"Capitale mondiale della sicurezza marittima". Questo l'appellativo con cui il Registro Italiano Navale ha definito Genova, sede del simposio internazionale promosso dallo stesso RINA e tenutosi oggi alla Palazzina San Lorenzo nell'area del porto antico.
Al convegno, intitolato "Una sfida per il mondo marittimo: integrare la nave e l'uomo" ("Bringing ships and people together: the maritime industry's challenge!"), erano presenti autorevoli nomi delle principali organizzazioni mondiali del settore armatoriale, della sicurezza marittima e rappresentanti governativi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia.
Il tema dell'incontro, l'integrazione appunto tra gli uomini e le navi, è al centro di un acceso dibattito a livello internazionale. Sono due gli aspetti principali, illustrati al simposio, che regolano il fattore sicurezza nell'attività marittima.
Da un lato l'attenzione degli operatori è rivolta ai provvedimenti che i governi dovranno prendere nei confronti delle navi substandard, come ha ricordato Robin Bradley capo della Maritime Safety Agency, e quindi ai requisiti previsti dai regolamenti internazionali. Il riferimento d'obbligo è al 1° luglio 1998, quando la certificazione di conformità dell'International Safety Management Code (ISM Code) diventerà obbligatoria per tutte le compagnie armatoriali.
E' poi di pari importanza, alla luce dei risultati delle statistiche che indicano nell'80% la quota di incidenti marittimi a carico dell'elemento umano, riconsiderare il ruolo dell'uomo sia sulla nave che impegnato nell'organizzazione a terra. Risulta quindi indispensabile, secondo alcuni relatori, impostare e definire una nuova "cultura" del lavoro in questo settore.
E' necessario avvalersi degli studi sugli incidenti per individuare i punti deboli del sistema e per formare una nuova classe marittima più attenta al problema della sicurezza e più preparata professionalmente. Il riferimento più immediato, in questo caso, è alla certificazione per gli equipaggi, ottenuta con corsi di formazione e addestramento, dello Standard of Training, Certification and Watchkeeping (STCW), entrato in vigore lo scorso 1° febbraio e ancora disatteso dalla maggior parte delle nazioni, Italia compresa.
L'interrogativo principale resta comunque legato alla possibilità e volontà del mondo marittimo mondiale, e delle diverse realtà di cui si compone, di adeguarsi alle normative e di rispettare le scadenze imposte dai regolamenti internazionali.
Al simposio, aperto dal vice direttore generale del RINA Giuliano Pattofatto (dal 1993 presidente del Maritime Safety Committee (MSC) dell'International Maritime Organization), hanno presentato le loro relazioni il direttore della Maritime Safety Division dell'IMO Mitropoulos, il già citato Bradley, il capo della Marine Division del National Transportation Safety Board statunitense Marjorie Murtagh, il vice presidente per gli affari marittimi della Princess Cruises di Los Angeles David Brown, il direttore dell'Intercargo Bruce Farthing, l'executive officer dell'International Shipping Federation Simon Bennet, il comandante dell'ufficio operativo per l'Europa della US Coast Guard (che ha stilato una pagella dei registri internazionali) Charles Guldenschuh, il segretario generale del Liberian Shipowners Council Jeremy Smith, il responsabile delle operazioni marine del Coeclerici Group Tobia Costagliola, i responsabili di due dipartimenti del RINA, Paolo Salza e Roberto Cazzulo, e il direttore del Lloyd's List Michael Grey.
Il problema della sicurezza in mare e del ruolo svolto dagli istituti di classificazione è molto dibattuto su Internet: l'opinione degli operatori marittimi, diffusa in rete, concorda con le tesi sostenute al simposio; non mancano comunque voci dissonanti che imputano questa rinnovata attenzione per il fattore umano alla propensione di alcuni registri navali a non calcare la mano nei confronti degli armatori. |
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