A.L.C.E.
ASSOCIAZIONE LIGURE COMMERCIO ESTERO
GENOVA
Relazione del Consiglio
all'Assemblea dei Soci
Genova, 19 Giugno 2001
SOMMARIO |
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CONSIGLIO DIRETTIVO |
|
PARTE I - ANALISI MACROECONOMICA |
1. | CONGIUNTURA INTERNAZIONALE |
2. | LA CONGIUNTURA EUROPEA |
3. | LA CONGIUNTURA IN ITALIA |
4. | LA CONGIUNTURA IN LIGURIA |
5. | L'EURO |
6. | LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA: E-COMMERCE |
7. | COMMERCIO ESTERO: LE PROBLEMATICHE DELLE IMPRESE LIGURI |
8. | LE DOGANE |
8. | I PORTI |
10. | LOGISTICA LIGURE E COMUNICAZIONI |
|
PARTE II - L'ASSOCIAZIONE |
11. | L'ATTIVITA' SVOLTA NEL 2000 E LO SVILUPPO |
12. | COLLABORAZIONE CON ALTRI ENTI TERRITORIALI |
13. | CONCLUSIONI DEL PRESIDENTE |
IL DIRETTIVO DELL'ASSOCIAZIONE 2000/2001
Presidente Dr. GIOVANNI RAVANO |
|
V. Presidenti |
Presidente Dr. ADRIANO CALVINI | Presidente Dr. PAOLO CUNEO |
|
Assessori |
Presidente Dr. MARINO ABBO | Presidente Dr. ERNESTO CAUVIN |
|
Tesoriere Dr. GIAN MARIA SOLARI |
|
Consiglieri |
Dr. GIORGIO BONETTI |
Dr. GIAN MARCO BORGIANI |
Dr. RICCARDO BRAGGIO |
Dr. GIAN LUIGI BRUZZONE |
Dr. ALBERTO DE GRANDI |
Dr. ANTONINO DONATO |
Dr. PIETRO FIORONI |
Dr. EDOARDO GARRONE |
Dr. PIER LUIGI LAGATOLLA |
Dr. ROBERTO BATTISTINI |
Dr. ALFREDO ROSSO |
Dr. FRANCESCO SIBILLA |
MEMORIALE
Prima di iniziare l'assemblea, desidero
ricordare la memoria di un "grande'" della nostra Associazione,
che risponde al nome del Dottor Piero Teglio, consigliere e tesoriere
storico dell'ALCE.
Personalmente ho imparato moltissimo da
Piero in quanto ad equilibrio, saggezza e diplomazia.
Il vuoto da lui lasciato, soprattutto in
termini di spirito umano, e sense of humor, sarà
incolmabile.
PREFAZIONE
Ricordiamo che l'ALCE, a far data dal 28
febbraio 2001, è entrata a far parte della grande famiglia
ASCOM, un traguardo cui siamo arrivati in maniera consensuale,
salvaguardando le nostre prerogative e sotto le seguenti importanti
premesse:
PARTE I
ANALISI MACROECONOMICA
- CONGIUNTURA INTERNAZIONALE
Secondo le previsioni del Fondo Monetario
Internazionale (FMI) contenute nel World Economic Outlook pubblicato
in aprile, quest'anno la crescita dell'economia mondiale frenerà;
il PIL globale aumenterà del 3.2%, contro il +4.8% registrato
nel 2000, per poi risalire parzialmente a + 3.9% nel 2002.
Rispetto all'ultima analisi dell'ottobre
scorso, la revisione è al ribasso di circa un punto percentuale.;
un regresso imputabile al rallentamento, più consistente
del previsto, nell'economia degli USA, dove nel 2001 il PIL è
previsto crescere solo dell'1.5%, il livello più basso
degli ultimi 10 anni, a fronte del +2.4%i previsto nell'area dell'Euro.
Il circolo virtuoso dell'economia statunitense,
ininterrotto dal 1992, si è arrestato nel corso del 2000.
I forti aumenti nel prezzo del greggio hanno
compromesso i profitti aziendali ed innescato tensioni inflazionistiche,
inducendo la FED a ripetute strette monetarie. L'aumento dei tassi
d'interesse ha inciso sulle quotazioni in Borsa, quindi sui consumi
delle famiglie e sugli investimenti delle imprese, mentre lo strapotere
del Dollaro nell'arena internazionale ha danneggiato la dinamica
delle esportazioni.
Le economie più colpite dalla decelerazione
dell'economia americana - in quanto maggiormente dipendenti dal
grado d'integrazione commerciale - sono state quelle dell'Estremo
Oriente, che esportano negli Stati Uniti buona parte della produzione
(autoveicoli, elettronica e prodotti tessili). Malgrado ciò,
questi paesi possono ancora contare su una domanda interna relativamente
vivace, che nel 2001 dovrebbe consentire al loro PIL di crescere
del 3%.
Dopo i segnali di ripresa registrati lo
scorso anno, nel 2001 il PIL del Giappone segnerà il passo
a causa del rallentamento significativo della propria domanda
interna, che ancora sconta gli effetti della crisi finanziaria
del 1998.
Le economie di Cina e del Sub-continente
indiano, relativamente chiuse al commercio internazionale, dovrebbero
trarre i maggiori impulsi espansivi dalla domanda interna.
L'America Latina presenta per il 2001 prospettive
di rallentamento, seppure inferiori a quelle dei paesi asiatici.
Per l'Europa Orientale, sempre più
interconnessa all'area dell'UE, si prevedono prospettive al ribasso
nei ritmi di crescita attesi per l'economia.
I movimenti attuali e futuri dei cambi saranno
influenzati dalle decisioni degli operatori finanziari, piuttosto
che dai differenti tassi di crescita nelle varie aree geo-economiche.
Un ruolo importante potrebbe essere giocato
dall'indebolimento dello Yen rispetto al Dollaro quale frutto
della politica monetaria annunciata dalle autorità giapponesi
per fronteggiare la crisi finanziaria.
