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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI CONTAINERS
ANNO XXXVII - Numero 30 GIUGNO 2019
TRASPORTO MARITTIMO
LA GUERRA COMMERCIALE USA-CINA POTREBBE COMPORTARE VANTAGGI
PER IL TRASPORTO MARITTIMO
Seconda la ditta di analisi Drewry, l'intensificazione della
guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina potrebbe rappresentare una
brutta notizia per i traffici containerizzati transpacifici ma
dovrebbe risultare in volumi maggiori di merci intermedie poiché
le filiere distributive diventano più frammentate con il
dirottamento della produzione in altri mercati.
In un sunto dell'imminente rapporto Container Forecaster
della Drewry, la società ha notato che quando si tratta di
traffici ogni disputa fra due paesi, ed in particolare quando
avviene fra le due maggiori economie mondiali, comporta effetti a
catena di portata ben più ampia.
Numerosi paesi e settori industriali sono coinvolti nell'ambito
di alcune fasi della filiera distributiva per far sì che i
prodotti finiti finiscano in un negozio di New York, anche se le
dogane registrano l'ultimo punto di origine, evidenzia la Drewry.
"La frammentazione della produzione davvero decollata in
questo secolo, grazie ai progressi della tecnologia ed all'ascesa
della Cina, ha dato un enorme impulso al trasporto marittimo
containerizzato.
La movimentazione degli articoli intermedi necessari alla
realizzazione del prodotto finale rappresenta oltre la metà
del traffico mondiale di merci secondo l'OCSE" rileva la
Drewry.
"Più frammentazione significa più necessità
di servizi di trasporto e viceversa".
I potenziali perdenti in questa guerra commerciale saranno quei
paesi che forniscono le materie prime e le merci semifinite alla
Cina che poi confluiscono nella riesportazione dei prodotti finali
negli Stati Uniti, nota la Drewry, mentre gli stessi Stati Uniti
potenzialmente subiscono il fatto che la Cina utilizzi alcune
esportazioni statunitensi a fini di riesportazione.
Ma aggiunge la Drewry: "Il fatto è che la Cina ha
sviluppato la propria capacità produttiva a tal punto che a
malapena ha bisogno di spunti dal resto del mondo per supportare le
proprie esportazioni, cosa che dovrebbe limitare i danni
collaterali".
Continua la ditta di consulenze: "Utilizzando i dati del
database della UNCTAD-Eora che misurano i traffici in valore
aggiunto al fine di meglio ripartire il contributo dei singoli paesi
ai traffici - qualcosa che va perduta nelle statistiche sui traffici
bilaterali - la quota della Cina di valore aggiunto estero nelle
esportazioni lorde (il quantitativo del valore aggiunto a monte
nella filiera distributiva in precedenza da parte di altri paesi) si
è contratta dall'inizio di questo decennio dal 19% del 200 al
13% dell'anno scorso.
La Germania, il maggiore esportatore mondiale in termini di
valore aggiunto lordo, richiede di gran lunga più spunti
dall'estero per supportare il proprio assai frammentato settore
automobilistico, con una percentuale di valore aggiunto estero pari
al 36%".
La Drewry afferma che il "monopolio produttivo" della
Cina è stato in parte responsabile del rallentamento dei
traffici mondiali cui si è assistito negli ultimi anni, e che
"la sua sempre maggiore autosufficienza ci rende meno timorosi
delle ripercussioni della guerra commerciale sui flussi
containerizzati a livello globale.
Questo dovrebbe essere un caso alquanto isolato con il
transpacifico a farne le spese, compensato in qualche modo dal
dirottamento dei traffici".
Partendo dal presupposto che il summit del G20 in Giappone di
fine giugno non ribalti improvvisamente la situazione e che gli
Stati Uniti vadano avanti con i piani finalizzati ad assoggettare
tutte le importazioni cinesi a dazi straordinari, il nuovo mondo
protezionista "potrebbe apportare alcuni vantaggi alle linee di
navigazione containerizzate" afferma la Drewry, aggiungendo:
"Poiché l'approvvigionamento delle merci finali si
sposta in paesi che attualmente non dispongono del medesimo
ecosistema di produzione della Cina, esse richiederanno più
spunti intermedi, il che vuol dire più frammentazione
produttiva.
Dove si realizzeranno questi collegamenti determinerà
quanto vantaggioso sia il processo per le linee di navigazione.
Un numero maggiore di traffici interasiatici spingerà la
domanda di servizi di trasporto marittimo e accresceranno il
fardello delle più piccole navi feeder, mentre i maggiori
traffici regionali in Nord America ed Europa saranno meno
vantaggiosi grazie alle opportunità terrestri".
Ma la Drewry afferma anche che questo non significa affatto la
fine del dominio delle esportazioni cinesi, quanto meno a breve
termine.
"Anche se noi in effetti prevediamo qualche erosione della
loro quota di mercato nei flussi containerizzati in uscita alla
volta degli Stati Uniti, la vastità della loro macchina
esportatrice significa che non può essere rimpiazzata
all'improvviso" aggiunge.
"Alla Cina è stato da attribuirsi circa un terzo di
tutte le importazioni di merci finite statunitensi l'anno scorso, se
misurate in traffici bilaterali, due volte tanto il resto dell'Asia
orientale combinato".
Anche se il dirottamento dei traffici dalla Cina ad altri paesi
che è già riscontrabile nelle statistiche doganali
rappresenta "probabilmente un'operazione sotto falsa bandiera
quanto alla presunta scomparsa della Cina", nota la Drewry, che
aggiunge: "I dati bilaterali mostrano che il Vietnam è
uno degli esportatori alla volta degli Stati Uniti dalla crescita
più rapida, ma il governo del paese ha recentemente
annunciato di avere preso provvedimenti riguardo alle merci cinesi
che vengono rietichettate come "Prodotte in Vietnam".
L'ascesa delle esportazioni cinesi di merci intermedie alla
volta del Sud-Est asiatico in effetti dà credito alle accuse
di giochi d'azzardo sui dazi.
Se fosse vero, questa pratica illegale offre alle linee di
navigazione qualche bene accetta illecita attività
straordinaria, ma questo non suggerisce che posti come il Vietnam
siano ovunque non disposti ad essere una destinazione di
esportazione di rimpiazzo pronta all'uso".
Conclude la Drewry: "Ci sarà qualche perturbazione a
breve termine per il mercato containerizzato dato lo sviluppo di
nuovi collegamenti di traffico, ma la ulteriore frammentazione della
produzione darà impulso all'esigenza di trasporto marittimo,
partendo dal presupposto che il livello della domanda sia sostenuto.
Per il prossimo futuro, la Cina resterà l'hub delle
esportazioni containerizzate mondiali, per quanto leggermente più
piccolo".
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