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10 febbraio 2021
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- Federagenti lancia un allarme per il rischio di emarginazione
dal mercato mondiale corso dai broker marittimi italiani
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- Santi: il sistema Paese è diventato incapace di
comprendere quanto sia vitale difendere alcune attività
legate a traffici vitali
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La federazione degli agenti marittimi italiani lancia un allarme
per il rischio di emarginazione dal mercato mondiale corso dai
broker marittimi nazionali, che - denuncia Federagenti - «pagano
i danni della mancanza di strategia nazionale». «Rischia
di subire danni gravissimi fino a collassare - spiega la federazione
- uno dei pilastri portanti del cluster marittimo italiano, quello
formato dalle aziende di brokeraggio impegnate nell'attività
di noleggio e compravendita delle navi: in dieci anni diverse decine
di aziende sono uscite di scena e diverse centinaia di posti di
lavoro ad alta qualificazione professionale sono andati persi.
Considerato da sempre una delle eccellenze dello shipping italiano -
precisa Federagenti - il settore non sta pagando solo il prezzo
altissimo della pandemia, ma soprattutto le conseguenze di un trend
negativo che prosegue ormai da anni e che è frutto del
combinato congiunto di una serie di fattori: dalla contrazione
costante nel trasporto di alcune materie prime alla rinfusa (in
primis il carbone) e, conseguentemente, dei noli, alla perdita del
controllo da parte dei capitali italiani di attività
strategiche industriali come quella della siderurgia sino alla
contrazione nel numero delle compagnie di navigazione italiane
impegnate nel trasporto di merci alla rinfusa».-
- «Con un sistema Paese che, in un panorama generale di
accorciamento delle filiere di approvvigionamento strategico e di
aumentato controllo sulle stesse, è diventato incapace di
comprendere quanto sia vitale difendere alcune attività
legate a traffici vitali, delegandone, invece, il controllo a player
stranieri - sottolinea il presidente di Federagenti, Alessandro
Santi - anche l'attività dei broker marittimi segna il passo
facendo scattare un allarme che non può passare inascoltato.
Nonostante una tradizione e un'affidabilità consolidata,
nonostante una capacità di formare e impiegare giovani che
sempre più spesso sono attirati da sirene straniere, le
società di brokeraggio marittimo subiscono con sempre
maggiore frequenza lo scavalcamento da parte di competitor esteri
che sul mercato domestico possono competere con minori vincoli, ma
anche minori garanzie per i clienti, ottenendo il favore dei grandi
caricatori nazionali, a partire dalle multinazionali del settore
energetico».
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- Secondo Federagenti, si crea quindi un circolo vizioso nel quale
i grandi caricatori escludono le società nazionali di
brokeraggio, queste vedono erosa anche la loro storica propensione
alla formazione e all'impiego dei giovani che, in numero crescente,
o emigrano o cercano impiego presso i caricatori, con il risultato
di indebolire quello che era un fiore all'occhiello dello shipping
italiano e mediterraneo e, con effetto domino, anche il potere
contrattuale e di controllo dei player industriali del Paese che
sino a pochi anni fa trovavano nei broker italiani non solo una
figura di intermediazione, ma soprattutto un consulente di fiducia.
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- «Sulla sola piazza di Genova - sintetizza Federagenti per
chiarire la portata del problema -
- in dieci anni il numero delle aziende si è quasi
dimezzato con occupati ad alta specializzazione passati dai quasi
340 del 2010 ai 220 di oggi».
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