- LA CONGIUNTURA EUROPEA
Il rallentamento sperimentato da parte degli USA - autentica 'locomotiva'
dell'economia mondiale - seppure sensibile, dovrebbe essere di
natura transitoria, senza anticipare una vera recessione. Alcuni
indicatori, come la tenuta dei consumi, a fronte di una ridotta
produzione, attingendo alle scorte, convergono verso uno scenario
di prossima ripresa.
Nonostante la relativa integrazione commerciale
- è destinato agli USA solo il 9% delle esportazioni UE
ed il 20% delle stesse al netto dei flussi commerciali infra-UE
- gli Stati Uniti sono sempre determinanti per l'intera economia
mondiale, e quindi anche per l'Europa.
Se l'andamento dell'economia negli USA dovesse
ulteriormente deteriorarsi fino a ridurre, come paventato da alcuni,
verso lo zero il PIL nel 2001, anche le ipotesi di crescita in
'Eurolandia' verrebbero fatalmente a ridimensionarsi.
Peraltro nel 2000 il ristagno dell'economia
USA ha favorito una ripresa, seppure flebile e temporanea, dell'Euro,
riducendo così la fuga di capitali europei verso gli Stati
Uniti.
In questa fase la stessa Europa sta mostrando
alcune proprie criticità, aggravate da rigidità
strutturali: gli obiettivi minimali della Banca Centrale Europea
(BCE), che sembra perseguire unicamente la difesa del potere d'acquisto
della moneta comune, e la mancanza di un politica fiscale univoca
nei Quindici.
La seconda metà del 2000 è
stata caratterizzata da un peggioramento nelle aspettative degli
imprenditori e nella fiducia dei consumatori.
L'inflazione nell'area dell'Euro è
balzata dallo +0.9% del secondo trimestre 1999 al +2.8% del terzo
trimestre 2000, stabilizzandosi sul +2.5% ad inizio 2001, grazie
alla flessione dei prezzi petroliferi e alla ripresa di stabilità
della valuta europea.
Il peggioramento nella dinamica dei prezzi
al consumo si è verificato malgrado la BCE abbia più
volte provveduto ad aumentare i tassi d'interesse a breve al fine
di evitare che le tensioni temporanee derivanti dal mercato dei
cambi e da quello petrolifero si trasformassero in tendenze inflazionistiche.
- LA CONGIUNTURA IN ITALIA
Il 2000 si è chiuso con un forte
calo per la bilancia commerciale italiana che (dati ISTAT), ha
visto ridursi a 2.700 miliardi di lire il saldo attivo - già
in diminuzione, ma ancora d'entità sensibile - registrato
nel 1999 (circa 27.000 miliardi). La riduzione del 90% dell'attivo
è frutto di esportazioni per 498mila miliardi (+16.4%)
a fronte di importazioni per 495mila miliardi (+23.6%).
Determinanti nel quasi azzeramento del surplus
sono stati il caro-petrolio (+65% nell'anno) e la svalutazione
dell'Euro sul Dollaro (circa -14% su base annua).
Tuttavia, se si esclude la componente energetica,
il saldo commerciale appare in lieve miglioramento rispetto all'anno
precedente rappresentando un'inversione nella tendenza in atto
nell'ultimo triennio ad indicare come l'Italia sia riuscita,
nel corso del 2000, ad agganciare la ripresa del commercio mondiale.
Nel commercio infra-comunitario, il nostro
Paese ha beneficiato del buon momento congiunturale delle vendite
in Europa, area che assorbe i due terzi delle nostre esportazioni.
Risultati inferiori si sono ottenuti sui
mercati asiatici, dove il Made in Italy si deve confrontare
con concorrenti molto aggressivi e in ripresa dopo il crollo di
tre anni fa.
I segnali positivi sul fronte delle esportazioni
continuano a venire dalle imprese di medie dimensioni nei settori
della meccanica, tessile-abbigliamento, moda, arredamento e prodotti
per la casa.
Nel 2000 le esportazioni sono state la componente
di domanda più dinamica, trascinando il PIL al +2.9%, il
miglior risultato dell'ultimo decennio dopo il 1995.
L'economia italiana è entrata nel
2001 ad un passo più sostenuto di quanto era nelle attese,
con una previsione di crescita del PIL per quest'anno del +2.5%
(dati del Governo), inferiore al 2000 ma comunque sostanzialmente
allineato alla media dell'area dell'Euro. Peraltro secondo le
stime del FMI, nel 2001 il PIL italiano crescerà solo del
2%, accelerando al +2.5% nel 2002.
La crescita dovrebbe essere conseguita senza
eccessivi affanni, considerato che nel 2001 la nostra economia
ha virtualmente già messo in carniere un tasso di espansione
dell'1% in virtù del solo effetto inerziale del PIL elevato
dello scorso anno.
Dati positivi si sono registrati sul fronte
occupazionale: la disoccupazione in Italia si è attestata
quest'anno al 10% e dovrebbe continuare a calare fino a circa
il 9% l'anno prossimo, contribuendo così al rilancio dei
consumi ed alla crescita del PIL.
Malgrado le positive perfomances
e le rosee previsioni, emergono tuttora motivi d'inquietudine
per la competitività del nostro sistema produttivo; il
World Economic Forum ci colloca solo al trentesimo posto nella
classifica sulla crescita della competitività.
Secondo un recente studio della Commissione
Europea, le cause sono quelle di sempre: pressione tributaria
opprimente, gap infrastrutturale elevato, mercato del lavoro ingessato,
peso eccessivo della burocrazia, arretratezza del sistema finanziario,
esigua presenza di nostre imprese sui mercati globali.
Di fatto unanime è il consenso sulla
necessità che l'Italia debba puntare sull'innovazione,
accelerare l'alfabetizzazione informatica, le privatizzazioni
e le liberalizzazioni nei settori strategici, eliminare l'eccesso
di regolamentazione nel mercato del lavoro, dotarsi d'infrastrutture
e trasporti moderni, allentare la vessatoria pressione fiscale.
Elementi che incidono anche sulle decisioni degli investitori
internazionali, che solo in minima parte hanno finora fatto affluire
i capitali stranieri nel nostro Paese.
- LA CONGIUNTURA IN LIGURIA
L'economia ligure sta registrando andamenti
soddisfacenti; molti indicatori economici registrano un trend
ascendente con il nostro PIL che riporta tassi d'incremento superiori
alla media nazionale.
