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INDUSTRY

La guerra dei prezzi dei contenitori

I prezzi dei contenitori di nuova costruzione sono ora calati al loro livello più basso di tutto l'ultimo decennio ed oltre. Il declino è stato brusco, dal momento che i prezzi medi chiavi in mano di una unità per carichi secchi sono diminuiti del 25% circa rispetto a due anni fa, quando avevano fatto registrare il proprio valore massimo. I prezzi dei contenitori nuovi si sono mantenuti su questo livello più alto nel corso del primo trimestre del 1995, quando la produzione dei 20 piedi attirava un prezzo chiavi in mano di 2.300-2.400 dollari USA presso i produttori meno cari, vale a dire quelli cinesi ed indonesiani. Altrove, quelli correnti si attestavano a 2.500-2.700 dollari, secondo le località.

Nel giro di un anno, alla metà del 1996, le imprese più competitive vendevano a circa 2.050 dollari (per un 20 piedi chiavi in mano). Nessun produttore in qualsiasi punto del mondo era in grado di imporre un prezzo superiore a 2.400 dollari. Un anno dopo ancora, alla metà del 1997, i prezzi più bassi per un 20 piedi fatti registrare in Cina sono ruzzolati ancora più in basso, fino a circa 1.750-1.800 dollari.


TABELLA 1
PREZZI DEI CONTENITORI STANDARD PER CARICHI SECCHI
SUDDIVISI PER REGIONI PRODUTTIVE SELEZIONATE
NEL PERIODO 1995-97 (IN DOLLARI USA)
Metà '95
Metà '96
Fine '96
Metà '97
Fine '97
Cina
20 piedi
2.350
2.050
1.750
1.800
1.900
40 piedi
3.750
3.300
2.800
2.900
3.050
Indonesia
20 piedi
2.300
2.050
2.000
2.000
2.050
40 piedi
3.700
3.300
3.200
3.200
3.300
Tailandia
20 piedi
2.550
2.350
2.250
2.200
2.250
40 piedi
4.100
3.750
3.600
3.550
3.600
Taiwan
20 piedi
2.700
2.450
2.300
2.300
2.300
40 piedi
4.300
3.900
3.700
3.700
3.700
India
20 piedi
2.450
2.250
2.150
2.150
2.200
40 piedi
3.900
3.600
3.450
3.450
3.550
Nota: I prezzi dei 40 piedi riguardano gli standard alti 8 piedi e 6 pollici. I corrispondenti prezzi delle unità ad alta cubatura da 40 piedi alti 9 piedi e 6 pollici sono più elevati del 5% circa. Tutti i prezzi si riferiscono a consegne chiavi in mano con specifiche parzialmente Corten.
Fonte: "Analisi di mercato degli equipaggiamenti" di Containerisation International.


I prezzi delle fabbriche situate altrove nel mondo spaziano tra i 2.000 ed i 2.250 dollari. Un quadro completo delle linee di tendenza prevalenti in ordine ai prezzi dei contenitori standard, suddiviso per Paesi di produzione ed a livello mondiale, è riportato nelle Tabelle 1 e 2.

Come si poteva prevedere, questo persistente movimento verso il basso ha preso piede nelle fabbriche di tutto il mondo.


TABELLA 2
PREZZI MEDI IN DOLLARI USA SU SCALA MONDIALE DEI CONTENITORI DI TIPO STANDARD 20 PIEDI, 40 PIEDI E 40 PIEDI H.C., NONCHÉ DELLE
UNITA' FRIGO INTEGRALI, FORNITI CHIAVI IN MANO,
IN RELAZIONE AGLI ANNI 1994-97
Metà 1994
Metà 1995
Metà 1996
Metà 1997
Carichi secchi
20 piedi
2.300
2.400
2.100
1.900
40 piedi
3.700
3.850
3.350
3.050
40 piedi H.C.
3.900
4.050
3.550
3.200
Frigo integrali
20 piedi
20.000
21.000
20.500
18.000
40 piedi
24.500
27.000
26.000
22.500
40 piedi H.C.
25.500
28.000
27.000
23.500
Nota: i prezzi dei frigo integrali si riferiscono ad unità con rivestimento in alluminio, chiavi in mano in Asia, motore compreso. Il prezzo corrispondente delle unità rivestite d'acciaio inossidabile è più alto del 2-3%.
Fonte: "Analisi di mercato degli equipaggiamenti" di Containerisation International.


