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28. Mai 2023 - Jahr XXVII
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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERSJAHR XVI - Anzahl 5/98 - MAI 1998

Legislazione

La sicurezza nel settore marittimo: l'opinione dell'IMO

Quest'anno l'IMO (Organizzazione marittima Internazionale) festeggia il proprio 50° anniversario. Essa è cresciuta fino a comprendere 155 Stati membri e 2 membri associati. A partire dal 1° luglio di quest'anno, il Codice ISM (Gestione Sicurezza Internazionale) diventerà obbligatorio. Il Codice ISM obbliga gli armatori a fornire prove documentali, rilasciate dal Governo, del fatto che essi - ai sensi del Codice - soddisfano i requisiti standard dell'IMO sulla sicurezza.

La rivista ICHCA News & Cargo Today ha intervistato William A. O'Neill, segretario generale dell'IMO dal 1990. In precedenza O'Neill era stato presidente e dirigente esecutivo in capo dell'Autorità dell'Idrovia di St. Lawrence, in Canada, direttore della Canarctic Shipping Company, presidente della Seaway International Bridge Corporation e commissario del Dipartimento Federale dei Trasporti del Canada. Attualmente egli è cancelliere dell'Università Marittima Mondiale, presidente del consiglio di amministrazione dell'Istituto Internazionale di Diritto Marittimo e membro del consiglio dell'International Maritime Bureau.

D: Che cosa accadrà agli armatori che, a partire dal prossimo mese di luglio, non avranno ottenuto la certificazione ai sensi del Codice ISM?

"Dovranno spostare le proprie navi al di fuori delle zone in cui vi è un controllo statale dei porti, laddove possano non impegnarsi in movimentazioni internazionali di questo tipo, che sono tutelate dalle clausole della convenzione SOLAS; altrimenti, saranno loro negati i carichi. In alcuni casi essi dovranno scegliere se vale la pena di fare qualcosa per rispettare il codice ovvero tenere la nave fuori servizio.

So che alcuni armatori si stanno attrezzando per fare proprio così. Ma la stragrande maggioranza delle navi che devono adeguarsi entro luglio, lo faranno. Sono convinto che si tratti di più dell'80%".

D: L'IMO divulgherà particolari in ordine alle compagnie che non verranno accreditate?

"No, non lo faremo. Questo compete agli Stati cui appartiene la bandiera. Se vorranno divulgare tali notizie, saranno fatti loro. Ma ora noi possiamo contare sul P&I Clubs e sul settore assicurativo che lo supporta che negano la copertura assicurativa in assenza di un certificato ISM.

Paesi come gli Stati Uniti hanno dichiarato che, in mancanza di certificazione ISM, potrebbe essere vietato l'ingresso al porto. Altri hanno detto che faranno sì entrare le navi, ma non le faranno più tornare. In tal modo, può dirsi che circa questo argomento al di là delle parole sarà la prassi a contare".

D: A proposito dei Paesi stessi, che cosa accadrà se qualcuno dichiarerà a parole l'adesione al codice ma poi non lo metterà in pratica?

"Prima di tutto, anche loro aderiscono alla convenzione SOLAS e pertanto rientrano nel raggio d'azione della convenzione. Lo Stato di bandiera è responsabile della sicurezza delle navi che battono la sua bandiera. E questo è il motivo per cui non coinvolgiamo direttamente gli armatori stessi; non è compito nostro provvedere in merito.

Non sto dicendo che non sarebbe una buona idea, ma non è ruolo che attualmente possiamo svolgere ai sensi della normativa in materia".

D: Esiste un certo numero di codici relativi a carichi quali rinfuse secche, legname, cereali e così via. Secondo lei si avverte l'esigenza di ulteriori codici, ad esempio un codice per il Ro-Ro?

"Questi codici sono sorti perché al riguardo è insorto un problema, come ad esempio è accaduto con i cereali per i quali sono stati sviluppati degli standard. Altri problemi si sono verificati con i minerali grezzi, con i carichi di legname eccetera. Non mi è mai capitato di sentir parlare della necessità di un codice per il Ro-Ro, o almeno non è mai stato portato alla mia attenzione. Ma questo non significa che non possa esistere qualcuno che pensa che esso sia necessario".

D: Ma se venisse accertato che ci vuole un nuovo codice, l'IMO lo prenderebbe in considerazione?

"Certamente. Se vi fosse bisogno di qualcos'altro, verrebbe approntato un nuovo codice o comunque qualcosa al fine di provvedervi. L'attività relativa ai contenitori ed i cambiamenti in essere nel settore potrebbero richiedere l'istituzione di codici che consentano di dire, poniamo, "questo è ciò che faremo, e quest'altro è ciò che potete fare". Sono cose che dipendono dalla domanda, a seconda delle caratteristiche dell'attività coinvolta".

