seppure
con le note perplessità sui meccanismi di imputazione dei
costi impropri, se da una parte si è dimostrato strumento
non idoneo a risolvere i problemi del traffico stradale dall'altra
ha contribuito ad aumentare in Europa i costi globalmente riconducibili
al trasporto, che risultano superiori del 16% rispetto a quelli
americani e del 21% rispetto ai giapponesi.
Il trend è chiaro: la crescita
delle merci gestite via strada è tale da raddoppiare ogni
dieci anni le tons./Km., mentre l'adeguamento infrastrutturale
non tiene il passo. In Italia in particolare gli investimenti
in ammodernamento e manutenzione della dotazione infrastrutturale
rispetto al PIL sono scesi ancora al di sotto di quell'1.2% degli
anni antecedenti Tangentopoli, per attestarsi ad un misero 1%
contro l'1.5% della vicina Francia.
Accanto al rallentamento dei grandi lavori,
che confermano per il medio periodo diverse condizioni estreme
di sovra e sotto-dotazione, si accompagnano pesanti sperequazioni
qualitative nella diffusione della rete sul territorio. A parte
la situazione del Mezzogiorno, dove ritengo si debba incentivare
il cabotaggio marittimo come reale alternativa al combinato terrestre,
anche i principali distretti produttivi del centro-nord risentono
di un sotto-dimensionamento delle infrastrutture, con conseguente
forte concentrazione dei flussi su pochi nodi e corrispondente
aumento dei fattori di rischio-incidente, come testimoniano le
recenti vicende ferroviarie.
Le priorità di intervento nel nostro
Paese sono scomode eredità che passano di mano in mano,
ormai diventate di dominio pubblico anche perchè sono sempre
le stesse e sempre più urgenti.
Ne cito le più macroscopiche:
- Realizzazione della variante autostradale
di valico sulla tratta Firenze-Bologna,
che è pericolosamente inadeguata e continuerà ad
essere, anche ad avvenuta realizzazione dell'Alta Velocità,
un'arteria fondamentale del nostro sistema di collegamento terrestre.
- Compimento, dopo opportuna verifica
della correttezza formale e sostanziale del progetto, del sistema
interportuale di Malpensa, che costituisce
una necessità del nostro sistema in quanto asservito ad
un'area che costituisce il naturale punto di convergenza di oltre
il 40% delle merci in arrivo e partenza da/per l'Europa.
- Razionalizzazione del nostro sistema
portuale ed aeroportuale, che deve
trasformarsi appunto in un sistema sinergico, coordinato
ed efficiente, con un chiaro assetto delle privatizzazioni ed
una netta regolamentazione degli appalti per i servizi di manodopera.
- Potenziamento delle infrastrutture interne
significative in termini di bacini di traffico serviti, con forte
stimolo all'applicazione dei sistemi informativi di pianificazione,
gestione e controllo delle diverse fasi di gestione delle spedizioni.
Tuttavia non basta riorganizzare se, insieme
agli interventi di supporto infrastrutturale, non si avvia
una politica che faccia proprie le diverse esigenze del settore,
fra cui quella relativa ad un quadro regolamentare aggiornato,
compiuta espressione di:
- un piano di riassetto e sviluppo del sistema;
- una normativa certa e non contraddittoria,
allineata all'evoluzione del trasporto nelle diverse implicazioni
e connotazioni di servizio logistico.
Occorre infatti ricordare che in Italia ancora
ci muoviamo in totale assenza di un piano di coordinamento, che
e' invece la base indispensabile per la realizzazione di progetti
industriali nei quali i privati si possano riconoscere non solo
come finanziatori, secondo le tecniche tipiche del project
financing, ma anche come soggetti titolati ad intervenire
nella gestione imprenditoriale senza condizionamenti, fatti salvi
quelli derivanti da una reale dinamica competitiva servizi/mercato.
