ASSEMBLEA ANNUALE DELLA
CONFEDERAZIONE ITALIANA ARMATORI
Roma, 7 - 8 maggio 1997
Intervento del Presidente, Paolo Clerici
Signor Ministro, Onorevoli Parlamentari, Autorità, Colleghi,
Signori e Signore,
si legge ogni tanto sui giornali " il Signor X fece un discorso
con voce rotta dall'emozione": sarà sicuramente il
mio caso. D'altra parte ereditare lo scettro di una confederazione
così importante da presidenti come Aldo Grimaldi e, prima
di lui, come Antonio D'Amico, Voi ben comprenderete, non è
sicuramente facile.
Innanzi tutto vorrei ringraziare il dott. Grimaldi per le gentili
parole che ha detto nei miei confronti e vorrei anche ringraziarlo
per il lavoro che ha svolto, lui, la sua squadra (di cui io ho
avuto l'onore di far parte), tutto il Consiglio, il Comitato Esecutivo,
la struttura, il Direttore Generale.
Mi sembra doveroso da parte di un nuovo presidente fare alcune
considerazioni e soprattutto esporre il proprio pensiero riguardo
quelle che saranno le linee della nuova presidenza. D'altra parte
il rischio di un nuovo presidente, è di fare promesse e
poi, anche per fattori esterni, non poterle mantenere. Non ho
dunque intenzione di fare promesse se non per quanto riguarda
il massimo impegno mio e della mia squadra - che abbiamo costituito
ieri con alcuni rinnovi e alcune conferme- per il raggiungimento
degli obiettivi che ci proponiamo di conseguire durante il nostro
mandato. Credo sia un'ottima squadra, a cui auguro buon lavoro.
Operiamo in un contesto in cui
la globalizzazione dei mercati a livello mondiale è ormai
una realtà non certo reversibile;
le aggregazioni in tutti i settori, compreso quello marittimo,
sono all'ordine del giorno
la conseguenza che questo comporta è una maggiore competizione,
da cui deriva la necessità di maggiore competitività
e maggiore massa critica .
L'EUROPA
Personalmente sono un convinto europeista e non da oggi; non credo,
anzi sono sicuro di non essere un fanatico europeista.
Cosa voglio dire? Io non credo che si debba entrare nell'Unione
Monetaria Europea a tutti i costi. Dico anche che se la maggioranza,
e ripeto la maggioranza, dei paesi che parteciperanno all'Unione
Monetaria decideranno di rimandarla, per breve tempo, l'Italia
non potrà fare altro che seguirli.
Credo anche però che non possiamo neanche lontanamente
pensare di essere noi, l'Italia, a condizionare ne' i contenuti
ne' le date di questa Unione Monetaria.
D'altra parte, io credo che dobbiamo vedere la Moneta Unica non
solo come una necessità, ma anche e soprattutto come una
grande e irrinunciabile opportunità per il nostro Paese.
Mi auguro dunque che non solo l'Unione Monetaria si faccia, ma
che questo avvenga nei tempi e nei modi stabiliti negli accordi
di Maastricht e naturalmente l'Italia ne faccia parte sinb dall'inizio.
L'ITALIA
Il nostro Paese, più degli altri paesi europei, è
in fase di transizione politica, economica e sociale.
Agli inizi di questo secolo è cominciata la trasformazione
di un'economia prevalentemente agricola verso una prima industrializzazione,
che si è ulteriormente rafforzata fra le due guerre poi
si è consolidata, soprattutto per quanto riguarda le piccolo-medie
imprese, dopo il 1945.
Credo però che alla soglie dell'anno 2000 sia in atto
la terza trasformazione importante del nostro Paese. Quindi dobbiamo
affrontarla per tempo e con tutti gli strumenti necessari.
Le nostre aziende hanno importanti potenzialità e lo hanno
ampiamente dimostrato, ma sono frenate da parecchi handicap:
un costo del denaro superiore alle altre aziende europee;
un'imposizione fiscale assolutamente non compatibile con i conti
delle nostre imprese;
una presenza dello Stato nell'economia assolutamente spropositata
rispetto alle reali necessità;
un "welfare-state" non più sostenibile, almeno
così com'è strutturato oggi.