D: Solo il codice dei cereali può entrare direttamente in vigore. Potrebbe essere lo stesso anche per gli altri codici?

"Il nostro ruolo, prima di tutto, è quello di determinare se esiste un problema. Se ce n'è uno, allora dobbiamo accertare come fare per porvi rimedio, domandandoci se siamo in grado di sviluppare uno standard od almeno una guida.

Frequentemente approntiamo e divulghiamo un manuale che possa servire da guida pratica in merito. Poi, dopo un po' di esperienza con la guida, la gente richiede che essa sia maggiormente particolareggiata; allora noi la formalizziamo ulteriormente, di modo che essa diventa un codice. Successivamente, il codice può essere facoltativo o diventare obbligatorio. Prendiamo ad esempio lo IMDG (Codice Internazionale Marittimo sulle Merci Pericolose): non è obbligatorio. E' questo il modo in cui il sistema evolve.

E, naturalmente, la domanda a questo punto è: una volta divenuto obbligatorio il codice, come fare per farlo entrare concretamente in vigore? Questo, di solito, sta all'equipaggio della nave ed ai portuali dello Stato che l'ha adottato".

D: La Sottocommissione Interfaccia Nave-Porto è una sua iniziativa personale. Quali prevede che saranno il suo futuro ed i successivi sviluppi?

"Dobbiamo considerare perché abbiamo deciso di occuparci di questo settore. Ci siamo concentrati per lungo tempo sulle problematiche marittime del porto e non sugli accordi che regolano l'interfaccia porto-nave. Oltretutto, in questo campo non eravamo proprio i benvenuti. Ma in quel momento abbiamo capito che proprio là c'erano problemi relativi alla sicurezza delle navi in mare, derivanti da ciò che avveniva in porto. Cosicché, abbiamo dovuto occuparci del funzionamento dei porti in maniera molto più approfondita rispetto al passato. Sono state trattate cose quali i piani di carico e scarico, la velocità di carico ed i carichi alla rinfusa. Ho pensato fosse opportuno istituire un gruppo di lavoro che si occupasse di queste cose.

Ero preoccupato riguardo ai vettori di rinfuse ed al fatto che essi caricavano a ritmi convenienti per le autorità portuali ma non necessariamente ottimali per la nave dal punto di vista dei danni alle strutture, allo scopo di provvedere alle modifiche necessarie ad assicurare che non si abusi della nave.

In questo momento, invece, ci occupiamo di questioni quali il fissaggio dei contenitori a bordo. Vi sono problemi che stanno insorgendo poiché da qualche parte vengono movimentati due containers alla volta. L'intero sistema, in realtà, si basa sullo spostamento di un contenitore alla volta. Ora invece ci si avvia sempre di più alla movimentazione plurima. Di modo che, in questo momento, particolare attenzione dev'essere prestata al fissaggio di più contenitori insieme".

D: L'IMO ha in programma di approfondire ulteriormente il proprio impegno in ordine alle attività a terra?

"Sì, penso che saremo costretti a farlo. Dobbiamo distinguere tra chi ha la responsabilità nell'ambito dell'intero settore. Stiamo cercando di far sì che l'intera operazione venga condotta in sicurezza, anche se non vorremmo finire ad occuparci della salute e della sicurezza degli stivatori sottobordo: quella non è materia di nostra competenza. Ma non capisco come possiamo occuparci del lato-nave senza andare più in là di quanto non facciamo ora. Peraltro, allo stesso tempo non abbiamo alcuna intenzione di intrometterci nell'intero processo di gestione del porto. Al momento attuale, non è nostro compito".

D: Che cosa può fare l'IMO per far sì che le merci pericolose vengano imballate in sicurezza?

"Da un po' di tempo possiamo disporre del nostro codice sulle merci pericolose (lo IMDG). Siamo stati tra i primi ad accorgerci che la movimentazione delle merci pericolose in contenitori ed imballaggi diversi sulle navi non era la stessa in ogni luogo. Di modo che abbiamo sviluppato un codice per uso marittimo che ora è stato applicato anche all'autotrasporto e così via.

Siamo ben consapevoli di come i porti immagazzinino le merci pericolose, di come le movimentino e di come le mettano sulle navi. A quel livello, vi è una connessione diretta tra ciò che si richiede dal lato-nave e ciò che si richiede dal lato-banchina. Il codice IMDG è quindi in pratica la Bibbia per la movimentazione di questi prodotti.

Ma come educare la persona che imballa merci pericolose a farlo in modo sicuro? Non c'è molta gente implicata nell'attività di imballaggio delle merci pericolose che vanno per mare che non sa dell'esistenza del codice IMDG. Quest'ultimo è stato il nostro best-seller. Esso, inoltre, viene rivisto grosso modo ogni anno sulla base delle novità in termini di prodotti, esigenze eccetera".

