Il Nuovo
Piano Generale dei Trasporti
CAPITOLO 6 IL TRASPORTO
LOCALE
Le competenze in materia di programmazione,
amministrazione, finanziamento dei servizi di trasporto locale sono state trasferite alle
Regioni e agli Enti locali. Ma il risanamento e lo sviluppo saranno possibili soltanto con
l'impegno coordinato dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali. Alle Regioni e agli
Enti locali spetta la predisposizione delle strategie e la loro attuazione in termini di
efficienza economica; allo Stato il compito di creare le condizioni normative generali e
di assicurare gli incentivi finanziari allo sviluppo.
In particolare l'azione dello Stato riveste
ancora un ruolo di rilievo per i seguenti motivi:
il decentramento territoriale costituisce
il punto di partenza, e non già il punto di arrivo di una riforma che ha già evidenziato
ai suoi primi passi delle criticità;
i piani regionali dei trasporti - che
costituiscono il cardine della riforma - non possono che essere predisposti in maniera
coordinata con il PGT (e viceversa);
la grave crisi del trasporto urbano e
metropolitano non può essere affrontata senza il determinante sostegno finanziario dello
Stato.
6.1 L'attuazione della riforma del
trasporto locale
La riforma, trasferendo le competenze alle
Regioni, stabilisce il principio della separazione tra le funzioni di programmazione
regolazione e controllo - che spettano alle Amministrazioni - e le funzioni di gestione -
che spettano alle imprese. Per quanto riguarda le funzioni amministrative i punti critici
sono i seguenti:
la legge ha introdotto il principio di
servizi minimi "qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la
domanda di mobilità dei cittadini e i cui costi sono a carico del bilancio delle
Regioni". In molti casi la rete dei servizi minimi è stata identificata con la rete
attuale, ben lungi dall'ottimale. Appare pertanto opportuno che le Regioni nel rispetto
della loro competenza istituzionale ma avvertendo l'esigenza di un autonomo coordinamento,
determinino tale rete basandosi su parametri oggettivi di natura socio economica e
territoriale, correlati alla domanda potenziale di trasporto;
mancano nelle Amministrazioni locali le
professionalità per la gestione delle nuove competenze: predisposizioni dei piani di
trasporto regionali, dei programmi triennali dei servizi di trasporto locale (fino ad oggi
preparati direttamente dalle aziende), svolgimento di gare per l'affidamento della
gestione dei servizi, la stipula dei contratti, il monitoraggio sull'andamento dei servizi
stessi e sul rispetto dei contratti. Senza uno sforzo adeguato di sviluppo professionale
la riforma rischia di essere vanificata. Nel PGT si definirà d'intesa con le Regioni un
apposito piano di formazione;
i punti critici delle funzioni gestionali
sono riconducibili al fatto che il trasporto locale è sempre stato caratterizzato da
aziende assistite, operanti con concessioni di fatto senza termine.
La riforma del settore ha introdotto il
principio del mercato nella forma di concorrenza per accedere al mercato (e non della
concorrenza sul mercato). A tal fine occorre ribadire che i servizi devono essere gestiti
esclusivamente da società scelte attraverso procedure concorsuali.
6.2 La pianificazione regionale dei
trasporti
Fino ad oggi l'efficacia dei Piani
Regionali dei Trasporti (PRT) è stata assai limitata per due ragioni. Innanzitutto
perché sono stati intesi come una sommatoria opere da realizzare spesso avulse da ogni
logica di bilancio. I piani devono invece rappresentare un vero "progetto di
sistema" nel quali si parte dai bisogni di mobilità di viaggiatori e merci per
arrivare alla definizione dei servizi integrati di trasporto e soltanto dopo -
all'integrazione modale delle nuove infrastrutture necessarie. Piano dei servizi e piano
delle opere devono naturalmente tenere conto dei vincoli di bilancio.
La seconda ragione deriva dal fatto che i
PRT hanno proposto investimenti su reti di opere di competenza di altre Amministrazioni o
Enti (strade, autostrade, ferrovie ecc.) che già avevano per loro conto una propria
programmazione di spesa.
Occorre quindi il massimo coordinamento tra
programmazione nazionale e regionale. Non si può prescindere dalla ripartizione delle
competenze stabilita nei provvedimenti di decentramento amministrativo per cui
all'Amministrazione centrale spetta la programmazione, progettazione, esecuzione e
manutenzione di grandi reti infrastrutturali; e alle Regioni sono state delegate funzioni
di programmazione dei servizi pubblici di trasporto, nel rispetto di appositi accordi di
programma. Allo Stato spetta inoltre l'adozione di linee guida:
per promuovere in particolare la riduzione
dell'inquinamento, la sicurezza, con l'adozione di normative su larga scala e la
promozione di interventi multisettoriali e su grandi infrastrutture;
per garantire il coordinamento della
programmazione delle Regioni e delle Province autonome con quella dello Stato.
La determinazione di procedure e strumenti
di raccordo tra livelli istituzionali diversi è dunque un problema aperto. La coerenza
delle iniziative passa sia attraverso una visione integrata delle diverse modalità di
trasporto e delle dinamiche socio - economiche, sia attraverso l'uniformità metodologica
grazie all'uso di tecniche standardizzate che garantiscano la compatibilità tra indirizzi
nazionali e scelte locali.