La maggior parte dei Paesi al di fuori della Cina ha fatto registrare un brusco calo della produzione di unità per carichi secchi. Sono state accertate chiusure di impianti nel 1996 a Taiwan, in Tailandia, Malaysia, Indonesia, India, Sudafrica e si prevede che la produzione dei box standard nell'Europa sia orientale che occidentale finisca per cessare al più tardi nel 1997 o 1998, unitamente a quella della Corea del Sud, allorquando la Jindo (unica fabbrica rimasta in attività per il tipo di contenitori citato) avrà liquidato le proprie operazioni nazionali di unità per carichi secchi.

Al momento sopravvivono appena due fabbriche di unità per carichi secchi a Taiwan, una in Tailandia, due in Malaysia, tre in Indonesia e cinque in India. Il Sudafrica ora afferma di averne solo una, mentre quelle europee si contano sulle dita di una mano. Tutte le fabbriche dismesse citano la produzione cinese a prezzi ultra-bassi quale ragione principale della propria chiusura. Nessuna di loro era più in grado di costruire con profitto, anche tenendo conto del costo di riposizionamento dalla Cina nel proprio mercato locale.

La notevole diminuzione dei risultati produttivi dei box standard in tutte le località che non fossero la Cina, peraltro, di per se stessa non ha provocato effetti significativi sui prezzi. Il concentramento nella Cina meridionale, centrale e settentrionale delle infrastrutture dedicate alla produzione di contenitori per carichi secchi è così grande, che il resto del mondo nel complesso ha poca importanza, fatta eccezione per le forniture destinate a determinati marcati localizzati. Regioni prima importanti, quali Corea, Taiwan, sud-est asiatico, India ed Europa, hanno da tempo perso la propria capacità di influenzare le linee di tendenza globali per quanto riguarda i prezzi.

Le fabbriche cinesi, al contrario, da qualche tempo sono libere di regolare i prezzi in tutto il mondo. Il numero complessivo di fabbriche cinesi che producono contenitori per carichi secchi, a dispetto di qualche chiusura sporadica, ammonta ancora a 25 ed oltre, il che rappresenta più del resto del mondo messo insieme. Gli impianti cinesi attualmente fanno fronte a più del 65% della domanda mondiale di equipaggiamento per carichi secchi, il che equivale a 700.000 TEU consegnati nel 1996, e non hanno mai dovuto sperimentare un vero e proprio calo del livello complessivo della propria produzione nel corso degli ultimi due anni. Tuttavia i cinesi, anche se hanno avuto successo (per caso o secondo un preciso progetto) nel fissare i prezzi in gran parte del resto del mondo in ordine al mercato dei contenitori standard, hanno conseguito tutto ciò a costo di enormi sforzi.

Dire che le fabbriche cinesi sono nei guai, in conseguenza della politica di riduzione continua dei prezzi perseguita dalla maggior parte di loro, è poco. Anche se possono giovarsi dei vantaggiosi livelli di costo del lavoro e delle fabbriche, nonché della continua diminuzione dei prezzi delle materie prime (che anch'essi avevano raggiunto il culmine alla metà del 1995), si ammette che nessuno sia in grado di realizzare un vero e proprio profitto rispetto ad un prezzo chiavi in mano per un 20 piedi pari a 1.800-1.900 dollari o meno. Il costo medio dell'acciaio e delle altre componenti viene stimato a 1.600 dollari per un 20 piedi, e la Cina non gode di alcun vantaggio nel procurarsi tale materiale rispetto alle altre zone di produzione.

Un'occhiata alla Tabella 1 conferma che i prezzi medi cinesi sono caduti sotto la soglia del "non profitto" (1.800 dollari USA per un 20 piedi chiavi in mano) alla fine del 1996 e sono rimasti a questo livello nella prima metà di quest'anno. Altrove nel mondo, anche se i produttori tendenzialmente hanno fatto registrare una minore erosione dei prezzi negli ultimi mesi rispetto alle proprie controparti cinesi, il loro apparente successo deve tener conto, peraltro, di un punto medio di pareggio più alto. L'attuale prezzo chiavi in mano taiwanese relativo ad una unità da 20 piedi, pari a 2.300 dollari, copre solo a mala pena il costo totale di produzione.

