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17 febbraio 2021
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- L'International Maritime Organization dedica il World
Maritime Theme per il 2021 ai marittimi
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- Ma il problema del cambio degli equipaggi continua ad essere
un problema non risolto
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Diverse agenzie delle Nazioni Unite hanno pochi strumenti per
intervenire efficacemente nella soluzione di problemi di portata
internazionale. Poi alcune di queste ne hanno ancora meno. Il ruolo
dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, ad esempio, è
stato ed è centrale, più che - come da suo statuto -
per accelerare e accrescere il contributo dell'energia atomica alla
pace, salute e prosperità in tutto il mondo, soprattutto per
evitare l'ulteriore diffusione dell'uso dell'energia nucleare per
scopi militari, utilizzando gli ispettori dell'agenzia per
accertarsi che le nazioni non già in possesso di armi
nucleari possano dotarsene. Meno incisivo, anche in un periodo come
l'attuale caratterizzato dai gravissimi problemi derivanti dalla
diffusione planetaria della pandemia di Covid-19, il ruolo
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, riferimento sì
per i governi, ma solo sino a quando l'istituto dell'Onu non viene
usato quale capro espiatorio per la presunta incapacità di
tenere sotto controllo la crisi sanitaria. Assai meno percettibile,
infine, la funzione di agenzie come l'International Maritime
Organization (IMO), chiamata genericamente a sovrintendere alla
safety e security del trasporto marittimo e alla prevenzione
dell'inquinamento causato dalle navi, funzione che risulta sensibile
solo agli addetti ai lavori e assai meno ai governi a cui interessa
solo che ci siano delle navi in grado di assicurare il commercio con
l'estero.-
- Alcune agenzie dell'Onu, ed è il caso dell'IMO, in
situazioni di criticità non possono che appellarsi ai governi
delle nazioni associate affinché mettano in atto quelle
misure previste dalle convenzioni che sono state adottate con il
consenso dei Paesi membri. Non mandano di certo ispettori a
verificare che le cose vadano come stabilito. Solo esortare, quindi.
E questo ha fatto l'IMO quando è iniziato ad apparire
evidente l'effetto che le misure per limitare la mobilità
adottate dai governi per contenere la pandemia hanno avuto e stanno
avendo sul trasporto marittimo: quello di costringere i marittimi a
rimanere a bordo delle loro navi, con periodi di imbarco senza fine,
con mesi che ormai stanno diventando anni. E, a dire il vero, l'IMO
- da parte sua - può sì sollecitare, ma sino ad un
certo punto in quanto il suo compito, in fondo, non è quello
di tutelare i marittimi, quanto il trasporto marittimo. Ai marittimi
l'IMO richiede qualifiche e certificazioni, ovvero doveri, ma tutela
assai poco i loro diritti. Casomai qui interviene un'altra agenzia
dell'Onu, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro.
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- L'impotenza dell'IMO nel contribuire a risolvere il problema
della difficoltà del cambio degli equipaggi delle navi, con
centinaia di migliaia di marittimi che sono ormai da tempo ostaggi
del loro lavoro, sembra ancora una volta confermata dall'intenzione
annunciata dall'agenzia di dedicare il tema marittimo centrale di
quest'anno dell'IMO proprio ai marittimi. Dare visibilità al
problema, sembra dire l'International Maritime Organizazion; più
di questo non posso fare. O meglio, qualcosa di più - e di
peggio - si è fatto: celebrare i marittimi come gli eroi del
momento. Istituzioni, e purtroppo anche organi di stampa
specializzati, si sono affrettati ad attribuire ai lavoratori sul
mare questa virtù. Un riconoscimento non richiesto che esime
dal proporre misure scomode per chi le dovrebbe suggerire e dal
decidere azioni, magari impopolari, che possano concretamente
risolvere il problema.
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- «Dobbiamo tutti - è l'esortazione del segretario
generale dell'IMO, Kitack Lim - fare meglio per supportare i
coraggiosi professionisti che continuano ad assicurare il commercio
globale. La dedizione e la professionalità di oltre un
milione e mezzo di marittimi in tutto il mondo - sottolinea Lim -
meritano la nostra grande ammirazione e gratitudine, ma soprattutto
un'azione immediata». Vivaddio, verrebbe da aggiungere se la
successiva esortazione di Lim non lasciasse spazio ad illusioni. «Un
primo passo - spiega il segretario generale dell'IMO - sarebbe che
tutti i Paesi designassero i marittimi come lavoratori chiave, come
indicato nella risoluzione dell'assemblea generale delle Nazioni
Unite adottata a dicembre». Un primo passo - è quindi
facile intuire - non è affatto un'azione immediata.
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- Se è indecente che nazioni marittime non abbiano ancora
designato i marittimi quali lavoratori essenziali (ad oggi lo hanno
fatto 55 Stati membri dell'IMO e due nazioni associate), è
tuttavia evidente - e noto all'IMO che non a caso parla di primo
passo - che ciò non è per nulla sufficiente.
Bisognerebbe fare molto di più.
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- Questo qualcosa di più si è fatto, per i
lavoratori del mare, ma soprattutto per quelli di terra. Un caso
emblematico di volontà concreta di risolvere il problema è,
ad esempio, quello evidenziatosi in questi giorni a seguito della
decisione delle autorità austriache di non concedere la
possibilità di accesso al territorio nazionale alle persone
non in possesso di certificazione che attesta l'effettuazione di
test per il Covid. Il nuovo governo italiano si è dichiarato
pronto a predisporre strutture per consentire agli autotrasportatori
che devono entrare in Austria di essere sottoposti ai test. Se
quello dell'autotrasporto è percepito come un problema
immediato, come in effetti è, non altrettanto avviene, come
invece dovrebbe avvenire, per il trasporto marittimo. Solo poche
nazioni più interessate alle attività e al lavoro
marittimo, come Filippine e Singapore, si sono attrezzate con
procedure e strutture specifiche per il cambio degli equipaggi.
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- Profondersi nell'elargire attestati di eroismo non serve a
nulla, se non a tacitare la coscienza e, più spesso, ad
evitare di richiamare ai propri doveri coloro che, per un motivo o
per l'altro, è bene non inimicarsi.
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- «Vogliamo - ha spiegato il direttore di macchina Matt
Forster chiamato dall'IMO ad esprimere il proprio parere sulla
questione - che le persone sappiano che sono gli uomini e le donne
del nostro settore che forniscono loro tutto ciò di cui hanno
bisogno per la loro vita quotidiana. Ciò detto - ha chiarito
Forster - non per avere riconoscenza, ma perché ci si aiuti
ad essere presi in considerazione, perché ci si aiuti a
tornare a casa, a vedere le nostre famiglie, a stare con i nostri
cari e affinché questa supply chain funzioni». Più
chiaro di così. Quindi, per favore, non chiamiamoli eroi.
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- Bruno Bellio
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