- ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI SPEDIPORTO
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	Sessione Pubblica
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	- Palazzo San Giorgio - Genova, 28 Marzo
	2012
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	Relazione morale del Consiglio Direttivo
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	- "OBIETTIVO PORTUALITA': DA CHE
	PARTE STARE?"
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	- Signore e Signori, gentili Ospiti ed Autorità,
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	- come ogni anno è con grande piacere che sono a dare il
	benvenuto, a nome del Consiglio Direttivo e dei Soci tutti della
	Spediporto, alla nostra annuale Assemblea ringraziandovi altresì
	per la presenza e numerosa partecipazione.
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	- Dopo la parentesi dello scorso anno, Spediporto torna ad essere
	ospitata in questa meravigliosa sala di Palazzo San Giorgio, che
	ricorda e racconta di un glorioso passato del nostro porto ma anche
	della nostra città, dove le attività mercantili
	dell'uno e la crescita economica dell'altra seguivano una vera
	osmosi progettuale.
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	- Grazie dunque alla presidenza dell'Autorità Portuale per
	averci ospitato.
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	- Dopo la grave crisi che aveva investito l'economia mondiale nel
	biennio 2008-2009 e la ripresa evidenziata nel 2010, la spinta
	propulsiva è andata progressivamente affievolendosi nel corso
	del 2011.
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	- Il contesto di instabilità e di diffusa incertezza, le
	prospettive di rallentamento della crescita economica a livello
	globale impongono dunque di guardare con moderata cautela allo
	sviluppo delle attività e dei traffici portuali
	nell'immediato futuro.
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	- Dopo un buon inizio l'economia mondiale, a partire dal secondo
	trimestre 2011, ha registrato un moderato rallentamento frutto di
	una generalizzata riduzione del ritmo di crescita delle economie
	avanzate.
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	- Quest'ultima infatti, si è mantenuta complessivamente
	forte nei Paesi emergenti, trainata in larga parte dalla domanda
	interna. In Cina ed in India, ad esempio, il PIL ha continuato ad
	aumentare a ritmi sostenuti (rispettivamente del 9,5% e del 7%)
	mentre la crescita è diminuita in misura più
	accentuata in Brasile (3,1% sul periodo precedente) ed in Russia
	(3,4% sul periodo corrispondente).
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	- Nel secondo trimestre del 2011 il PIL dell'area euro è
	aumentato solo dello 0,2% sul periodo precedente, mostrando evidenti
	segni di stagnazione che hanno trovato conferma nei trimestri
	successivi.
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	- Ad incidere pesantemente sono certamente stati due fattori, Il
	primo legato al venir meno del c.d. "effetto rimbalzo"
	ossia dalla ripresa della crescita sostenuta della domanda arretrata
	di consumatori e produttori; il secondo legato alle misure di
	risanamento delle finanze pubbliche di molti Paesi dell'area euro
	tra cui, come noto l'Italia, a cui è andato a sommarsi il non
	trascurabile livello di incertezza derivante dalla crisi del debito
	sovrano in numerosi Paesi dell'area euro.
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			 1  | 
		
			 Secondo i dati recentemente pubblicati
			nella nota congiunturale Confetra (Confederazione Generale
			Italiana dei Trasporti e della Logistica) relativamente al numero
			di spedizioni effettuato da un campione di oltre 200 imprese tra
			le più rappresentative del settore, l'anno 2011 mostra un
			saldo complessivo positivo, sia in termini di volumi che di
			fatturato. I dati relativi al traffico marittimo, sia per quanto
			riguarda i container che le rinfuse, sono positivi: +1,5% per i
			teu e +1,8% per le rinfuse. Per quanto riguarda le spedizioni
			internazionali, nel comparto marittimo il traffico è salito
			del 2,7% ed il fatturato complessivo dell'1,7%.  | 
	 