La situazione è alquanto peggiore in India ed in Tailandia, dove i costi complessivi dei materiali e di produzione già superano i prezzi medi quotati (2.150-2.200 dollari). Si sa poi che molte fabbriche indonesiane, allo stesso modo, stanno lavorando al di sotto dei costi e la loro posizione è resa peggiore dalla necessità di applicare alcuni dei sovrapprezzi derivanti dalla ricollocazione dell'equipaggiamento. Molte fabbriche site fuori dalla Cina non possono fare altro che applicare prezzi comunque più alti, a causa dei relativamente grandi costi di riposizionamento della meno cara produzione cinese. Per una movimentazione a senso unico di un 20 piedi da Hong Kong a Kaohsiung o Bangkok, ad esempio, vengono chiesti più di 400 dollari.

La situazione in Cina è lungi dall'essere chiara. Sebbene pochissime fabbriche di contenitori realizzino profitti, alcune sono meglio attrezzate per sopravvivere a lungo termine. Gli impianti situati nella Cina settentrionale (Qingdao, Tianjin e Dalian) sono in grado di richiedere prezzi leggermente più alti rispetto ai propri rivali delle province meridionali e centrali (principalmente Shanghai e Guangzhou). Una società che opera in diverse località del nord ha fatto sapere che il profitto attuale rispetto alla produzione di un 20 piedi è di circa 50 dollari (equivalenti al 3%) più alto di quello degli impianti più meridionali.

Le ragioni di questa migliore situazione dei prezzi è dovuta alla presenza di un minore eccesso di capacità nelle fabbriche situate nelle località settentrionali. Queste ultime fanno segnare un ulteriore vantaggio rispetto alle loro controparti meridionali, dal momento che il costo del lavoro giornaliero è ancora generalmente più basso rispetto a quello delle zone centrali e meridionali.

Le caratteristiche dei proprietari delle fabbriche, per ammissione generale, hanno un'influenza maggiore - a ben vedere - sul livello dei prezzi stabilito. Gli impianti di nazionalità cinese, come quelli gestiti dal gruppo CIMC, sono naturalmente favoriti dai principali acquirenti cinesi di contenitori, alla cui testa si segnala l'agglomerato Cosco/Florens. Il fatto che la Cosco detenga una partecipazione azionaria nella CIMC non fa altro che rafforzare le relazioni tra queste due parti; anche un certo numero di altre fabbriche di containers più piccole in Cina viene favorito nello stesso modo. Si sa con certezza che gli acquirenti cinesi, come la Cosco, pagheranno un prezzo superiore alla media per la produzione ricavata attraverso le proprie fabbriche, il che procura a questi impianti l'opportunità di fare sconti sugli ordinativi di terzi.

La maggior parte degli altri produttori di containers in Cina, tra cui vi sono i principali raggruppamenti di fabbriche controllate da capitale straniero sudcoreano, taiwanese ed europeo, non beneficiano delle medesime agevolazioni. Queste ultime società possono fare affidamento unicamente sull'alta produttività e sulle economie di scala conseguibili mediante la gestione di grandi fabbriche sparse in molteplici località quale strumento per abbassare i costi unitari e - di conseguenza - ridurre i propri prezzi di vendita. In realtà, gli serviranno tasche molto profonde per sopravvivere alla lunga. Alcuni dei gruppi multinazionali più grandi hanno già dichiarato di ritenere che le proprie controparti di proprietà cinese abbiano approntato un "programma segreto" rispetto ai prezzi, allo scopo di far fuori la concorrenza straniera.

L'ultimo e forsennato episodio di taglio dei prezzi ha raggiunto il proprio apice all'inizio del 1997, allorquando alcune fabbriche cinesi offrivano la produzione chiavi in mano di unità da 20 piedi al di sotto dei 1.700 dollari. Come si prevedeva, malgrado tali prezzi siano stati descritti come "quasi da suicidio" da molti concorrenti, non si è verificata alcuna carenza di clienti desiderosi di piazzare considerevoli ordinazioni. Numerose linee di navigazione avevano già potuto usufruire di consegne a prezzi ultra-bassi del 1996 e quest'anno pregustavano la stessa opportunità.