Tale intelaiatura di fatto già era presente
nel Piano Generale Trasporti, testo di riferimento programmatico
unico e forse per questo ancora attuale e valido per l'avvio
progettuale di un sistema trasporti nazionale che, in coerenza
con le direttive degli organi comunitari nei confronti dei quali
dobbiamo iniziare a porci come parte attiva e non come soggetti
perennemente recalcitranti, operi il balzo verso l'integrazione
modale, la realizzazione di tecnologie dedicate e quindi il controllo
dell'intero processo che viene ormai generalmente definito con
il termine di logistica distributiva e che è la
condizione indispensabile per muoversi su un mercato allargato.
D'altra parte, per evitare le colpevoli disattenzioni
del passato, è fondamentale che tale rielaborazione assuma
dignità di Legge statale dalla quale discendano i decreti
attuativi sui singoli segmenti modali, da una parte per
riorganizzare l'offerta dei servizi, dall'altra per realizzare
gli interventi inerenti i centri nodali da configurare in rete
e le infrastrutture tecnologiche, previa una congrua valutazione
di fattibilita', operata esclusivamente sulla base di parametri
certi relativi ai volumi, alle direttrici ed ai modelli di traffico.
L'importanza di tale passaggio e' il
preliminare di fondamentale importanza, in quanto fornisce una
chiave di lettura unica ed inequivocabile per tutti i successivi
interventi di razionalizzazione, semplificazione ed adeguamento
del quadro industriale, infrastrutturale, tecnologico e normativo,
superando una volta per tutte le logiche di gestione dell'emergenza,
le quali non risolvono i problemi ma generano ricadute penalizzanti
sulla competitività dei servizi, il chenon è
accettabile nè oggettivamente sostenibile.
Standard
qualitativi e certificazione. Ecco
un'altra tematica che ci riconduce all'impasse infrastrutturale.
I sistemi di monitoraggio dei processi, che sono stati accolti
con fatica nelle principali organizzazioni di trasporto italiane,
tendono a trasformarsi in una maggiore burocratizzazione piuttosto
che nell'agevolazione delle procedure anche e proprio perchè
si interfacciano con un ambiente esterno non allineato e che tende
a disperdere piuttosto che esaltare i benefici di un attento e
continuo controllo dei livelli prestazionali e di customer
satisfaction.
Ristrutturazione del sistema
dunque, ma lungo percorsi che ne contengano l'impatto sociale,
emancipandolo una volta per tutte dal controllo statale, eliminando
le intollerabili condizioni di monopolio tutt'ora esistenti (trasporto
ferroviario), non chiaramente definite (regolamentazione della
monodopera in ambito portuale) ovvero malamente superate (trasporto
aereo) e lasciando via libera all'iniziativa dei privati, scevra
da condizionamenti e/o dagli abusi derivanti da posizioni di dominanza
imposte in nome di un servizio pubblico che giustifica le provvidenze
(cabotaggio interno) ma non la distorsione delle condizioni di
mercato e del regime di libera concorrenza.
Riorganizzazione che significa razionalizzazione
ed integrazione degli strumenti in essere,
risoluzione dei problemi irrisolti (il già citato caso
di Malpensa, ma anche il polo laziale e meridionale), diffusione
di un clima di certezza e nuovi stimoli alle privatizzazioni.
Riconosco che si tratta di un lavoro complesso
ed impegnativo, reso ancora più difficile dalla consapevolezza
della necessità di recuperare il tempo perduto, il che
mi porta a ricordare il progetto "consulta permanente
della logistica"di cui da temposi parla
come strumento strategico per affrontare senza soccombere la sfida
dell'internazionalizzazione produttiva che coinvolge il nostro
settore.