D: A causa della pressione commerciale e delle innovazioni tecniche, le navi vengono lavorate sempre più in fretta. Si tratta di un problema per la sicurezza?

"Certamente, poiché le portacontenitori stanno diventando sempre più grosse. Se si hanno 6.000 TEU su una nave e questi devono essere movimentati esattamente nello stesso tempo in cui lo venivano a bordo di una nave da 4.000 TEU, allora bisogna fare qualcosa per adeguarsi. Ma bisogna farlo con la mente rivolta alla sicurezza. Non è sensato cercare di ottenere un tempo di lavorazione/nave più rapido se in tal modo si fanno cadere i contenitori e si danneggia la nave.

Sono stato in porti che sono in fase di sviluppo e tra le cose più importanti che hanno vi sono buoni programmi di addestramento. In tal modo, gli operatori delle gru a cavalletto, quelli delle gru a forca, insomma tutti quanti, sanno quello che stanno facendo. D'altronde non si può prendere uno a caso, metterlo in cabina e dirgli "oh beh, in qualche modo afferra quella cosa e spostala là sopra". In primo luogo, il costo dell'equipaggiamento è alto. Perciò, essi non lo mettono nelle mani di gente inesperta ed i gruisti stessi, a loro volta, conoscono i propri limiti e quello che possono o non possono fare.

Adesso loro parlano di pacchetti di carico contenitori (movimentazioni multiple) invece di uno alla volta. Ciò è in parte dovuto alla già accennata esigenza di venire incontro alla domanda di movimentazioni accelerate. E, data l'informatizzazione dell'intero sistema relativo alla distribuzione dei contenitori, le operazioni avvengono con poca gente intorno. La messa a punto del piano inerente a cosa si preparano a fare con tutti quei 6.000 contenitori può avvenire solo mediante sistemazioni computerizzate. Ciò sta a significare che tutto quanto viene movimentato più in fretta".

D: Data la pressione commerciale sugli armatori, quale ritiene sia l'importanza delle questioni sicurezza ed ambiente?

"Il successo commerciale è importante, ma non si può conseguirlo a spese della sicurezza. La sicurezza deve stare in cima ai pensieri. Al momento, ciò non costituisce un vero problema con le nuove navi, dal momento che la gente farà nel modo giusto qualsiasi cosa sia richiesta su una nave nuova. Il problema, per lo più, si pone con le navi già esistenti, che qualcuno aveva costruito sulla base degli standard di allora, aspettandosi che conservassero quella configurazione per tutto il resto del loro periodo di utilizzazione. La difficoltà sta nel fatto che oggi le navi rimangono in servizio più a lungo di quanto non avvenisse un tempo.

Noi lavoriamo partendo dal presupposto che le cose proposte dall'IMO debbano essere ragionevoli. C'è voluto qualche tempo, per me, prima di riuscire ad ottenere la fiducia del settore marittimo. Mi sono concentrato sul settore marittimo ed ho cercato di rassicurare in primo luogo gli armatori circa il fatto che noi non siamo degli irresponsabili. Quando decidiamo di occuparci di qualcosa che è già passato attraverso un processo collettivo di razionalizzazione, è chiaro che non ce ne saremmo occupati se quella questione non avesse costituito un problema. E se non ce ne occupiamo, significa che qualcun altro sta provvedendo al riguardo. Quel qualcun altro, d'altronde, il più delle volte è molto più rigido di quanto non siamo noi dell'IMO".

D: Alla luce della recente inchiesta del Derbyshire, qual è stata la posizione dell'IMO rispetto ai vettori di rinfuse?

"Abbiamo ricevuto la proposta di fare determinate cose da parte della società di classificazione IACS (Associazione Internazionale delle Società di Classificazione). In particolar modo, provvedere al rinforzo della prua della nave, poiché esiste la consapevolezza che uno dei problemi primari è rappresentato dall'acqua che entra anteriormente, dalla paratia che si rompe e dall'acqua che quindi riempie l'intera nave. E questo è stato fatto: abbiamo modificato la convenzione SOLAS (Convenzione Internazionale per la Sicurezza della Vita in Mare) al fine di rendere obbligatori i nuovi requisiti".

D: Riesce ad immaginare il momento in cui non esisteranno più cose come le navi sotto-standard?

"Veramente no, ma ci stiamo lavorando. Qualcuno paga ogni volta che viene utilizzata una nave sotto-standard e questa comporta dei problemi. Si tratta di un fatto comune nella vita commerciale. Quello che stiamo cercando di fare nel caso delle portarinfuse - mi aveva particolarmente colpito la perdita di alcuni marinai - è stata una delle prime questioni che ho affrontato quando sono arrivato.

