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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXXIV - Numero 30 APRILE 2016
STUDI E RICERCHE
LE NAVI PORTACONTAINER DI ENORMI DIMENSIONI PRESENTANO DIFFICOLTÀ DI ENORMI DIMENSIONI PER I PORTI ED I CARICATORI
Secondo gli ultimi dati elaborati dalla Dynaliners, esistono 37 ULCV (navi portacontainer di grandissime dimensioni) di oltre 18.000 TEU operative, con la sbalorditiva cifra di altre 72 navi di questo tipo sotto ordinazione in consegna entro il 2020.
Comprese la navi ancora da ricevere in consegna, la Dynamar nota che la Maersk Line continuerà a guidare la classifica delle ULCV con 31 navi da 18.000 TEU ed oltre, seguita dalla China Lines derivante da una recente fusione con 22 e dalla MSC al terzo posto con 20.
Con l'eccezione dell'Asia-Costa Occidentale USA, dove la CMA CGM è il solo vettore finora ad impiegare navi da 18.000 TEU, le oltre 100 mega-navi saranno operative limitatamente ai porti in Asia ed in Europa.
Già messi in difficoltà dalla flotta attuale di ULCV, i porti containerizzati avranno bisogno di alzare nuovamente la loro posta in gioco per accogliere le navi che saranno introdotte nei circuiti Asia-Europa nel giro dei prossimi anni.
Parlando in occasione della Global Liner Shipping Conference svoltasi a Londra nel mese di aprile, l'amministratore delegato della APM Terminals Kim Fejfer ha delineato le difficoltà che gli operatori si troveranno di fronte a causa della nuova specie di mega-portacontainer.
Fejfer ha dichiarato che l'esigenza di cambiamenti nel settore portuale "è stata più pronunciata negli ultimi due anni che nei venti trascorsi prima".
"Un decennio fa, un grande terminal con 900 metri di banchina poteva lavorare simultaneamente tre o quattro navi" afferma Fejfer "ma ora, con navi lunghe 400 metri, lo stesso terminal, anche quando rafforza le banchine e dispone di gru bordo-terra più grandi e di un pescaggio più profondo, può solo accogliere due navi ultra-grandi alla volta per lavorare lo stesso numero di movimentazioni di contenitori".
Fejfer sostiene che il potenziale balzo verso l'alto del 50% degli scambi containerizzati indotto dal passaggio della movimentazione delle ULCV da 13.000 TEU ai più grandi colossi da 20.000 TEU significa "una flessibilità notevolmente minore per i terminal container".
"Adesso c'è la necessità di altro spazio di piazzale, di varchi più grandi e più personale per lavorare i picchi di volumi nell'ambito dell'infrastruttura terminalistica.
Questo comporta costi aggiuntivi per l'operatore terminalistico che le linee di navigazione non sono disposte a pagare" afferma.
Altrove, il dibattito sulle mega-navi continua.
Nel suo ultimo blog "Economie di scala: un modello marittimo defunto?" l'esperto di porti e trasporto marittimo dell'OCSE Olaf Merk si chiede se qualcuno - vettori, caricatori o porti - stia realmente traendo vantaggio dall'introduzione delle ULCV.
Merk nota che quasi tutti i vettori marittimi hanno ordinato mega-navi per sfruttare il paradigma delle "economie di scala", ma ritiene che ciò abbia alimentato l'eccesso di capacità della flotta e depresso le tariffe di nolo.
"Non ci sono abbastanza carichi, di modo che le navi portacontainer salpano mezzo vuote e perdono soldi" afferma Merk. "Un po' troppo per i loro risparmi previsti sui costi".
Pur accettando che i caricatori siano "contenti" delle tariffe basse, Merk sottolinea come essi abbiano "tradizionalmente spalmato il rischio mediante l'uso di navi diverse, linee diverse e porti diversi".
"Essi adesso potrebbero trovare i loro carichi su una mega-nave, le cui operazioni sono effettuate da una mega-alleanza, con scali in pochissimi porti" mette in guardia Merk, aggiungendo che questo sarebbe un "cocktail assai rischioso" per i caricatori, con ritardi o peggio con incidenti che provocano "mega-conseguenze".
Notando altresì che le mega-navi "possono produrre profitti solo se vengono lavorate molto alla svelta nei porti", Merk si dice d'accordo con il dirigente della APMT quando afferma che i porti containerizzati devono affrontare "enormi difficoltà" derivanti dalle mega-navi che apportano picchi di carichi "che fanno diminuire il ritorno sugli investimenti".
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