Rapporto Federazione del Mare/Censis
Economia del Mare e Sviluppo del Paese
L'impatto economico e sociale delle attività d'impresa marittima
Intervento del Presidente
Antonio d'Amico
Roma, 7 novembre 1996
CNEL
E' un giorno di particolare soddisfazione per me, quello che si
apre stamane.
Trova infatti la sua prima occasione di incontro diretto con il
pubblico più autorevole e qualificato la Federazione del
Mare, che da due anni ho l'onore di presiedere dopo averne fortemente
voluto la costituzione, sulla base della lunga esperienza maturata
al vertice della Confitarma.
Desidero quindi innanzitutto, con molto calore ringraziare il
Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro e il suo presidente
-che ci ospita oggi-
Saluto e ringrazio anche tutti gli intervenuti, ed in particolare
le eminenti personalità espressione dell'Amministrazione,
della Finanza e dell'Industria, per aver voluto ritagliare lo
spazio per una presenza qui, oggi, tra i vostri innumerevoli impegni.
Ringrazio infine il Presidente del Consiglio dei Ministri per
la cortesissima lettera con cui ha salutato l'iniziativa di questo
convegno, pur non potendo partecipare di persona per gli impegni
parlamentari.
L'incarico al CENSIS di svolgere un approfondito studio sulla
configurazione dell'economia marittima, e sul suo impatto economico
e sociale, è stato il primo atto operativo di questo organismo,
che è nato per federare, attraverso le sue imprese, l'intero
Sistema marittimo nazionale, dando ad esso una rappresentanza
adeguata al ruolo che gli spetta nell'economia e nella vita della
Nazione e nel contesto europeo.
La Federazione del Mare è stata istituita nel 1994 tra
le principali organizzazioni imprenditoriali del Sistema marittimo
i cui rappresentanti vedete oggi, forse per la prima volta, tutti
riuniti ad un banco di presidenza:
- ASSONAVE , l'associazione delle industrie navalmeccaniche
oggi presieduta da Corrado Antonini,
- ASSOTOP, l'associazione dei terminalisti portuali presieduta
da Andrea Costa,
- CONFITARMA, la confederazione degli armatori di navi mercantili,
oggi presieduta da Aldo Grimaldi,
- FEDERAGENTI, la federazione degli agenti e broker marittimi,
presieduta da Giorgio Fanfani,
- FEDERPESCA, la federazione delle industrie della pesca, presieduta
da Aldo Bassi,
- UCINA, l'unione delle imprese della nautica da diporto, presieduta
da Mario Giusfredi.
Assieme a questi autorevolissimi Colleghi, che ringrazio per il
costante apporto che riservano alla Federazione, nonostante i
gravosi impegni, abbiamo voluto rendere evidente, in questo cruciale
momento di transizione dell'Italia verso l'Europa, quanto sia
importante considerare le attività di impresa marittima
una risorsa nazionale cui destinare attenzione, e al contempo
affermare la vicinanza degli obiettivi e la comunanza degli interessi
generali di chi a tali attività d'impresa si dedica.
I vari aspetti dell'economia marittima, pur presentando ciascuno
una sua peculiarità, risultano infatti attraversati da
caratteri comuni, che trovano del resto riscontro sul piano giuridico
nella comune soggezione al codice della navigazione e agli accordi
internazionali che regolano tutti gli aspetti e le gravose responsabilità
dell'attività sul mare.
Tali caratteri comuni vanno rintracciati, da un lato, nella specificità
di tecniche e di cultura propria dell'attività sul mare;
dall'altro, nella pronunciata dimensione internazionale dei mercati
in cui le imprese marittime si inseriscono con la propria offerta
di beni e di servizi: mercati aperti, non solo nominalmente ma
nei fatti, alla concorrenza delle imprese di tutti i paesi, e
pertanto caratterizzati da un livello di competizione molto elevato
-ed i miei colleghi ben sanno quanto pesantemente-.
La Federazione del Mare nasce quindi tra chi conduce attività
d'impresa sul mare, sulla base di alcune considerazioni di fondo.
Anzitutto, la rilevanza del Sistema marittimo, ai fini dello sviluppo,
va sempre più accentuandosi, in rapporto alla crescente
internazionalizzazione dei mercati: nel mercato globale, esteso
a tutto il pianeta, le merci si muovono sopratutto per nave.
Certamente il Sistema marittimo riveste un ruolo strategico per
l'Unione Europea, prima protagonista del commercio mondiale (circa
1 miliardo e 500 milioni di tonnellate di merci importate ed esportate
ogni anno, di cui 1 miliardo e 100 milioni via mare).
In Italia, il Sistema marittimo riveste poi un rilievo particolare,
perchè alla forte dipendenza dai mercati esteri dell'industria
di trasformazione, si accompagna la estesa articolazione costiera
ed insulare del territorio, e la rilevanza civile ed economica
- oltre che storica- delle città di mare.
Grande risulta di conseguenza l'apporto che le varie componenti
dell'economia del mare forniscono allo sviluppo economico e sociale
del Paese.