Nel 1991 ho portato in assemblea una risoluzione al riguardo; si trattava della prima volta che un segretario generale traduceva un problema in risoluzione. Era piuttosto lunga ma identificava tutti i settori che necessitavano di attenzioni. Ed è stata approvata".

D: Lei ha parlato dello sviluppo di un archivio internazionale dei dati relativi alle perdite di vite umane, gestito dall'IMO, al fine di raccogliere informazioni che potrebbero essere utilizzate per analizzare le cause degli incidenti. Come procede l'attuazione di quell'idea?

"Il nostro problema è che non avevamo iniziato ad occuparcene, ma in quel momento non disponevamo di fondi; è davvero solo una questione di denaro. Vi è una gran massa di informazioni che circolano attorno a questo argomento, ma si tratta di informazioni disordinate. L'idea che avevamo era quella di mettere insieme tutto ciò ed avere qualcuno in seno all'IMO che provvedesse al riguardo. Noi potremmo selezionare e gestire i dati e quindi distribuirli a chiunque li desideri. Penso che il modo giusto di trattare la questione sia quello di tentare di dimostrare i vantaggi derivanti dal poter disporre di un punto centrale, dotato dell'autorità dell'IMO, che non si dedicherebbe a quella attività per fini di lucro".

D: L'arte marinaresca è obsoleta?

"Noi pensiamo che l'addestramento dei naviganti sia estremamente importante. Non condivido l'idea che essi siano solo dei lavoratori sull'acqua. Essi, infatti, devono possedere in più le cognizioni atte a metterli in grado di far navigare la nave correttamente, ad assicurare una corretta gestione, a far sì che i motori funzionino bene: tutto ciò richiede esperienza. Può darsi che le cognizioni richieste adesso siano diverse da quelle di qualche anno fa; in ogni caso, alcune di loro sono più complesse di quelle precedentemente richieste".

D: Cosa può fare l'IMO per ottenere che gli equipaggi siano correttamente addestrati?

"Abbiamo lo STCW (Convenzione Internazionale sugli Standard di Addestramento Certificazione per i Naviganti) messo a punto nel 1976 e migliorato un paio d'anni fa... Per la prima volta abbiamo l'autorità di compiere indagini sulla competenza degli enti che provvedono all'addestramento in tutti i Paesi. In questo momento siamo in procinto di ricevere i particolari relativi alla loro capacità di addestrare il personale correttamente a livelli diversi. Essi dovrebbero sottoporceli entro agosto di quest'anno. Successivamente, dovremo procedere alle correzioni e decidere cosa va bene e cosa no. Nel caso i loro programmi dovessero essere giudicati adeguati, allora i loro certificati verrebbero accettati da tutti i Paesi del mondo.

Stiamo cercando in particolare di assistere alcuni Paesi in via di sviluppo che stanno allestendo ex novo la propria struttura marittima, di modo che possano avere sufficienti garanzie in ordine alla effettiva realizzazione dei loro programmi".

D: Che ruolo svolgono nell'ambito dell'IMO gli NGO e l'ICHCA?

"Penso che gli NGO siano essenziali per le attività dell'IMO. Però, potendo disporre solamente dell'autorità e dell'influenza dei governi - dato che i governi tramite gli Stati fanno parte dell'IMO - potremmo anche non riuscire a fare le cose di cui si avverte la necessità. E' per questo che è importante avere a disposizione le conoscenze di organizzazione come l'ICHCA che giorno per giorno apportano all'IMO la propria esperienza. Esse possono far sì che i vari puristi capiscano esattamente in che cosa consistano le operazioni quotidiane e che certe cose debbono funzionare in un certo modo piuttosto che secondo le teorie o le soluzioni accademiche, le quali comportano problemi che un navigante potrebbe non capire".

D: Che cosa la rende maggiormente orgoglioso dei suoi otto anni come segretario generale?

"Ritengo che ci siamo messi nel posto in cui la gente vuole che l'IMO sia. Un tempo voleva che l'IMO sparisse. E la gente ora sembra aver accettato l'idea che il settore marittimo non può basarsi sull'autoregolamentazione.

Pertanto, se il settore può contare su di noi sapendo chi fa le cose e che le cose che diremo verranno applicate alla concorrenza, ecco che avremo ottenuto proprio quello che il settore cercava. Ritengo che l'IMO riscuota la fiducia del settore e che i governi confidino che stiamo andando nella direzione giusta; faremo del nostro meglio per far concordare tutto ciò.

Si tratta di un settore talmente frammentato che talvolta la gente non riesce a considerarlo nel suo complesso. E ciò è proprio quello che sto tentando di fare e ritengo, almeno in parte, di esservi riuscito".
(da: ICHCA News and Cargo Today, aprile/maggio 1998)

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