Il PGT rappresenterà il naturale alveo nel
quale i Piani di trasporto regionali troveranno compatibilità e integrazione in termini
di metodologie, tecniche e criteri di aggiornamento del patrimonio informativo mutuamente
scambiabile tra i diversi attori istituzionali. In particolare al PGT spetterà il compito
di:
predisporre una serie di obiettivi di medio
lungo periodo a cornice e supporto delle scelte dei prossimi anni;
determinare una serie di indicatori che
consenta di valutare la compatibilità di ogni intervento con gli obiettivi del Piano.
Invece i Piani regionali - nella più ampia
autonomia di definizione delle strategie di sviluppo locale - dovranno rapportarsi con gli
obiettivi generali di politica dei trasporti stabiliti dal PGT e privilegiare
nell'utilizzo delle risorse le scelte più coerenti con quegli obiettivi.
La coerenza delle scelte locali rispetto a
quelle nazionali può comunque essere assicurata soltanto a condizione che i Piani
regionali si basino su dati provenienti da fonti controllate ed omogenee e acquisiti
utilizzando metodologie standardizzate; e che l'interpretazione delle varie realtà e la
costruzione degli scenari di intervento - nonché la loro successiva valutazione in
rapporto al PGT - avvengano con metodologie uniformi rispetto a quelle utilizzate sia in
altre e Regioni, sia, a scala di analisi diversa, a livello nazionale.
Si impone quindi la predisposizione,
parallelamente al PGT, di un progetto di supporto alle scelte locali. La coerenza
pianificatoria dei diversi livelli istituzionali rappresenta un preciso e imprescindibile
obiettivo strategico nazionale.
6.3 Strategia di intervento nelle aree urbane
Il problema della mobilità nelle aree
urbane e metropolitane è una delle principali emergenze del nostro sistema di trasporti,
in termini di congestione, incidentalità e inquinamento atmosferico e acustico.
In Italia gli investimenti nel trasporto
urbano sono stati inferiori a quelli degli altri paesi europei. Investimenti effettuati
oltre tutto al di fuori di una logica di sistema, finanziati con leggi di settore
finalizzate a interventi singoli, decisi e progettati da una molteplicità di soggetti non
sempre nel quadro di un disegno organico. A ciò si aggiunga infine che i finanziamenti
sono stati spesso assegnati a semplici idee e non a progetti adeguati, con la conseguenza
di tempi lunghissimi fino alla realizzazione dell'opera.
Tutto ciò ha contribuito all'enorme
sviluppo nell'uso del mezzo di trasporto individuale, anche nelle zone centrali delle
città dove l'automobile è chiaramente incompatibile con il contesto urbanistico -
ambientale.
L'intervento di potenziamento dei sistemi
di trasporto urbano e metropolitano deve porsi come obiettivi:
il risanamento ambientale;
la sicurezza del trasporto;
la qualità del servizio;
il risanamento economico delle aziende di
trasporto.
Occorrono "progetti di sistema",
ovvero Piani Urbani della Mobilità, fondati su un insieme di investimenti e di
innovazioni organizzative gestionali da attuarsi in un definito arco temporale. Il
trasporto va quindi considerato nella sua globalità: servizi collettivi e mobilità
individuale, infrastrutture, gestione, regolamenti.
Il progetto deve insomma puntare a
realizzare un sistema che metta le amministrazioni locali in condizioni di gestire la
mobilità. L'intervento deve articolarsi su due fronti.
Il primo è quello del potenziamento
dell'offerta, che non può prescindere dalla realizzazione di nuove opere progettate nella
logica di una rete integrata di trasporto che utilizzi le diverse modalità ciascuna nel
proprio campo di validità tecnico economica e di compatibilità ambientale. Senza
soluzioni predeterminate (auto, metro ecc.), le risorse vanno allocate sulle modalità che
presentano i minori costi per la collettività. Un ruolo adeguato va assegnato ai sistemi
di controllo del traffico e di informazione all'utenza, che possono contribuire ad
aumentare significativamente capacità di trasporto e affidabilità.
Il secondo fronte è la regolazione della
domanda, che va concepita e progettata congiuntamente alla crescita dell'offerta. Appare
preferibile la "tariffazione di efficienza", cioè l'imposizione di prezzi per
l'uso dello spazio urbano, collegati alla congestione e all'inquinamento. L'imposizione di
tariffe di questo tipo può contribuire al finanziamento del piano.
Il progetto di sistema deve dedicare
particolare attenzione alla distribuzione urbana delle merci e alla mobilità su due
ruote. In entrambi i campi devono essere definiti gli interventi di sostegno e
regolazione.
La sua efficacia ai fini del raggiungimento
degli obiettivi posti, in particolare di quelli ambientali, diventa massima se
accompagnata da due condizioni da attuare a livello centrale:
la revisione delle norme fiscali sull'auto
in maniera che l'onere cresca con l'uso; e spostando quest'ultimo dalle modalità di
prelievo indifferenziato (imposta sul carburante) a quelle per scopo (tariffazione della
sosta ecc.);
la definizione dei valori limite delle
emissioni inquinanti dei veicoli, sia automobili che di trasporto pubblico, e il divieto
rigoroso di circolazione in città per i mezzi che non li rispettano, secondo un programma
temporale preciso.