Tutto questo deve essere considerato nel contesto di un nuovo
fenomeno, che ritengo molto importante, e che si sta verificando
in tutto il mondo: la politica ha assunto, ha dovuto assumere
gli stessi tempi dell'economia.
Se questo è vero per la maggior parte dei paesi industrializzati,
ahimè, non è ancora vero per l'Italia.
Vi sono alcuni timidi segnali che questo possa cambiare, ma quello
che personalmente più mi preoccupa, sono i tempi di reazione
che vedo estremamente lenti e, in alcuni casi, quasi inesistenti.
Ed ora veniamo al nostro settore: l'industria armatoriale
Ribadisco: "industria armatoriale", perché siamo
e vogliamo essereindustriali.
Quando si parla di trasporti e infrastrutture si legge di aerei
e aeroporti, di treni e talvolta di stazioni ferroviarie, ma assai
raramente di porti e quasi mai di navi se non, ogni tanto, di
traghetti, naturalmente solo in caso di scioperi , generalmente,
nel periodo di luglio e agosto e ovviamente solo di quelli con
destinazione Sardegna, Sicilia o Elba.
Questa visione dell'industria marittima da parte dei mass-media,
e purtroppo non solo da parte loro, è a dir poco riduttiva,
per non dire alquanto deprimente per coloro che investono, operano
e vivono per il mare o sul mare.
Non mi riferisco solamente agli armatori, bensì a tutte
le altre categorie produttive del sistema marittimo ed a coloro
che in questo comparto esercitano la loro attività: maestranze
dei cantieri, naviganti, lavoratori del terziario, dei porti,
ecc.
Dobbiamo chiederci perché ci sia questa, a dir poco, limitata
visione del nostro settore.
Io credo che questa sia la conseguenza dello scarso interesse
da parte del Paese e delle istituzioni verso la marineria.
Ma probabilmente, e me lo auguro, lo scarso interesse deriva dalla
scarsa conoscenza. E qui noi armatori non possiamo non ammettere
di avere una grande parte di responsabilità.
Siamo stati più di altri rinchiusi nei nostri uffici, pensando
solo al nostro lavoro e non reputando necessario pubblicizzarlo.
Ma dobbiamo renderci conto che, alle soglie del 2000, la conoscenza
anche da parte del grande pubblico è diventata indispensabile
per qualsiasi attività.
Siamo in democrazia, e la democrazia richiede ampi consensi.
Come possiamo avere ampi consensi se la stragrande maggioranza
del nostro Paese non conosce le nostre attività?
E poi, come facciamo a chiedere alle istituzioni decisioni rapide
ed efficaci se queste non hanno bene in mente i nostri problemi?
Dobbiamo, e vogliamo, rimediare a questa mancanza di informazioni
da cui deriva la non conoscenza del nostro settore.
Siamo e vogliamo essere credibili. Per essere credibili dobbiamo
essere visibili, e per essere visibili dobbiamo essere trasparenti.
Noi siamo pronti a seguire questa nuova rotta e a dare maggiori
informazioni sulla nostra attività.
D'altronde nel recente passato qualche importante passo in avanti
l'abbiamo già fatto, per esempio, la costituzione e l'avvio
dell'attività della Federazione del Mare.
Confitarma la volle fermamente alcuni anni fa.
E' la prima volta in Italia che le varie componenti imprenditoriali
del sistema marittimo hanno costituito un organo permanente per
iniziative di interesse generale. Questo strumento dovrà
essere ulteriormente rafforzato perché, tra l'altro, comuni
sono i soggetti istituzionali che si rapportano alle diverse Associazioni
di categoria del sistema marittimo.
La Federazione, sin dalla sua costituzione, ha operato attivamente
attraverso i suoi associati:
i Cantieri italiani hanno ulteriormente impresso alle loro produzioni
elevati standard di qualità particolarmente accentuati
e riconosciuti nel settore delle navi passeggeri;
i Terminal Operators, sino a pochi anni fa confinati in porti
non di primaria importanza, con la riforma portuale, ancorché
imperfetta, hanno potuto cominciare ad assumere nuove importanti
iniziative;
i Costruttori di navi da diporto hanno contrastato la ghettizzazione
che li vorrebbe ridurre ad un'attività elitaria, anziché
ad una popolare e formativa attività del tempo libero e
come tale meritoria di attento interesse e fonte di importanti
introiti da parte dello Stato;
l'Armamento italiano, pur operando in condizioni di assoluta inferiorità
rispetto alla concorrenza, ha effettuato elevati investimenti
che hanno consentito ai cantieri stessi, agli operatori portuali,
al terziario specializzato (agenti marittimi, brokers, assicuratori,
ecc.) di conservare una qualificata clientela nazionale ed internazionale.