Hanno contribuito a tale dinamica non solo
l'espansione dei servizi portuali e marittimi ma anche l'accresciuta
competitività dell'industria ligure e la ripresa nel settore
edilizio.
Nel 2000 sono stati aperti in Liguria numerosi
cantieri e nel 2001 a Genova sono stati avviati grandi interventi,
con cospicui finanziamenti dallo Stato per i lavori di contorno
al G-8, suscitando l'attivazione di un rilevante indotto occupazionale.
Nel turismo è soprattutto il capoluogo
a lanciare forti segnali di rinnovato appeal.
Importanti risultati sono stati conseguiti
nel mondo del lavoro; la disoccupazione in Liguria è calata
dal 9.9% del 1999 al 6.5% d'inizio 2001, con positivi dati nell'occupazione
femminile, in crescita specialmente nello Spezzino e nell'Imperiese.
Ma mentre diminuiscono i giovani in cerca
di prima occupazione, rimane alta la percentuale degli adulti
senza lavoro, confermando le difficoltà di chi perde il
posto in età mediamente avanzata.
Per quanto riguarda l'ALCE, i dati sull'occupazione
delle imprese associate mostrano un andamento sostanzialmente
stabile nell'ultimo quinquennio, con variazioni quasi impercettibili
di natura fisiologica..
Da una nostra elaborazione interna, effettuata
su un campione di 35 aziende associate rappresentative - in maniera
significativa - dell'universo ALCE, risulta che nell'anno 1995
il numero degli addetti era di 3.045, nell'anno 1998 di 2.870
addetti e nell'anno 2000 di 2.999 addetti.
I dati ISTAT sul commercio estero segnalano
un aumento del 26.8% delle esportazioni liguri, decisamente al
di sopra della media nazionale del +16.4%; l'impennata è
attribuibile in larga misura al ruolo trainante della cantieristica
e di meccanica, elettronica biomedicale ed informatica..
Prospettive di ulteriore sviluppo economico
sono legate ai finanziamenti parte dei fondi strutturali Obiettivo
2 e che assicurano, per il periodo di programmazione 2000-2006,
la massima copertura territoriale di zone a vocazione produttiva
o bisognose di interventi infrastrutturali.
Un sostegno di 294 miliardi, che può
crescere a 650 miliardi di lire con i contributi pubblici nazionali
e regionali e di altri 80 miliardi per le zone di Phasing Out.
Tali aiuti favoriranno investimenti capaci
di creare alcune migliaia di posti di lavoro.
La nostra Regione sembra aver tentato di
giocare la carta della competitività in materia fiscale
avendo deciso, in via sperimentale fino al 2003, di tagliare l'IRAP
dell'1% per tutte le nuove iniziative imprenditoriali con base
imponibile non superiore ad 1 miliardo.
Il risultato auspicato - che, se positivo,
potrebbe essere ampliato in futuro sia come entità della
base imponibile che della riduzione fiscale - è attrarre
nuove iniziative produttive da altre regioni.
- L'EURO
Con il conio e la circolazione concreta
della nuova moneta comune, fra pochi mesi l'Euro entrerà
definitivamente nelle tasche di 300 milioni di cittadini europei,
che presto rinunceranno alle loro monete.
La fase finale della transizione verso il
regime monetario definitivo inizierà con l'introduzione
fisica della moneta unica, che circolerà per un
breve periodo parallelamente alle monete nazionali, destinate
a sparire definitivamente il 1° marzo 2002.
Anche se ufficialmente l'Euro esiste già
dal 1° gennaio 1999, quando si stabilì il cambio fisso
ed irrevocabile delle valute nazionali, e malgrado già
da un anno pagamenti e contabilizzazioni possono avvenire in moneta
unica, la svolta epocale avverrà dal 1° gennaio prossimo.
Dalla nascita della Comunità europea
quasi cinquant'anni fa non si era mai realizzato un segnale unitario
così forte per tutti gli europei. La moneta unica è
un grande evento che va oltre gli aspetti economici e che dovrebbe
contribuire a una maggiore integrazione sociale tra i quindici
paesi membri.
La possibilità di eliminare i costi
di transazione all'interno dell'UE sarà determinante per
l'espansione dei mercati europei; un risultato più significativo
per le Piccole Medie Imprese (PMI), mentre quelle maggiori dispongono
già di sofisticati strumenti per la gestione delle transazioni
internazionali e dei rischi connessi.
Indubbiamente la doppia circolazione comporterà
dei problemi organizzativi, soprattutto per le imprese commerciali
a contatto con il pubblico.
Probabilmente non tutti sono preparati a
questo evento, e si ritiene che molte imprese manchino di adeguati
macchinari e programmi informativi per presentarsi all'appuntamento
senza problemi.
Secondo un'indagine autorevole, a livello
europeo solo il 20% delle grandi imprese hanno già il 'passaporto
monetario' per l'Europa; la scarsa attitudine a cimentarsi per
tempo con la moneta unica è ancora più evidente
tra le PMI.
Soltanto il 15% è già in grado
di effettuare tutte le operazioni in Euro, il 25% prevede di farlo
entro il 2001, il 60% ammette che la trasformazione della contabilità
non potrà compiersi che ad inizio 2002. Decisamente tardi.
Lentezza ed apatia verso la moneta unica
si riscontrano anche dal fatto che, solo lo 0.6% delle aziende
ha già aperto un conto corrente in Euro, valore inferiore
a quello delle stesse famiglie.
Tuttavia non vi sono solo note negative.
Anche se in questo primo anno di circolazione virtuale l'Euro
ha subito un grave ribasso rispetto alle principali valute estere,
le imprese hanno già iniziato a trarre benefici dalla semplificazione
delle operazioni contabili facenti riferimento alla stessa moneta.
L'Euro si è dimostrato strumento
vantaggioso quale moneta di scambio corrente: tre quarti dei pagamenti
in Europa (oltre il 90% considerando gli importi trattati) sono
espressi nella valuta comune.
Lo scompenso che si riscontra ancora, decisamente
penalizzante sotto il profilo concorrenziale, è che nell'interscambio
mondiale si continua a comprare in dollari ma si rivende in Euro
o in Lire; di conseguenza, in molti casi l'impresa di commercio
si accolla totalmente il rischio del cambio.