	
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			 2  | 
		
			 A giocare un ruolo da leone, anche in
			questo caso, è stata la portualità asiatica che
			continua a monopolizzare i primi otto posti della classifica
			mondiale, con una movimentazione complessiva pari a 167 milioni di
			TEU.  | 
	 
 
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	- Per quanto riguarda nello specifico il trasporto container, si
	può osservare come negli ultimi anni il trend di crescita
	globale del settore sia stato, in alcuni casi, sensibilmente
	superiore a quello del PIL arrivando a mostrare come nel settore la
	tendenza alla crescita, sebbene condizionata dai dati
	macroeconomici, abbia manifestato segni di maggiore reattività1.
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	- Ad una tenuta generale del traffico container2, sia a
	livello mondiale che europeo, non ha però corrisposto un
	altrettanto soddisfacente livello di tenuta dei noli e, dunque, di
	redditività del traffico mercantile.
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	- Per quanto riguarda l'andamento di questi ultimi infatti, le
	tendenze generali hanno mostrato un andamento negativo nelle rotte
	tra Asia ed Europa.
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	- Lo Shanghai Shipping Exchange (SSE) ha evidenziato come
	nel primo semestre 2011 vi sia stata una riduzione media dei noli
	del 23% rispetto al medesimo dato del 2008 sulle rotte tra Asia ed
	Europa.
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	- Nello scorso mese di Febbraio il Dry Baltic Index (ovvero
	l'indice dei carichi secchi su cui si stabiliscono i noli) è
	sceso a 600 punti, il crollo più pesante mai avuto in due
	decenni. Tendenza questa che difficilmente muterà nel corso
	del 2012 secondo le stime di Alphaliner.
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	- Interactive Stock Chart for Dry Baltic
	Index - Riferimento Aprile 2011 - Marzo 2012
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	- Tra i dati fino a qui esposti permetteteci di evidenziarne uno,
	a nostro modo di vedere significativo.
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	- Lo sviluppo del traffico contenitori, al netto della crisi dei
	noli e conseguentemente del comparto della logistica, mostra una
	capacità di crescita percentuale superiore ad ogni altro
	settore economico e vede progressivamente aumentare la propria
	rilevanza nella composizione del PIL europeo e nazionale.
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	- Il ruolo della logistica nella crescita del PIL
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			 3  | 
		
			 I dati Eurostat 2010 confermano che la
			logistica rappresenta a livello europeo 500 miliardi di euro (4,6
			del PIL EU27), impiega Ca. 9.2 milioni di persone (4,6% della
			forza lavoro totale presente in Europa) di cui il 63% nel
			trasporto terrestre, il 2% nel trasporto marittimo, il 5% nel
			trasporto aereo e il 30% in attività di supporto come la
			movimentazione merci, lo stoccaggio, i viaggi e i trasporti.  | 
	 