Certi vettori stavano già portando avanti i propri programmi di dismissione dei vecchi contenitori e stavano preparandosi ad acquistare nuovi contenitori al solo scopo di tenerli di scorta, fermi nei piazzali delle fabbriche o presso i propri depositi, sino a quando non ve ne fosse bisogno. Persino alcune società di noleggio stavano pensando di tornare sul mercato degli acquisti (malgrado le sconfortanti tariffe di noleggio), unitamente ad un certo numero di nuovi arrivati che sono stati costituiti principalmente allo scopo di approfittare dei bassi prezzi degli equipaggiamenti.

A questo punto, tuttavia, il governo cinese ha deciso di intervenire. I dirigenti statali non erano contenti della situazione, ma per un po' di tempo si sono guardati dall'introdurre controlli statali di natura draconiana. Inizialmente hanno preso in considerazione l'ipotesi di stabilire una quota massima sulla produzione, ma alla fine hanno optato per la fissazione di un prezzo minimo chiavi in mano per tutti i tipi di contenitori costruiti in Cina. Questa strategia ha fatto seguito alla originaria introduzione dei livelli minimi di prezzo per tutta una serie di beni di consumo di produzione cinese, destinati all'esportazione, applicati con successo dalle Dogane cinesi.

I controlli afferenti i prezzi dei containers sono stati annunciati dal governo cinese alla fine di marzo di quest'anno. I prezzi dei contenitori standard da 20 piedi sono stati fissati nella fascia oscillante tra i 1.850 ed i 1.950 dollari USA; il prezzo chiavi in mano più basso corrisponde alle specifiche più economiche relative all'acciaio dolce. Quello più alto, da 1.950 dollari, riguarda una costruzione del tipo tutto Corten, mentre il prezzo intermedio pari a 1.900 dollari si riferisce al comune tipo costruito parzialmente con il Corten. I corrispondenti prezzi delle unità da 40 piedi e da 40 piedi ad alta cubatura debbono essere moltiplicati, rispettivamente, per un fattore pari ad 1,6 ed 1,7 rispetto al 20 piedi. Sono stati fissati anche i prezzi minimi per gli open-tops, i flatracks ed i frigo.

Questi controlli, supportati dalla prospettiva della perdita dell'autorizzazione ad esportare per coloro che violeranno le regole, sono chiaramente destinati a stabilizzare i prezzi medi chiavi in mano dei contenitori attraverso la Cina e potrebbero altresì comportare un qual certo conforto per i produttori di tutte le altre zone. I prezzi fissi così previsti sono superiori del 5-10% almeno rispetto a quelli quotati ordinariamente dalle ditte cinesi negli ultimi mesi. Tuttavia, a causa delle pressioni effettuate a livello di corridoio da un certo numero di fabbriche di proprietà cinese, essi non sono entrati in vigore con effetto immediato, non appena emanato il decreto, bensì almeno un mese dopo, vale a dire il 15 di aprile.

Ciò ha fornito a molte fabbriche l'opportunità di registrare le ordinazioni di produzione a prezzi più bassi di quelli predisposti dalle autorità governative. Inoltre, a tutte le imprese è stata data la possibilità - fino alla fine del corrente anno - di portare a termine le attività in corso e di ricevere i relativi pagamenti. Sebbene il governo cinese si sia subito reso conto del proprio errore consistente nel differire l'entrata in vigore della normativa ed abbia da quel momento dato corso ad una revisione del proprio atteggiamento (segnatamente, controllando le irregolarità di ogni contratto stipulato in relazione a nuovi contenitori tra la fine di marzo e la metà di aprile), vi è in realtà ben poco che esso possa fare ora per modificare la situazione.

Le implicazioni di questo sconsiderato espediente sono subito apparse chiare. Quasi tutte le fabbriche cinesi hanno fatto registrare notevoli ordinazioni per il resto del 1997, in seguito alla immediata corsa a capofitto alle ordinazioni da parte degli acquirenti nonché alla prenotazione di opzioni prima della data di scadenza della proroga, fissata al 15 aprile. Vi è, tuttavia, la concreta prospettiva che la produzione diminuisca terribilmente a partire dall'inizio del 1998, una volta portati a termine i contratti in essere, allorquando i nuovi contenitori potranno essere acquistati solamente ai più alti prezzi ora stabiliti.

(da: Containerisation International, agosto 1997)

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