Il trasporto marittimo, anzitutto, riveste un ruolo di particolare
importanza nell'evoluzione del sistema produttivo nazionale, poichè
assicura il flusso commerciale della maggior parte delle materie
prime e dei manufatti.
Il contributo del trasporto marittimo all'economia italiana è
chiaramente espresso da alcune cifre, già ben note tra
gli addetti ai lavori:
- il 64% del commercio internazionale dell'Italia si svolge
per nave,
- la quota del trasporto interno di merci, pur se meno significativa
(20%), è seconda solo a quella stradale;
- in totale, le merci trasportate per mare in Italia oltrepassano
i 340 milioni di tonnellate e i passeggeri superano i 38 milioni
e sono destinate a crescere.
La navigazione risulta pertanto di gran lunga il sistema di trasporto
prevalente per le importazioni e le esportazioni, ma risulta altresì
il secondo sistema di trasporto interno delle merci, dopo la strada,
e riveste un fondamentale ruolo politico-sociale assicurando la
continuità territoriale tra la parte continentale e le
vaste aree insulari del paese.
Con i suoi incassi valutari per noli merci e passeggeri, che
si aggirano negli anni più recenti intorno ai 15.000 miliardi
l'anno, la navigazione mercantile concorre poi in misura determinante
a bilanciare l'ingente ammontare dei pagamenti internazionali
per servizi di trasporto, conseguente alla forte dipendenza del
nostro sistema produttivo dagli approvvigionamenti esteri.
Intorno alla navigazione mercantile gravita la parte più
cospicua dell'economia marittima:
- l'industria armatoriale nazionale, che - sia pure con quote
in flessione per la prolungata perdita di competitività
- tuttora risulta la prima fornitrice di servizi marittimi all'economia
del paese;
- l'industria cantieristica, che fornisce alla flotta nazionale
la quota prevalente del naviglio e ne assicura l'ammodernamento
tecnologico e la successiva manutenzione, con rilevanti successi
internazionali nella costruzione navale più sofisticata
e insediamenti nel territorio significativi sotto il profilo della
occupazione diretta e di quella indotta;
- i porti, da tempo al centro di un travagliato processo di
revisione normativa, attraverso i quali la navigazione si connette
alle grandi reti infrastrutturali del trasporto terrestre;
- l'articolato e sofisticato indotto terziario dei servizi finanziari,
assicurativi, legali, di intermediazione, di agenzia, che rappresenta
un tradizionale importante strumento di sviluppo delle città
marittime.
Il Rapporto -che il Direttore del Censis Giuseppe Roma si accinge
ad illustrare oggi in dettaglio- per la prima volta definisce
le dimensioni di queste attività in termini di volume di
affari e di occupazione diretta e indotta, riferiti al 1994.
Si tratta di dati davvero di estremo interesse:
- Per quanto riguarda i servizi di navigazione mercantile, la
produzione nazionale è stata valutata pari ad oltre 17.000
miliardi, con una occupazione diretta di circa 30.000 addetti
ed un indotto di oltre 50.000 unità.
- la produzione di servizi ausiliari dei trasporti, "in
primis" servizi di terminal portuale e di agenzia e brokeraggio,
si aggira in valore sui 6.500 miliardi, con un'occupazione diretta
di circa 32.000 unità ;
- per l'industria cantieristica, il valore della produzione
raggiunge e supera i 4.000 miliardi, con una occupazione diretta
di 16.500 unità.
In totale, la produzione di beni e servizi connessi alla navigazione
mercantile è pari ad oltre 25.000 miliardi di lire, con
una occupazione diretta pari a 80.000 addetti ed una indotta
di analoghe dimensioni nelle attività manifatturiere e
nei servizi a monte.
L'economia della navigazione però va oltre il trasporto
marittimo e si estende alle attività di impresa rivolte
alla navigazione peschereccia e a quella sportiva e da diporto:
anch'esse danno un contributo di larga importanza e non trascurabile
allo sviluppo del Paese.
- La pesca marittima costituisce un naturale sbocco produttivo
ed occupazionale per un paese a forte sviluppo peninsulare ed
insulare, qual'è l'Italia, ricco di insediamenti costieri
e forte consumatore e importatore di risorse ittiche, sia per
uso alimentare che industriale: la produzione nazionale della
pesca è valutata pari ad oltre 9.000 miliardi, e dà
lavoro direttamente a 36.000 addetti e ad altre 43.000 unità
nell'industria manifatturiera a valle.
La nautica da diporto rappresenta una risorsa sfruttata sinora
in modo molto limitato dall'Italia, mentre si inserisce a pieno
titolo in quella "industria del tempo libero" che costituisce
uno dei più promettenti filoni di sviluppo economico nelle
moderne società industriali, alimentato dal crescere della
quantità di risorse e di tempo mediamente destinata dai
singoli alle attività ricreative e sportive: nella sua
accezione più ampia di industria del turismo nautico, la
nautica da diporto presenta un volume d'affari di oltre 7.600
miliardi, e dà lavoro direttamente o indirettamente ad
oltre 65.000 addetti.