	
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			 4  | 
		
			 IV Rapporto sull'Economia del Mare.  | 
	 
 
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	- In Europa3 si stima infatti che ben il 4,6% del PIL
	sia riconducibile al settore del trasporto e della logistica.
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	- Recenti studi del Censis4 evidenziano come il PIL
	generato dal sistema marittimo nazionale, comprensivo sia della
	componente industriale che terziaria, ammonta annualmente a 39.5
	miliardi di euro, pari al 2,6 % del PIL nazionale a prezzi correnti,
	rilevante anche il contributo dato all'occupazione che registra
	oltre 213.000 unità di lavoro dirette.
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	- Dati questi che confermano come l'economia portuale sia in grado
	di stimolare significativamente la produzione ed occupazione del
	sistema economico nazionale.
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	- Non è un caso infatti che il c.d. "moltiplicatore
	del reddito" del settore portuale sia pari a 2,75. Con ciò
	significando che ogni 1000 euro di nuovi investimenti o di domanda
	aggiuntiva di servizi nel settore, vengono a generarsi 2.757 euro di
	ricchezza per il complesso dell'economia.
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	- Parimenti non è un caso che il c.d. "moltiplicatore
	dell'occupazione" per il settore della logistica sia pari a
	2,03. Con ciò significando che con l'aumento di 1.000 nuovi
	posti di lavoro nel settore se ne attivano 2.032 nel sistema
	economico complessivo.
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	- Il porto e la logistica rappresentano dunque un formidabile
	volano di sviluppo del territorio, un polo funzionale in grado di
	generare ricchezza ed occupazione, catalizzare risorse
	imprenditoriali ed investimenti, stimolare Io sviluppo territoriale.
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	- E non può essere trascurato il gettito fiscale prodotto
	dai traffici marittimi che si attestano nei porti, punti naturali di
	frontiera doganale.
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	- Esaminando i dati del Bilancio dello Stato, alla voce incassi da
	entrate tributarie, si legge che dei 127.774 milioni di euro
	incassati a titolo di IVA, ben 17.305 milioni (vale a dire il 13,5%)
	derivano dagli scambi esteri e mercantili.
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	- Non è un caso dunque che ancora recentemente un Paese
	come l'Olanda, leader in Europa con il Porto di Rotterdam per i
	traffici marittimi, abbia deciso di istituire, su iniziativa del
	Ministero degli Affari Economici, dell'Agricoltura, dell'innovazione
	e delle Infrastrutture il Dinalog (Dutch Institute for Advanced
	Logistics) con lo scopo di rendere, entro il 2020, l'Olanda il
	mercato leader in Europa per il controllo dei flussi di merci che
	passano attraverso uno o più Paesi europei, progetto che,
	secondo il Governo olandese, determinerà una crescita del PIL
	nazionale di 7 miliardi di euro.
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	- E' con tale obiettivo e con la volontà di potersi
	proporre come gateway europeo per le operazioni doganali di
	immissione in libera pratica, anche nei confronti di altri Stati
	membri, che l'Olanda intende offrire la possibilità di
	svolgere le operazioni doganali in modo più snello, con lo
	scopo di consentire un abbattimento dei tempi e dei costi delle
	operazioni di sdoganamento e compensare, in tal modo, i maggiori
	costi di trasporto necessari per il trasferimento delle merci fino
	allo Stato membro di immissione in consumo.
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	- Nella sostanza dunque l'Olanda progetta di diventare, da qui ai
	prossimi otto anni, la porta d'accesso delle merci all'Europa.
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	- Una scelta che, alla luce dei dati fino a qui esposti, non può
	che qualificarsi come lungimirante e vincente.
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	- Ecco allora che viene da chiedersi dove intenda collocarsi, o da
	che parte intenda stare, l'Italia rispetto ad un settore, quello
	della logistica, che i dati alla mano documentano essere l'unico
	comparto economico in crescita ed in grado di generare occupazione
	ed attrarre investimenti dall'estero.
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			 5  | 
		
			 Doing Business 2012 è una
			co-pubblicazione di World Bank e International Finance
			Corporation. Titolo completo "Doing Business in a more
			transparent world". Economy Profile Italy. Lo studio
			valuta le economie di 183 Paesi classificandole in 10 aree di
			applicazione delle normative, come ad esempio, l'avvio di
			un'impresa, la risoluzione di insolvenze ed il commercio
			transfrontaliero. Non solo, i dati del rapporto di quest'anno
			coprono la regolamentazione in materia economica da giugno 2010 a
			maggio 2011 includendo anche indicatori del tutto nuovi come
			quelli relativi al consumo energetico.  | 
	 