Per portare ulteriori benefici, l'Euro dovrebbe
assurgere a valuta di riferimento anche nelle transazioni internazionali,
a partire da quelle che riguardano i carichi d'energia, dove invece
continua ad essere utilizzato il solo Dollaro come effetto del
modesto potere economico di 'Eurolandia'.
Il Governo dovrebbe sensibilizzare la politica
monetaria dell'Europa per rivalutare il peso politico dell'Euro
nei confronti dei Paesi Extraeuropei, perché il mercato
delle imprese commerciali è il mondo e non semplicemente
l'Europa.
- LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA: E-COMMERCE
Le imprese di trading, pioniere dell'e-commerce.,
avvertono in maniera tangibile i vantaggi che derivano dall'utilizzo
quotidiano di Internet, fenomeno in continua espansione.
Attualmente gli utenti nel mondo sono stimati
in 200 milioni e, secondo l'istituto di ricerca americano Forrester,
entro il 2002 le transazioni effettuate via 'www' tra aziende
e aziende (B2B) e tra aziende e consumatori (B2C) supereranno
il valore complessivo di oltre 1.000 miliardi di dollari.
Per quanto si stia concentrando maggiormente
nel B2C rispetto a B2B, l'e-commerce sta comunque cominciando
a svilupparsi concretamente in termini di scambi di informazioni.
E' auspicabile tale sviluppo anche nella formalizzazione dei contratti,
attraverso la loro autenticazione digitale.
Internet è un fenomeno positivo nella
misura in cui consente di accelerare gli scambi; le imprese del
commercio estero non vedono l'insorgere di rischi concreti che
possano mettere a repentaglio le loro transazioni, sebbene sarà
necessario seguire attentamente l'evoluzione di questo mercato
per aggiornare la propria capacità competitiva.
Stiamo aspettando con ansia la banda larga
per velocizzare ulteriormente i collegamenti, ricordando che i
recenti rovesci di mercato dimostrano come, nella ricerca dei
provider di servizi, sia necessario appoggiarsi a grandi
entità onde evitare la vulnerabilità cui purtroppo
sono soggette le piccole ditte.
Va notato come la trasformazione dalla old
economy alla new economy è meno rapida di quanto
si pensasse; una strada obbligata, ma anche un percorso più
ragionato, che deve preservare i criteri gestionali che erano
ritenuti validi nel passato.
Il modus operandi delle imprese Internet
non soppianterà le procedure consolidate; piuttosto la
old economy potrà trarre un ausilio dalle nuove
opportunità tecnologiche al fine di ampliare il campo di
influenza delle imprese, migliorare la comunicazione ed il marketing,
risparmiare su alcuni costi.
Tuttavia sinora, almeno per il segmento
B2C, i risultati non sono stati brillanti ed il sorprendente successo
di questo nuovo modo di fare commercio rischia di essere compromesso
dalla complessità dei sistemi logistici che si debbono
attivare per completare il ciclo ordine-consegna dei prodotti.
Infatti non sempre all'architettura concettuale che deriva dall'introduzione
del commercio via p.c. corrisponde la capacità a smaltire,
con tempi, costi e affidabilità adeguati, i flussi di distribuzione
fisica delle merci.
In sintesi, in futuro sarà impossibile
fare a meno dell'e-commerce, anche se è pacifico che esso
non può costituire la panacea di tutti i mali.
- COMMERCIO ESTERO: LE PROBLEMATICHE
DELLE IMPRESE LIGURI
L'andamento della congiuntura internazionale,
per quanto riguarda i riflessi sulle nostre imprese, non è
stato negativo, anche se forse non sono ancora arrivate tutte
le ripercussioni negative del rallentamento dell'economia negli
USA.
Va lamentato l'andamento dell'Euro nei confronti
del Dollaro, ancora molto negativo, e il tentativo di recupero
a cavallo dell'anno non ha dato gli esiti sperati. In particolare
per le Aziende dell'ALCE l'alto valore del cambio Euro/Dollaro
non ha certo agevolato l'attività durante il 2000.
Il problema fiscale è micidiale
soprattutto per quanto riguarda le modalità d'impostazione
del rapporto e alcune problematiche irrisolte, che spesso ricordano
situazioni terzomondiste.
Ravvisiamo purtroppo un'evidente conflittualità
tra impresa e Fisco, che continua a proporsi come organismo per
definizione sanzionatorio e non regolatorio. Viceversa, sarebbe
auspicabile un confronto reale e leale, senza partire dal pregiudizio
che l'azienda cerca di non adempiere i suoi doveri fiscali.
A questo fine si invoca la cessazione di
atti declamatori infondati con cui si eleva in maniera surrettizia
l'ammontare delle presunte elusioni, esibendo un numero di accertamenti
per nulla aderente - ed anzi di gran lunga superiore - al numero
delle infrazioni alla legge effettivamente dimostrate
Nel concreto esistono numerose operazioni
non codificate che richiedono un confronto e non un sanzionamento.
L'Amministrazione esiste per amministrare e non solo per reprimere.
Il fatto più frustrante è
l'imprevedibilità del sistema, l'imponderabile con cui
ci si deve confrontare quotidianamente.
Le divergenze tra le fiscalità dei
Paesi europei, ad esempio in termini di imposte diverse fra Paesi
confinanti, determina flussi anomali di economia tra Paesi; manca
l'armonizzazione fiscale e a causa di queste difformità
esiste una forma di elusione legalizzata.
Il nuovo Governo dovrà venire incontro
alle esigenze delle imprese del commercio estero con maggiori
incentivi mirati. In particolare è necessario razionalizzare
il criterio d'imposizione delle tasse, che devono essere più
aderenti alla realtà. Sotto questo profilo, pur prendendo
atto degli sforzi intrapresi su base regionale, continuiamo a
ritenere ingiusta per le imprese di servizi una tassa come l'IRAP.