Tutte questa categorie, alle quali va aggiunto il rilevante settore
ittico, hanno preso maggiore coscienza della propria importanza,
della propria dignità di forza produttiva, delle interconnessioni
esistenti fra tutte le attività marittime.
Questa unione dello Shipping è però solamente in
parte riflessa sul mondo della rappresentanza delle parti sociali.
Con Confindustria esiste una collaborazione nei Comitati Tecnici,
in seno alla Commissiona Economia Marittima e nel Comitato Utenti.
Le tesi armatoriali sui trasporti marittimi sono state inoltre
integralmente recepite nel recente documento confindustriale sul
rinnovamento del sistema dei trasporti italiani.
Manca ancora, ma speriamo per poco, una rappresentanza del mondo
marittimo negli Organi direttivi. (Questa frase l'avevo messa
prima di aver avuto modo di parlare oggi con il Presidente Fossa,
che mi ha personalmente confermato che questa confederazione entrerà
in Giunta entro il mese di maggio, per cui il mondo marittimo
avrà una sua rappresentanza in Confindustria.)
Ma il problema della cultura marittima va portato avanti anche
sul piano europeo.
La Commissione Trasporti della Comunità ha messo a punto
il documento programmatico noto come Rapporto Kinnock sul trasporto
marittimo. La stessa Commissione sta per approvare e diramare
le linee definitive sulle misure per i trasporti marittimi. Questi
documenti consentiranno anche alla politica marittima italiana
di avere riscontri certi in Europa e di poter impostare progetti
a medio/lungo termine, anziché adottare interventi troppo
condizionati dalla specificità delle situazioni nazionali
contingenti.
Ed è proprio nei documenti comunitari che troviamo chiari
riferimenti alla "estrema mobilità" ed alla assoluta
globalità dell'industria armatoriale, specie di quella
che svolge traffici internazionali ed alla necessità quindi
di particolari politiche da parte degli Stati dell'Unione che
evitino, non solamente la delocalizzazione delle imprese e delle
flotte europee, ma soprattutto la perdita del know how
marittimo, che non significa solamente la perdita dello "ship-management",
ma di tutto quel terziario altamente specializzato al quale ho
fatto cenno parlando della Federazione del Mare.
Il mare per noi armatori significa non solamente comprendere nei
suoi termini storici, politici, sociali ed economici che cosa
rappresenti per l'economia di un Paese come il nostro avere una
fiorente attività marittima, ma significa confrontarsi
quotidianamente con le soluzioni adottate dai concorrenti nel
mercato globale e cioè ricercare nel mondo dove finanziarsi,
dove costruire, dove localizzare l'impresa, dove la nave, dove
la gestione, dove gli equipaggi, in quale branca di trasporto
proiettare gli investimenti.
Fondamentali per queste scelte sono pertanto le normative trasparenti
nei contenuti e certe nel tempo che in Italia dovranno essere
adottate per gli investimenti e per la gestione navale.
COSTRUZIONI NAVALI
Il disegno di legge sulle costruzioni navali, già approvato
dal Senato, segue un corso chiaramente indicato dalle direttive
comunitarie e condiviso da tutte le parti politiche per cui ritengo
ed auspico che anche la Camera possa rapidamente deliberarlo dando
le necessarie certezze agli investitori ed ai cantieri.
Diverso è il discorso per il 1998 perché in mancanza
di accordi in sede OCSE l'Unione Europea dovrà rifondare
una nuova politica sulle costruzioni navali le cui direttrici
saranno dibattute nel secondo semestre di quest'anno.