 
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	- La domanda è tutt'altro che retorica e le risposte
	tutt'altro che scontate, soprattutto alla luce dei risultati del
	rapporto 2012 del "Doing Business" pubblicato dalla
	World Bank in collaborazione con l'IFC (International
	Finance Corporation)5.
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	- Lo studio della Banca Mondiale, condotto su 183 Paesi, ha
	valutato le economie di questi in 10 aree tematiche tra cui: l'avvio
	di un'impresa, l'accesso al credito, il commercio, la
	regolamentazione economica e la semplificazione normativa. Ebbene al
	primo posto della classifica del "fare business in modo
	facile e trasparente" c'è Singapore, seguito da Hong
	Kong, Cina, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Danimarca primo fra gli
	Stati europei. Per trovare l'Italia bisogna, purtroppo, scivolare
	all'87esimo posto della classifica generica, (l'anno scorso eravamo
	all'83esimo posto), alle spalle di Mongolia, Bahamas, Zambia ed
	Albania.
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			 6  | 
		
			 Vedasi altresì sul punto "Le
			Infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione,
			realizzazione", Banca d'Italia, Aprile 2011 n. 7 pag. 187.  | 
	 
	
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			 7  | 
		
			 Vedasi sempre sul punto "Infrastrutture
			e servizi di trasporto in Italia. Un quadro di problemi" di
			Piero Casadio, Area Ricerca Economica ed Internazionale, Banca
			d'Italia.  | 
	 
 
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	- Non certo più incoraggianti sono i dati e la classifica
	stilata dal World Economic Forum che, sulla base di
	indicatori qualitativi e quantitativi, pone l'Italia6 al
	54esimo posto nel comparto delle infrastrutture su 134 Paesi
	analizzati. In termini di qualità infrastrutturale il nostro
	Paese scenderebbe poi al 73esimo posto, molto lontano da Germania e
	Francia ma anche da Paesi come la Spagna.7
- 
	
 
	- In base al DPEF 2009-2013, nel 2005 l'Italia presentava una
	dotazione infrastrutturale di trasporto pari a circa la metà
	di quella francese e tedesca. Un quadro questo destinato a non
	migliorare se si pensa che, anche alla luce della recente Decisione
	di Finanza Pubblica 2011-2013, viene evidenziato un pesante
	taglio degli investimenti fissi lordi della P.A. nel comparto delle
	infrastrutture che porterà ad una riduzione degli stessi pari
	ad 8 miliardi di euro.
- 
	
 
	- Negli anni futuri poi la necessità di dare seguito ai
	rientri imposti ai debiti sovrani dell'UEM (come nel caso della
	Grecia) faranno sì che gli investimenti per infrastrutture
	potrebbero ulteriormente ridursi, a meno che non si ponga mano ad
	una seria riallocazione della spesa e delle strategie di governance
	del settore.
- 
	
 
	- In questo contesto si colloca dunque la necessità e
	l'urgenza di porre in essere scelte che sostengano il settore della
	logistica.
- 
	
 
	- E' bene però ricordare che aumentare ed accrescere la
	capacità competitiva dell'Italia nel settore non significa
	solo intervenire sulle infrastrutture.
- 
	
 
	 
	- Non solo infrastrutture. Semplificazione normativa e
	programmazione per sostenere lo sviluppo logistico del Paese.
- 
	
 
	- Sono numerosi i settori e le aree di intervento dove è
	necessario chiarire la posizione che l'Italia vuole assumere
	rispetto alla competizione internazionale. Dobbiamo scegliere se
	aggredire il mercato delle merci, come stanno facendo Olanda e
	Germania, oppure se vogliamo vederlo progressivamente sfilare
	davanti ai nostri occhi a vantaggio dei nostri competitors europei.
- 
	
 
	- La strategia italiana nel settore pare infatti essersi
	accontentata di salvare le apparenze lasciando immutata la sostanza.
- 
	
 
	- I recenti interventi governativi in materia di liberalizzazioni
	e semplificazioni non hanno sostanzialmente mutato il quadro
	normativo in cui si trovano a confrontarsi gli operatori del
	settore. Anzi è vero il contrario.
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			 8  | 
		
			 Vedasi sul punto "The ease of
			trading across borders in Italy over time", in Doing
			Business Report Year.  | 
	 