Riteniamo che siano necessarie maggiori
agevolazioni alle imprese commerciali e di servizi, oggi rivolte
quasi esclusivamente a quelle industriali; nel trading, in cui
le aziende si basano sulle risorse umane e quindi le attività
sono facilmente trasferibili all'estero, le imprese dovrebbero
godere di una fiscalità meno oppressiva, che creasse uno
stimolo al mantenimento della sede territoriale in Liguria.
Infine al Governo appena insediato, oltre
ad una riduzione delle tasse, si chiede di minimizzare quegli
esorbitanti costi accessori e burocratici - che incidono nell'ordine
del 5%; per le PMI, un vero salasso - per pagare le stesse. Rendite
parassitali, come l'imposta di registrazione, le spese per il
commercialista, il notaio, l'avvocato ecc., e obblighi di tenuta
contabile eccessivi, debbono sparire.
Il processo di concentrazione nel settore
bancario, ormai completamente impostato, sembra aver determinato
alcuni scompensi; riducendo l'offerta, non si è andati
a migliorare la concorrenzialità nelle condizioni offerte
alle imprese e nell'entità degli affidamenti.
In Liguria soffriamo l'allungamento delle
linee di comando; non ci sono più poteri decisionali in
loco, e le distanze fisiche da Roma e da Milano rendono quasi
insormontabili tante operazioni che sarebbero in realtà
piuttosto semplici ma che debbono sottostare ad 'imprimatur' a
lunga gittata.
Sarebbe quindi opportuno un maggior decentramento
decisionale nonché l'avvento su piazza di banche estere
e gruppi bancari non istituzionali per favorire la concorrenza
a beneficio dell'utente.
Per quanto concerne altri servizi principali,
si auspica una concreta privatizzazione anche nei trasporti ferroviari
e dell'erogazione del gas e dell'energia elettrica. La vera deregulation
non può prescindere da una scissione reale tra possesso
delle reti e gestione del servizio, col corollario che le reti
liberalizzate siano effettivamente capaci di accogliere le offerte
dei nuovi gestori.
Ma anche dove c'è già stata
liberalizzazione, non tutto è perfetto; il settore telefonico,
ad esempio, è ancora un mercato opaco, in cui le offerte
dei diversi gestori non sono facilmente comparabili; una carenza
che richiama la necessità di un'Authority efficace che
renda più trasparenti i termini dell'offerta.
In tema di scolarità, l'Italia
spicca in negativo per il modesto livello culturale. Notiamo che
aziende e istituti nascono in continuazione, proponendosi in un
groviglio di leggi e leggine che incentivano la formazione professionale
con fondi dirottati a costo di mantenere in vita le strutture.
Viceversa in un Paese moderno l'educazione
dovrebbe essere compito precipuo di un sistema scolastico efficiente.
Purtroppo il livello dell'educazione è molto depauperato.
L'Università sta pericolosamente declinando al rango di
un Liceo, per cui senza un Master di completamento - che in Italia
viene fornito di rado - non si riesce a produrre formazione professionale
adeguata alle esigenze del mondo del lavoro.
La dimostrazione delle inefficienze del
sistema scolastico è tangibile nel decentramento territoriale
dell'Università, un fenomeno pericoloso perché si
creano centri di formazione a senso unico, sicché la diffusione
territoriale delle specializzazioni esce distorta; in pratica
nelle piccole province si formano categorie univoche di professionisti
a seconda del tipo di facoltà aperta in loco.
Di fronte alle carenze delle istituzioni
deputate a educare ed impartire conoscenze nelle lingue e nell'informatica,
sarebbe opportuna una maggiore osmosi tra scuola e imprese, comprese
quelle dell'ALCE.
Negli ultimi due anni abbiamo assistito
a un cambio radicale nell'offerta di lavoro. Le qualifiche
più elevate si trovano non facilmente, sicché siamo
'costretti' ad importarle da altre regioni e dall'Estero.
Anche i laureati nelle discipline tecniche
scarseggiano; un gap cui si aggiunge la cronica carenza nella
preparazione linguistica.
Infine, se quello colto è un segnale
di tendenza, la globalizzazione del mercato sta portando ad una
uniformazione degli stipendi verso l'alto, un ulteriore aggravio
per le imprese.
L'ALCE è ben lieta della rinnovata
visibilità mondiale che la decisione di tenere a Genova
lo svolgimento del G-8 consente, prodromo ideale della
'capitale europea della cultura nel 2004'.
Tuttavia, a distanza di un mese da quest'importantissimo
appuntamento, vi sono ancora lati oscuri nella gestione dell'avvenimento
clou del 2001; ad esempio non tutto è chiaro per quanto
riguarda la viabilità nella cosiddetta 'zona rossa'. Latitano
le informazioni sull'organizzazione, e fino a pochi giorni fa
non era ancora stata impostata o divulgata una procedura per le
autorizzazioni al transito di persone e merci.
L'ALCE auspica la massima libertà
per coloro che intendono accedere alla città, per motivi
di mobilità personale o di lavoro, durante la settimana
topica di metà luglio; è fondamentale l'emanazione
di un decalogo di comportamento per gli operatori commerciali,
specialmente coloro che operano in porto.
La decisione imposta dal Governo di Roma
di serrare una parte consistente del porto per cinque giorni,
è una scelta gravissima che, sommata alle altre decisioni
collaterali paventate - chiusura dei caselli autostradali e sospensione
dei servizi ferroviari - rischia di gettare la città in
una paralisi insostenibile per chi deve poter continuare a vivere
e lavorare nelle condizioni minime di servizi.
Tra le note positive del 2001, quella che
attiene un settore di nostri associati.
Il caffè di qualità
robusta stoccato a Genova e Savona sarà presto quotato
al Liffe di Londra, la Borsa mondiale del settore. Con il riconoscimento
di delivery point, i nostri due porti si affiancheranno
ai principali porti mondiali per l'immagazzinaggio del caffè
non venduto. Una condizione nuova che porterà traffico
e lavoro; si creerà un nuovo mercato e si sposterà
il baricentro verso Genova, che avrà uno strumento in più
per la gestione completa nei confronti dei mercati mediterranei
di consumo.
L'ingresso nella Borsa del caffè
è stato sollecitato da Assocaf, l'Associazione Ligure per
il Commercio di Caffè e Droghe Coloniali, tramite le Autorità
Portuali di Genova e di Savona, che sono state un importante veicolo
per l'ottenimento di questo prezioso riconoscimento.