In totale, il prodotto lordo delle attività d'impresa marittima
è risultato per il 1994 pari ad oltre 42.000 miliardi di
lire, con una occupazione diretta di oltre 120.000 addetti ed
una indiretta di altre 190.000 unità.
Il Direttore del Censis mi scuserà, se gli ho rubato
il mestiere anticipando i risultati più sorprendenti dell'indagine
effettuata dai suoi ricercatori, ma si tratta di indicazioni così
nuove e rilevanti, che ho tenuto a fornirle di persona. Gli lascio
però l'entusiasmante incombenza di chiarire con quale "moltiplicatore"
tutto ciò si trasferisce nel resto dell'economia nazionale.
Proprio la rilevanza che l'economia marittima nazionale riveste,
ai fini dello sviluppo economico e sociale, pone in primo piano
la questione della sua ridotta competitività complessiva
nei confronti delle più dinamiche e aggressive economie
marittime degli altri paesi, in particolare europei.
Tale carenza di competitività internazionale è da
ricollegarsi solo in parte a debolezza delle strutture industriali
nazionali del settore; in parte prevalente essa dipende - come
spesso succede in settori fortemente regolamentati - dal divario
degli ordinamenti nazionali e dalla diversa struttura dei costi
che ciò comporta.
In questo senso, il sistema marittimo italiano risulta penalizzato,
in tutte le sue componenti e nel suo insieme, dall'assenza di
una politica organica di vasto respiro, sostituita da frequenti
interventi settoriali, per lo più dettati da esigenze contingenti:
come tali, insufficienti ad offrire agli operatori gli opportuni
indirizzi, in un quadro articolato di certezze giuridiche ed economiche.
Sotto questo profilo, la scelta legislativa di rinunciare ad avere
un unico e specifico punto di riferimento politico-amministrativo
per tutte le attività marittime, operata in occasione della
Legge Finanziaria 1994, forse perchè risoltasi per ora
in semplici accorpamenti di strutture burocratiche, non sembra
aver consentito la formulazione di soluzioni adeguate alla rilevanza
dei problemi in gioco.
La rilevanza del Sistema marittimo in Italia non è rappresentata
adeguatamente nelle varie sedi istituzionali, ed il risultato
di questo errato apprezzamento del ruolo economico e sociale dell'economia
del mare è una situazione di arretratezza dell'ordinamento
marittimo, che limita il pieno sfruttamento delle potenzialità
imprenditoriali e di mercato che l'Italia anche in questo settore
presenta.
Se infatti, nella perpetua, esasperata lotta determinata dalla
competizione globale, alle Imprese si richiede un costante impegno
al rinnovamento dei mezzi, dell'organizzazione, della politica
commerciale, Governo e Parlamento devono, però, offrire
un quadro di riferimento legislativo che non pregiudichi le iniziative
imprenditoriali, ma che consenta alle imprese di valorizzare appieno
le proprie risorse tecnologiche e organizzative, e di rafforzare
così il proprio ruolo sui mercati.
La costituzione della Federazione del Mare e la presentazione
di questo studio sono un importante passo, volto a rappresentare
in modo unitario, anche in sede politica, gli interessi di tutti
coloro che operano sul mare e con il mare nel nostro Paese, dando
loro una maggiore visibilità istituzionale ed una maggiore
influenza nella società italiana.
Analogamente l'Unione Europea, con l'istituzione del Forum delle
Industrie Marittime, si è proposta di innovare il quadro
istituzionale di riferimento del Sistema marittimo, al fine di
meglio comprenderne le esigenze, e di formulare per esso politiche
adeguate alla sua rilevanza per lo sviluppo dell'economia europea.
Presidente De Rita,
il Rapporto che presentiamo oggi, anche se redatto con assoluta
obiettività e neutralità, promana pur sempre da
un'iniziativa imprenditoriale.
Ma la cultura marittima deve avere orizzonti più vasti,
deve coinvolgere tutte le parti sociali e deve essere vissuta
sul territorio.
Soggetti naturali di questa cultura sono pertanto oltre che gli
Imprenditori e i Sindacati, le Regioni e le Città marittime,
i Porti.
Ed è per questo che ha un particolare significato che il
presente Convegno si svolga presso il Consiglio Nazionale dell'Economia
e del lavoro perchè è proprio in tale sede che la
ricerca odierna potrà svilupparsi.
Rimetto quindi idealmente il Rapporto della Federazione del Mare
e del Censis nelle mani del Presidente del Consiglio Nazionale
dell'Economia e del Lavoro, con l'auspicio che serva ad avviare,
qui e nel Paese, un ampio dibattito sul sistema marittimo nazionale,
il suo ruolo economico e sociale, le sue prospettive di sviluppo.
L'Italia ha bisogno di una politica forte del mare e di Istituzioni
che siano coscienti della sua centralità per l'economia
del Paese.
Per quanto ci concerne direttamente posso affermare con orgoglio
che le capacità imprenditoriali presenti nel sistema marittimo
e le risorse che le nostre imprese hanno riversato, e continuano
a riversare, nel settore sono una garanzia per il rilancio della
nostra grande marineria.