E' tuttavia fondamentale, a mio parere,
che tale consulta non si limiti ad essere un organo consultivo
ma diventi un soggetto attivo nella creazione di una cultura
di governo che, nel rispetto delle competenze istituzionali,
esprima piani di sviluppo territoriali nei quali sia possibile
avviare partnership pubbliche-private a concreta attuazione
di una linea politica assunta dalla Presidenza del Consiglio e
come espressione di un piano di Pianificazione & Sviluppo
conforme a quanto fin qui delineato.
Il mio contributo imprenditoriale
Per quanto mi riguarda direttamente, in quanto
fornitore di servizi logistici, sono pronto ad investire in
prima persona sia con competenze sia con capitali per lavorare
concretamente in questo senso.
Mi rendo conto che ci vuole una discreta dose
di coraggio per affrontare scelte difficili, che in molti settori
significano forti interventi di ridimensionamento degli organici
e di ristrutturazione del business: Ferrovie ed Alitalia
sono gli esempi più eclatanti. Tuttavia se concordiamo
sul fatto che occorre, come occorre, ragionare con metodi
imprenditoriali bisogna che tutti facciano la loro parte,
forze di governo, imprenditori, organizzazioni sindacali,
per scommettere sull'efficientamento del nostro sistema non solo
come ottimizzazione infrastrutturale ma anche come messa a
regime di una macchina che deve produrre ricchezza, lavoro
ed indotto in modo equo e diffuso.
Noi come Serra abbiamo già investito
partecipando al recupero di una realtà economico-produttiva
-Gruppo Tripcovich- che è parte integrante della
storia delle spedizioni del nostro Paese, costituendo una società
di gestione -G.T.A.- che intende trasformarla in un nucleo trainante
della logistica italiana, pronto a competere sul mercato globale
ed a generare nuove opportunità di sviluppo. Ma in Italia
possiamo e vogliamo fare di più, se sarà possibile
dialogare in modo chiaro ed equilibrato di diversi argomenti fra
i quali: piano di sviluppo delle aree del Mezzogiorno, meccanismi
salariali e privatizzazioni reali, vale a dire senza golden
share da parte dello Stato.
La partecipazione in società di gestione
di infrastrutture, mezzi e servizi è un'ipotesi che ci
vede disponibili, a patto che l'obiettivo sia davvero quello
di portare il nostro Paese in Europa, non solo sulla base di delicati
equilibri finanziari ma soprattutto grazie alla competitività
reale delle nostre imprese ed al significativo rilancio
del tasso di sviluppo occupazionale.
Le problematiche ancora da valutare
L'Europa è ancora oggi l'interrogativo
più critico. Perchè se ciascuno di noi lavora ed
investe per aumentare la forza d'urto della propria azienda, avendo
quale parametro di riferimento la realizzazione di un sistema
Europa come tappa importante per la realizzazione di un blocco
economico-produttivo compatto che fronteggi la concorrenza proveniente
dai continenti americano ed asiatico, ritengo sia altrettanto
opportuno che come imprenditori si valutino anche le ricadute
potenzialmente generate da un eventuale ritardo o della mancata
partecipazione della nostra moneta all'Euro.
E' evidente che si tratta di un'ipotesi pessimistica
e provocatoria ma che non può essere del tutto rimossa
dal nostro subconscio, dal momento che la partecipazione
dell'Italia al gruppo di testa non è così scontata
come molti ci garantiscono. Penso sia pertanto corretto ed utile
valutare anche questa eventualità cercando di quantificarne,
sia pure sulla base di proiezioni statistiche, le ricadute
sulle imprese espresse dalle variabili che determinano la redditività
degli investimenti, dei cicli produttivi-commerciali-distributivi
e finanziari.
Da una provocazione nasce dunque la mia
proposta di creare un tavolo di lavoro aperto a tutti gli imprenditori,
nel quale si approfondiscano in modo organico e completo le problematiche
che le aziende italiane dovrebbero affrontare nel caso del mancato
ingresso in Europa, ragionando in termini di riconfigurazione
dello scenario, dei cicli produttivi-logistici, economico-finanziari
e prefigurando le strategie alternative.