A questo proposito dobbiamo riconoscere
con piacere la collaborazione fattiva di dette Autorità
Portuali, a dimostrazione di due fatti: la possibilità
di sinergie fruttuose tra pubblico e privato e la non necessaria
conflittualità tra Genova e Savona.
Di fatto la partecipazione congiunta dei
due porti è stata elemento determinante per il successo
dell'iniziativa, che ha trovato il pieno consenso dei grandi operatori
settoriali del Paese, la cui presenza sul nostro territorio è
ormai consolidata.
- LE DOGANE
Il 2000 ha portato la nota lieta della definizione
positiva di un progetto di cooperazione tra operatori pubblici
e privati. A coronamento delle volontà comuni emerse un
anno fa per risolvere i problemi doganali che ostacolano la fluidità
della catena trasportistica e quindi la circolazione delle merci,
è stata costituita la Commissione Mista Utenti e Operatori
Portuali e Pubblica Amministrazione sulle tematiche Doganali,
coi seguenti scopi:
- promuovere, appoggiare e sviluppare
la collaborazione tra gli utenti Portuali e i vari uffici amministrativi
(Dogana, Guardia di Finanza, Sanità Marittima, Ufficio
Veterinario, ecc.) al fine di pervenire a una migliore conoscenza
delle tematiche doganali e ad un'univoca lettura ed interpretazione
della normativa Comunitaria e Nazionale, al fine di una sua migliore
applicazione;
- promuovere e sviluppare incontri e studi
aventi per oggetto le varie tematiche doganali, eventualmente
anche con altre organizzazioni nazionali ed internazionali aventi
scopi similari;
- coordinare lo scambio di notizie ed
informazioni in maniera propositiva
- proporre soluzioni operative o legislative
da sottoporre ai competenti organi locali e centrali
Si tratta della prima volta di un simile
esperimento in Italia; Genova conferma ancora una volta il suo
ruolo di città pilota, laboratorio d'iniziative.
Importante è notare il rilievo assunto
dall'ALCE - tra i promotori dell'iniziativa ed al cui rappresentante
è stata assegnata la presidenza - in seno alla Commissione
Mista.
Molto apprezzabile è la partecipazione
di tutti i maggiori interlocutori alle tematiche doganali: Utenti
Portuali, Dogana, Autorità Portuale, Guardia di Finanza,
Capitaneria di Porto, Terminal Operator, Spedizionieri, Sanità
Marittima e ALCE.
Malgrado l'inevitabile difficoltà
legata al cambio della guardia del maggior referente, il Responsabile
dell'Amministrazione Doganale., possiamo notare che l'iniziativa
funziona e ha già prodotto qualche risultato apprezzabile
su temi molto concreti, suscettibili di migliorare la quotidiana
operatività in dogana ed incrementare la produttività
di queste procedure.
Soprattutto meritevole è la chiarificazione
e soluzione di micro-problemi: il risanamento di alcune sezioni
doganali, che erano inagibili; l'apertura del varco di S.Benigno;
il potenziamento al varco di Voltri; la definizione in corso di
una procedura di controllo automatizzato dei container tipo aeroporti;
e in ultimo, ma di massima importanza, arrivare ad stabilire
un comune orario di lavoro 24 ore su 24 fra i soggetti interessati.
Rimane inoltre la vistosa necessità
di accelerare ulteriormente la tempistica nelle operazioni.
Peraltro vi sono pecche ancora da sanare.
Il potere doganale non è ancora così
decentrato come desiderato né opera sempre in maniera coerente;
sotto questo profilo raccomandiamo una maggiore uniformità
tra gli uffici periferici delle Dogane in Italia, perché
oggi scaturiscono ancora discrepanze, pesino clamorose, sull'interpretazione
dei testi legislativi. In questo senso dobbiamo lamentare che
a Genova siamo troppo 'precisi' rispetto ad altre realtà
dove la Dogana è meno 'pressante', e fors'anche meno 'pressata'.
- I PORTI
L'andamento positivo dei traffici portuali
nei vari settori merceologici è sotto gli occhi di tutti
e non necessita di ulteriori commenti. Nel 2000 i porti liguri
hanno registrato performance soddisfacenti; in particolare, il
porto di Genova ha stabilito diversi record di traffico.
Ma se il presente è confortante,
i problemi emergono nel medio-lungo termine poiché permangono
irrisolti alcuni fattori di rischio che potrebbero frenare lo
sviluppo e condurre ad una retrocessione ai momenti bui che si
pensavano dimenticati per sempre, anche se oggi cambiano le motivazioni:
- l'organizzazione del lavoro non
è ancora al passo coi tempi, per cui la crescita dell'attività
rischia di essere fortemente frenata, se non verrà risolto
il nodo critico della reale liberalizzazione dell'attività
in banchina. Proprio a Genova la Commissione Europea ha recentemente
presentato l'attesa proposta di direttiva sulla portualità,
che punta in sintesi ad una maggiore trasparenza, ad ampliare
il numero dei fornitori di servizi, a riconoscere la libertà
dell'utenza all'autoproduzione del servizio e ad eliminare la
riserva del lavoro. Obiettivi lodevoli, ma perseguiti con misure
non coerenti e discutibili, che andrebbero verificate
- la mancanza di autonomia finanziaria
per gli enti portuali, al di là dei consensi verbali;
- la carenza atavica di infrastrutture
logistiche adeguate, dalle bretelle autostradali alle linee
ferroviarie, e di carenza di spazi operativi in banchina e nel
retro-banchina, dalla cui combinazione congiunta scaturiscono
gli effetti più deleteri.
Alle limitazioni orografiche si aggiunge
una quasi inesistente politica di recupero degli spazi disponibili,
per cui si spreca anche quel poco che il territorio offre.
Sotto il profilo infrastrutturale, il sistema
dei trasporti ligure è obsoleto, saturo e collassato; una
conseguenza di due decenni di mancata crescita nello sviluppo
di strade e vie ferrate che latitano in maniera palese oppure,
laddove presenti, non sono sufficienti a supportare un traffico
crescente. Ancora da migliorare è la stessa viabilità
portuale, molto intasata.