6.4 Le valutazioni finanziarie
Poiché la realizzazione di un sistema
integrato dei trasporti genera notevoli costi di investimento e di gestione dei servizi di
trasporto collettivo, ciascun piano di interventi deve essere corredato da un piano
finanziario che definisca i costi e indichi la copertura che dovrà in linea di massima
avvenire mediante:
una nuova politica dei prezzi del trasporto
collettivo, basata sulla integrazione tariffaria e su prezzi più elevati degli attuali e
commisurati all'aumento della qualità dei servizi;
nuovi introiti derivanti dalla politica di
regolazione della domanda;
sovvenzioni locali alle gestioni;
il concorso di privati alla realizzazione
degli investimenti;
il contributo dello Stato agli investimenti
(fissato per le metropolitane a non oltre il 60% del costo di realizzazione).
6.5 Una nuova legge di finanziamento
Uno sforzo per dare attuazione al piano di
investimenti in questione sicuramente superiore alle attuali disponibilità di
risorse - esige una nuova legge che definisca i contenuti dell'intervento e le modalità
di accesso ai finanziamenti statali. Dovrebbe interessare le 13 aree metropolitane, i
Comuni con almeno 100 mila abitanti e anche le città più piccole di particolare
interesse storico, culturale, turistico.
I Piani Urbani della Mobilità (PUM) non
sostituiscono ma comprendono i Piani Urbani del Traffico (PUT), che continuano a
costituire lo strumento operativo attraverso il quale determinare gli interventi di
breve-medio periodo (e quindi non infrastrutturali) di regolazione della domanda e di
riorganizzazione dellofferta.
Il meccanismo operativo della nuova legge
dovrebbe essere cos' articolato:
le realtà urbane e metropolitane
predispongono il piano e presentano la richiesta di finanziamento. Per le città fino a
100.000 abitanti e quelle minori il soggetto attore in questione è il Comune, mentre per
le grandi aree metropolitane, dove larea di intervento del piano riguarda una
molteplicità di Comuni contermini, le possibili soluzioni vanno dalla intesa di programma
tra i Comuni dellarea metropolitana alla costituzione di una apposita agenzia
sovracomunale. Dovrebbe essere lasciata agli Enti locali la facoltà di adottare la
soluzione più confacente con le realtà locali;
nel piano sono definiti in termini di
quantità gli obiettivi sotto il profilo ambientale, della qualità del servizio,
dell'efficienza economica; ed è delineata sia la strategia di breve - medio periodo
(regolazione della domanda, nuove tecnologie di controllo del traffico, ammodernamento e
potenziamento del parco veicoli, assetto gestionale ecc.) sia gli interventi di più lungo
periodo (reti integrate di trasporto). Come un tutt'uno non scindibile, devono essere
indicati gli interventi sulla rete stradale e sul traffico individuale, sul trasporto
collettivo e sulle strutture di integrazione e interscambio tra le diverse modalità di
trasporto;
nel piano si definisce il programma
temporale di attuazione, indicando le scadenze intermedie e la graduatoria di priorità
degli interventi;
va indicato il piano finanziario
d'attuazione, con l'ammontare del finanziamento chiesto allo Stato e la copertura della
parte restante;
il piano contiene infine il progetto
definitivo degli interventi, in cui si avanza richiesta di finanziamento;
successivamente lo Stato effettua la
valutazione e in caso positivo contribuisce al finanziamento nella misura massima del 60%,
dopo una verifica della congruità della spesa.
Nella logica della sburocratizzazione e del
decentramento lo Stato acquista un nuovo ruolo nel finanziamento dello sviluppo dei
trasporti urbani. Attualmente tale ruolo consiste sia nella erogazione del contributo
finanziario sia nello svolgimento di una lunga e complessa attività di controllo di tutte
le fasi di progettazione e realizzazione del sistema. Questa attività di fatto aumenta
considerevolmente il livello di burocratizzazione degli interventi e quindi i tempi di
realizzazione.
Appare pertanto opportuno modificare in
maniera sostanziale le attuali procedure: ferme restando le competenze sulla sicurezza
(con le relative attività di controllo) andrebbero lasciate al livello locale tutte le
responsabilità sulla progettazione e sulla realizzazione degli interventi, una volta
decisa lopportunità del finanziamento da parte dello Stato.
L'attività degli organi tecnici statali
andrebbe concentrata sul monitoraggio e sulla conoscenza delle varie realtà
internazionali in tema di nuove soluzioni applicative, di innovazioni tecnologiche ecc. e
sulla loro diffusione sistematica presso gli operatori locali cui competono le
responsabilità sui progetti e sulle opere. Si realizzerebbe in sostanza una sorta di
agenzia tecnica che svolga una funzione di servizio, alla stregua di quanto avviene da
anni negli USA e in altri Paesi europei.
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