TRAFFICI INTERNAZIONALI
Aldo Grimaldi ha già riconosciuto al Ministro Burlando
ed alle Organizzazioni Sindacali (che come noi hanno sottoscritto
il Protocollo d'intesa del 5 novembre 1996 ) il merito di aver
assunto ed avallato questa iniziativa.
A questo riguardo devo dire la mia emozione, perché il
Ministro Burlando mi ha dato, il fascicolo n.3667 della Camera
dei Deputati, in cui c'è il nostro disegno di legge.
Grazie, Ministro Burlando! Mi associo volentieri a questo riconoscimento
che spero di poter estendere a tutte le parti politiche in occasione
dell'iter alla Camera dei Deputati ed al Senato.
Mi preme però fare una precisazione importante sul progetto
del Registro Internazionale: l'armamento non ha chiesto aiuti
compensativi, bensì la possibilità di operare alle
stesse condizioni, quantomeno, della concorrenza europea.
Ritengo infatti, che ogni tipo di assistenzialismo non risolve
sul lungo periodo il problema degli stessi assistiti. Solamente
l'introduzione di un mercato liberalizzato consente alle imprese
di sviluppare politiche di largo respiro e di dare la sola efficace
risposta al rinnovamento e all'ampliamento della forza lavoro
e dei livelli occupazionali.
Il Sindacato ha, come suo dovere, prospettato le preoccupazioni
occupazionali che sono state da noi riconosciute.
Per salvare l'occupazione ci sono stati proposti determinati abbattimenti
fiscali ed oneri sociali. Deve essere chiaro che queste misure
sono essenzialmente finalizzate a salvaguardare l'occupazione
dei marittimi italiani.
Per questo noi consideriamo il disegno di legge sul Registro internazionale
come l'unico compromesso realistico possibile in questo particolare
momento, ma sarà nostra cura prospettare alle Istituzioni
ed al Sindacato soluzioni diverse, qualora il monitoraggio che
verrà effettuato dall'Osservatorio del mercato del lavoro
marittimo ne dimostri la possibilità e/o la necessità.
L'armamento non vuole venire meno alla corretta filosofia imprenditoriale
basata sulla concorrenza, che costituisce la linea portante della
nostro politica.
In relazione all'occupazione del personale marittimo italiano,
è necessario adottare provvedimenti che prendano origine
da un'analisi rigorosa dei problemi che affliggono il settore,
anche se tale analisi potrà risultare impopolare.
Vorrei fare una proposta al Sindacato: di avere un tavolo comune;
poichè abbiamo già rilevato una veramente rinnovata
attenzione e voglia di approfondire i problemi con la nostra Confederazione,
propongo di continuare questo tavolo, per un ulteriore approfondimento
non solo sulla situazione di oggi, ma anche su quella di domani.
La preoccupazione della Confederazione infatti è di non
trovare uno sbocco, soprattutto in futuro, a tutta quella forza
lavoro a cui invece vorremmo trovare sbocco.
Io credo che il primo dovere di un imprenditore sia fare profitti
per la propria azienda, ma credo anche che il suo secondo dovere
sia di dare occupazione. Per cui chiediamo a tutte le istituzioni
interessate di darci gli strumenti per poter dare questa occupazione.
Credo che in Italia abbiamo del personale marittimo eccezionale;
dobbiamo anche renderci conto però che, come dimostrano
alcuni studi internazionali, già oggi, ma soprattutto in
futuro, avremo carenza di mano d'opera specializzata, come d'altronde
in tutti i settori, ed un esubero di mano d'opera meno specializzata.
Vediamo tutti insieme di fare uno sforzo per qualificare ed adeguare
i nostri marittimi al massimo delle qualifiche, perché
solo così, secondo me, potremo non solo dare lavoro a tutte
le persone che ce lo chiedono, ma anche, in alcuni casi, esportare
lavoro su altre navi non necessariamente italiane.
Sul Secondo registro vorrei fare ancora due considerazioni.
La prima è che la riforma della navigazione internazionale
è precondizione dello sviluppo dell'intero sistema marittimo,
che in massima parte ruota attorno alla flotta mercantile.
La seconda è che il conseguimento di profitti da parte
delle nostre aziende condiziona la possibilità di rafforzare
la struttura finanziaria delle imprese armatoriali, se vogliamo
attirare capitali di rischio e favorire lo sviluppo del settore.