Anche per effetto del mancato coordinamento
tra alcuni organi istituzionali, ai problemi generali della nostra
portualità si sovrappongono lentezze e conflittualità
su alcune decisioni di capitale importanza.
Collegata alla lenta approvazione del Piano
Regolatore Portuale - che ha messo a rischio la spendiiblità
del corposo piano d'investimento programmato dalle Autorità
Portuali - il caso-Maersk è sintomatico delle distorsioni
derivanti dal gioco di alcuni fattori.
Se il vettore mondiale leader nella movimentazione
dei container chiede di insediare in Liguria il proprio hub mediterraneo,
abbiamo l'obbligo non solo morale di trattenerlo a qualunque costo
(a Genova o a Vado); sarebbe un delitto non tollerabile lasciarsi
sfuggire una simile opportunità a pro di concorrenti vicini
quali Livorno e Marsiglia.
Stiamo vivendo momenti cruciali per il decollo
definitivo di attività capaci - fatta salva la loro compatibilità
con le prioritarie tematiche ambientali - di riverberare sul territorio
ricchezza ed occupazione, che esigono tuttavia un quadro normativo
preciso e a lungo respiro.
Non è trascurabile l'importanza degli
investimenti che, quale effetto-trascinamento innescato dal colosso
danese, altri soggetti di valenza internazionale possono esercitare.
Peraltro ovunque ricada in Liguria la scelta
finale di allocazione del terminal della Maersk, il Governo Centrale
dovrà stabilire adeguate contropartite al fine di ricompensare
il 'sacrificio' degli abitanti di fronte al bene superiore della
collettività frutto di scelte strategiche di valenza nazionale.
In termini più generali, è
doveroso definire una volta per tutta in quale direzione di sviluppo
vuole andare la Liguria, che dispone di fattori economici in stridente
contrasto; da un lato, la forte presenza, almeno finora dell'industria
pesante, dall'altro, quelli che da sempre che, piaccia o meno,
rimangono i nostri maggiore assets: i Porti.
In mezzo, la vocazione turistica, senz'altro
da rispettare, seppure consci che quest' industria non.sembra
in grado di creare ricchezza per tutti perché mancano risorse
ed opportunità pratiche di altri grandi siti.
Soprattutto i primi due fattori non sono
più conciliabili fra loro perché insistono sulla
stessa risorsa: il territorio, che si disputano in continuazione,
come insegna la vicenda del braccio di ferro delle Acciaierie
di Cornigliano, che non intendono lasciare spazio alle attività
logistiche del distripark
Nel dissidio, l'ALCE ritiene necessaria
una scelta finale di 'prevalenza' di un'attività sull'altra
anziché quella, un po' salomonica, di 'equivalenza'. Noi
non abbiamo dubbi nell'indicare nei porti la reale ragione di
esistenza e di sviluppo della Liguria, che deve prevalere su tutto
il resto. Come dimostrato nel recente passato un pò ovunque,
quando il porto si è ripreso, l'intera città. si
è rivitalizzata.
Il dinamismo e l'entità delle attività
portuali sono tutte nei dati diffusi dall'Autorità Portuale
di Genova e dal CENSIS al termine di uno studio specifico.
Negli ultimi cinque anni la crescita degli
addetti portuali è stata del 23%, mentre nel territorio
comunale il 35% dell'occupazione è generato dal porto.
A Genova l'indotto portuale è stimato in 61.000 posti di
lavoro, di cui 11.000 diretti e 50.000 indiretti, e le attività
portuali generano l'11,1% del PIL provinciale.
L'immissione di una lira aggiuntiva di domanda
all'interno del porto produce un incremento complessivo della
produzione di 2,8 lire, delle quali 0,9 direttamente nelle attività
portuali e 1,9 in attività indotte dall'apparato portuale.
Un aumento di un'unità di lavoro nelle branche portuali
dà luogo ad un incremento complessivo di unità di
lavoro a Genova pari a 5,5, di cui 1 unità direttamente
derivante dalla domanda aggiuntiva di attività portuali,
e 4,5 d'indotto indiretto.
Al 2012 l'impatto sull'economia regionale
degli investimenti previsti nel PRP sarà di 5.800 miliardi
di lire in termini di produzione aggiuntiva per il settore portuale,
con occupazione diretta ed indotta derivante dalla crescita dei
traffici di 9.800 unità, senza contare gli occupati nei
cantieri di costruzione.
- LOGISTICA LIGURE E COMUNICAZIONI
In Liguria dobbiamo decidere quale ruolo
economico vogliamo condurre rispetto all'Italia; se la logistica
e le attività trasportistiche connesse ai porti sono attività
marginali oppure motori regionali e nazionali.
In tal caso, a corredo vanno realizzate
infrastrutture idonee a supportare l'atteso incremento di traffico.
C'è bisogno di piena coerenza strategica;
decidere una volta per tutte su quali beni capitali vogliamo fondare
lo sviluppo della Liguria, senza cambiare l'impostazione a ogni
cambio di Governo.
La portualità ligure ha oggi un dimensionamento
di media entità; o è già troppo grande o
è ancora troppo piccola. Se vogliamo puntare sulla logistica,
bisogna individuare le aree; ci vuole un input governativo, che
sia recepito dalla Regione ed avallato dalle Province.
In generale, si dovrebbe incentivare e accelerare
il recupero delle aeree dismesse oppure occupate da attività
non più compatibili, con iniziative pregevoli come quella
di Genova Sviluppo.
A Genova il Distripark di Cornigliano
langue soggiogato da anni di proposte e studi, nell'inerzia delle
istituzioni; denari ed occupazione previste dal progetto rischiano
di andare nel vicino entroterra.
Perciò chiediamo ai vincitori delle
ultime elezioni una decisa dimostrazione di voler mantenere le
promesse elettorali con una prova concreta.
Il messaggio che rivolgiamo al nuovo Governo
è di sbloccare la situazione delle Acciaierie dando modo
al Governo Regionale ed a quello Cittadino di portare avanti un
chiaro e definitivo disegno sulle aree di Cornigliano.
Non si può più tergiversare
procrastinando una decisione che urge; dallo sviluppo di una piattaforma
logistica possono derivare numerose attività legate al
transito e trattamento delle merci e altre attività quali
servizi di contorno.
Malgrado la dimensione dell'Aeroporto di
Genova sia già quasi al suo massimo sviluppo - infatti
Genova ha un limite oggettivo nel bacino di utenza ridotto - ci
sono ulteriori margini legati allo sviluppo di traffici mercantili
e portuali e al turismo coordinato e organizzato (crociere e congressi).
Ultimamente si è affacciato un nuovo
potenziale interlocutore internazionale (PSA Singapore) di grande
capacità finanziaria ed esperienza, che potrebbe essere
interessato a rilevare e rilanciare lo scalo. L'opportunità
va senza dubbio presa in considerazione in termini seri.
Visto che il consorzio Aliliguria per il
momento non è ancora decollato, bisogna attendere la reale
privatizzazione di Alitalia e lo scioglimento di altri ostacoli
che si sono per il momento frapposti.
La Camera di Commercio dovrebbe farsi promotore
dell'iniziativa - e ad essa dovrebbero accordarsi altri operatori
- visto che la spinta iniziale di Assindustria per il momento
segna il passo.
PARTE II
L'ASSOCIAZIONE
- L'ATTIVITA' SVOLTA NEL 2000 E LO
SVILUPPO
Nel 2000 abbiamo raggiunto i seguenti risultati:
- accordo con ASCOM Genova, che dovrà
essere esteso alle altre tre Provincie, sotto le seguenti importanti
premesse: assegnazione di una vice presidenza nella giunta esecutiva;
amplificazione in sede Confcommercio della portata dell'azione
dell'ALCE; acquisizione di un ruolo nell'ambito delle materie
marittimo-portuali compresa l'adozione d'iniziative autonome;
possibilità di realizzare un raggrupamento di associazioni
d'imprese che rappresentano le merci in ambito portuale; mantenimento
di autonomia, funzioni e servizi propri dell'ALCE;
- nuovo contratto di lavoro, adottando
quello nazionale del commercio;
- inizio della trattative con l'ASCOM
di Imperia per fornire servizi in materia di commercio estero;
- collaborazione con Camera di Commercio,
Comutenti ed Assagenti a formare la Camera del Mare;
- Commissione Mista Utenti e Operatori
Portuali e Pubblica Amministrazione sulle Dogane;
- coordinamento con CELIG per attività
promozionali del commercio estero;
- definizione del sito Internet;
Fra le attività che ci attendono,
è necessaria un'azione più penetrante di promozione
e marketing a favore dell'Associazione, per la divulgazione di
una nicchia economica com'è quella delle PMI.
Introdotto il sito ALCE nel 2000, bisogna
intensificarne l'uso e renderlo più vivo diffondendo servizi
di informazione (bollettino, quotazioni, borse merci ecc.) e aggiungendovi
link con altri siti per poter fornire valore aggiunto alle Aziende
associate. Il sito va adeguato ai reali scopi e opportunità
che ne possono derivare, uniformandosi agli standard di portali
in circolazione.
- COLLABORAZIONE CON ALTRI ENTI TERRITORIALI
L'ASCOM, di cui ora siamo parte attiva,
è un veicolo ideale per avere maggiore voce in capitolo
e anche una certa rappresentatività in determinati ambienti
dove vengono prese decisioni importanti.
Dal suo canto, l'ALCE ha l'opportunità
di portare all'ASCOM un maggiore know how sulle tematiche
internazionali.
Andrebbe approfondito il progetto d'internazionalizzazione
delle imprese liguri in maniera da utilizzare, senza dispersione,
i fondi disponibili. Continuiamo a soffrire l'esistenza di un
numero eccessivo di Enti dediti a curare l'attività di
promozione del commercio con l'estero.
Si registrano parecchie iniziative unilaterali
delle varie Camere di Commercio, non coordinate fra loro.
Il CELIG è in uno stato inerte, confermandosi
finora organismo largamente improduttivo che agisce da battitore
libero.
Nei rapporti con altri enti omologhi, come
il WTC, si auspica un riavvicinamento nei ruoli.
- CONCLUSIONI DEL PRESIDENTE
Dopo una Relazione così folta di
argomenti, cercherò di essere breve.
Come già più volte menzionato,
questa Assemblea coincide con il traguardo finalmente raggiunto,
dopo anni di negoziazioni, di accorpamento di ALCE nella grande
famiglia ASCOM.
Questo passo storico permetterà alla
nostra Associazione di percorrere la strada dello sviluppo verso
una maggiore presenza nelle altre Province Liguri e nelle altre
Province confinanti con la nostra Regione.
Sono sicuro che l'evoluzione della nostra
Associazione non passerà solamente tramite l'ASCOM ma,
viste le indubbie professionalità dei propri Iscritti e
della struttura dell'ALCE, sarà possibile crescere anche
attraverso sperate collaborazioni con altri Enti e/o Istituzioni
Liguri che si occupano di promozione del Commercio Estero in Liguria;
in anni dove si cerca di accorpare, completare fusioni fra gruppi
in vari settori per ridurre i costi e migliorare i prodotti e
servizi, perché l'ALCE non dovrebbe rappresentare il solo
o uno degli Organi Istituzionalmente riconosciuti per promuovere
il Commercio Estero per le Aziende Liguri?
Pensiamoci e parliamone. . . . . . .
Termino il mio mandato di Presidente dopo
due anni di soddisfazioni per essere riuscito, insieme alla Giunta
e al Consiglio, a raggiungere gli obiettivi prefissati due anni
fa.
Ringrazio personalmente i Soci ed in particolare
gli Amici Abbo, Calvini ed il compianto Piero Teglio per i preziosi
consigli nel gestire saggiamente l'Associazione.
Ringrazio anche le dipendenti che mi hanno
pazientemente sopportato e "supportato" in questi due
lunghi anni di lavoro.
Sono sicuro che chi mi succederà,
svilupperà l'Associazione in una grande realtà Ligure,
potendo disporre di un grande potenziale di mercato, di veri collaboratori/amici
e della floridità economica dell'ALCE.