La dimensione familiare di molte delle nostre imprese armatoriali
rappresenta un limite oggettivo alla possibilità di sviluppo,
dato l'elevato impegno finanziario richiesto per gli investimenti
navali. Non mancano invece in Europa esempi di legislazioni che
addirittura incentivano il risparmiatore privato ad investire
nel settore armatoriale, proprio per agevolare il reperimento
di capitali al di fuori del normale circuito creditizio e credo
che anche questa normativa dovrà essere oggetto di approfondimenti.
Al riguardo mi impegno in breve tempo a formulare proposte concrete.
CABOTAGGIO
Innanzitutto, vorrei chiarire che, quando questa Confederazione
parla di cabotaggio, si riferisce al suo insieme e non solo ai
traghetti, che ne rappresentano certamente una parte importantissima,
ma non sono l'unica parte. Ci sono altre navi che trasportano
prodotti petroliferi, gassosi e chimici, merci varie e container:
tutte fanno parte del cabotaggio, che quindi deve essere considerato
un tutt'uno.
Vorrei ricordare alcuni fatti già citati dal dott.Grimaldi.
E' prevista dall'Unione Europea la liberalizzazione totale per
il 1999.
La Grecia ha avuto a suo tempo una deroga sino al 2003.
Esiste, in alcuni settori, una sovrapposizione fra armamento pubblico
e armamento privato.
Occorre, pertanto, individuare gli obiettivi per fronteggiare
questa situazione.
Un primo obiettivo deve essere che, se determinati Paesi europei
vietano il cabotaggio nei loro porti per pregresse deroghe europee,
essi non possono, per il principio di reciprocità, entrare
nei nostri mercati finché noi non possiamo entrare nei
loro. Mi sembra ovvio.
Un secondo obiettivo riguarda il trattamento degli equipaggi,
che non può e non deve costituire un elemento di alterazione
della concorrenza, ma deve rispettare le norme introdotte dallo
stesso trattato che ha imposto la liberalizzazione. E' evidente,
infatti, che il costo eccessivo della gestione armatoriale, derivante
dal nostro sistema fiscale e parafiscale, costituirà un
problema al momento in cui la piena apertura della riserva di
cabotaggio nazionale alle flotte di tutti gli stati dell'Unione
Europea avvicinerà anche questo particolare mercato, sinora
protetto, alle condizioni del mercato internazionale. Occorrerà
pertanto che l'Italia sia pronta ad avvalersi appieno e con la
necessaria determinazione delle misure di salvaguardia che le
stesse norme europee prevedono, subordinando lo svolgimento del
cabotaggio alla condizione di assoggettarsi alla normativa dello
Stato ospitante, e quindi ai relativi vincoli. Credo che su queste
politiche si può creare un collegamento stretto fra Confitarma,
Finmare e Fedarlinea, favorito anche dalla recente adesione di
quest'ultima alla Federazione del Mare.
Un terzo obiettivo consiste nel chiarire in modo trasparente e
definitivo il sistema di sovvenzioni al pubblico, così
da verificare da una parte la tesi di chi sostiene che su talune
rotte le sovvenzioni costituiscano una forma di illecita concorrenza
all'armamento privato e, dall'altra parte, le tesi di coloro che
sostengono invece che l'armamento pubblico utilizzi le sovvenzioni
solamente su quelle rotte o in quei periodi dell'anno che renderebbero
per chiunque impossibile il pareggio del bilancio.
Sono sicuro che il management della Finmare comprenderà
perfettamente questa necessità, senza trincerarsi dietro
la politica delle Convenzioni, che saranno comunque poste in discussione
dalla prossima liberalizzazione.
Chiediamo al Ministro Burlando, che sta avviando a soluzione il
problema dei traffici internazionali, di aiutarci a risolvere
anche e per tempo il problema del cabotaggio.
PRIVATIZZAZIONI
Non ho fino a questo momento parlato di privatizzazioni.
Esistono a questo riguardo gli impegni assunti dal Governo italiano
con il Commissario per la concorrenza Van Miert, per lo specifico
settore marittimo, e vorrei intanto vedere questo processo realizzato
in tempi brevi, almeno per le società che effettuano traffici
internazionali (parlo dell'Italia e del Lloyd Triestino), anche
perché mi risulta che importanti istituzioni finanziarie
che hanno ricevuto specifici mandati da primari gruppi nazionali
ed internazionali, molto interessati a trovare accordi con queste
società, comincino a nutrire forti dubbi sulla reale volontà
di privatizzare.
Signori, rendiamoci conto che il mondo non aspetta noi !
Questi grossi gruppi internazionali e nazionali possono trovare
altre alternative: da più di un anno si parla di queste
due aziende e credo sia nostro dovere, se non un diritto, chiedere
al Governo (non possiamo chiederlo alla Finmare, perché
anche la Finmare aspetta dei lumi, per quanto mi risulta, dal
Governo) di dare una risposta definitiva per capire se almeno
queste due aziende si vogliono o non si vogliono privatizzare.
CONCLUSIONI
Quali sono dunque i nostri obbiettivi principali?
Il primo, che la Camera dei Deputati approvi il disegno di legge
sulla cantieristica già votato dal Senato.
Un secondo, che le due Camere approvino al più presto il
disegno di legge sul Registro Internazionale.
Un terzo, che nel disegno di legge sull'autotrasporto venga modificata
la norma che intende incentivare il trasporto via mare, studiando
formule più idonee al raggiungimento del fine che ci si
propone.
Un quarto, che si crei un tavolo sul cabotaggio per favorire un
dialogo costruttivo fra le parti interessate, per prepararsi al
processo di liberalizzazione e per avere regole comuni a pubblico
e privato, anche nell'ottica di una futura privatizzazione.
Un quinto, che venga portata a termine la riforma dei porti, riformulando,
senza dannose guerre di religione, la normativa palesemente in
contrasto con le norme comunitarie e dell'Antitrust.
Un sesto, che si continui a portare avanti il processo di rinnovamento
della formazione della gente di mare e del suo continuo aggiornamento
e specializzazione.
Un settimo, che si dia luogo all'attesa riforma del Ministero
dei Trasporti, dando alle attività marittime la dignità
e la funzionalità che le competono. Il problema non è
di persone bensì di organizzazione ed è per questo
che chiediamo che sia questo stesso vertice a creare una struttura
specifica e specializzata per il nostro settore.
Vorrei concludere questo intervento citando una frase del genovese
Giorgio Doria, che un consigliere mi ha mandato qualche settimana
fa, tratta da un libro intitolato "La marineria genovese"
e che trovo inquadri in maniera molto puntuale, il lavoro dell'armatore.
Dice Giorgio Doria:
"Chi lavora o crea il suo business sul mare opera in un contesto
ostile e pericoloso e non solo a causa delle tempeste. Per affermarsi
ed ottenere successo sono necessarie grandi doti : notevole coraggio,
spirito di iniziativa, amore per l'avventura, collaudata professionalità,
conoscenza profonda della tecnologia e decisa capacità
di creare l'innovazione.
Se è difficile ottenere questo mix, è ancora più
arduo conservarlo nel tempo.
Basta un piccolo cedimento per essere rapidamente emarginati,
perché non c'è forse ambiente nel quale da sempre
la competizione sia stata così diffusa, vivace ed imprevedibile.
E' una sfida all'intelligenza umana che i discendenti degli antichi
navigatori sapranno raccogliere solo se avranno la grinta dei
loro avi."
Noi non abbiamo la presunzione di essere particolarmente intelligenti,
ma la presunzione di avere grinta, quella sì, l'abbiamo.
Noi ci impegneremo dunque a fondo per raggiungere gli obiettivi
che ci siamo prefissati e abbiamo oggi annunciato.
Ma siamo coscienti che non possiamo farlo da soli, abbiamo bisogno
che tutto il Paese, il Parlamento, il Governo, i Sindacati, le
Istituzioni finanziarie, i mss-media comprendano,e soprattutto
condividano,l'importanza del nostro settore per l'economia di
questo Paese.
Allora e solo allora, con il contributo ( noncon i contributi
) del Paese e delle sue Istituzioni e la volontà di noi
Industriali del mare, potremo avere una marineria all'altezza
delle nostre potenzialità e, soprattutto, delle reali necessità
dell'Italia.
Grazie.