 
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	- Come testimoniato dal Doing Business 2012, a partire dal
	2006 ad oggi in Italia non si sono registrati sostanziali interventi
	di semplificazione delle procedure amministrative e commerciali
	legate all'importazione ed esportazione di merci. Di fatto non vi è
	stato un solo intervento normativo volto ad alleggerire il carico di
	incombenti e dei costi che le aziende del settore devono sostenere.8
- 
	
 
	- Non si capisce dunque il perché mentre altri Paesi
	europei mirino a rendere effettivi interventi di semplificazione
	normativa, in Italia si persegua una politica diametralmente
	opposta.
- 
	
 
	- Solo per citare alcune delle più recenti novelle
	dispositive che hanno ulteriormente aumentato, nell'ambito delle
	spedizioni internazionali, lo "spread" tra la capacità
	competitiva del nostro settore rispetto ai partners europei,
	citiamo:
- 
	
 
                                                                                           
	- la modifica dell'art. 303 deI TULD che introduce sanzioni senza
	pari in Europa per le errate dichiarazioni doganali;
  
	- le importanti e gravose modifiche dell'art. 50 bis del Decreto
	Legge n. 331/1993 che disciplina l'istituto dei Depositi IVA;
  
	- l'introduzione della normativa Black List;
  
	- la normativa sul dimetilfumarato (DMF) che ha aumentato in
	Italia, senza pari in Europa, i costi dei controlli sulle merci in
	importazione;
  
	- la nuova disciplina sulle attività di controllo
	radiometrico dei semilavorati metallici che non trova confronto o
	pari a livello europeo;
  
	- la normativa sulle cessioni intracomunitarie;
  
	- le disposizioni applicative sulla Security e sulla Safety.
  
	
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			 9  | 
		
			 Sul punto leggasi il "Grande Rapace"
			in Capo Horn - Edizione n. 2 deI 2012 dove, tra l'altro, si trova
			commentato come: "la pressione fiscale sull'economia italiana
			è superiore al 60%. Il Total Taxe Rate, ovvero il
			livello di tassazione complessiva sulle imprese, è -
			secondo proiezioni - pari al 68,6%. Come dire che ad una impresa
			resta poco più del 31% di margine per far fronte a costi di
			gestione che sono incommensurabilmente più alti in Italia
			che in ogni altro Paese."  | 
	 
 
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	- Non dimentichiamoci poi dei nefasti effetti introdotti con la
	disciplina dei costi minimi nel settore dell'autotrasporto,
	avvallati anche dal recente Governo, in chissà quale ottica
	di liberalizzazione del mercato, e fortunatamente oggi sotto
	l'attento vaglio dell'Antitrust, né dimentichiamoci che il
	contesto economico in cui si trovano ad operare gli spedizionieri
	internazionali è lo stesso di ogni impresa e pertanto
	caratterizzato da una pressione fiscale che ha sfondato il tetto del
	70%, da sempre maggiori difficoltà ad accedere al credito, da
	tempi di pagamento (soprattutto quando il cliente è lo Stato)
	che sforano i 180 giorni, da un costo del lavoro senza eguali in
	Europa9.
- 
	
 
	- Una breve, ma necessaria, considerazione sulla recente vicenda
	dell'Antitrust. Con sincera convinzione continuiamo a ritenere la
	pronuncia dell'Autorità Garante destituita di ogni fondamento
	giuridico e logico, e conseguentemente, profondamente ingiusta.
- 
	
 
	- Riesce difficile pensare come possa il nostro settore economico,
	già duramente messo alla prova da anni di crisi, ritrovare
	stabilità e dialogo costruttivo, soprattutto tra le
	categorie, se anche il semplice incontrarsi e discutere può
	diventare il presupposto di denunce - magari abilmente costruite
	proprio per preservare ruoli monopolistici ed anticoncorrenziali nei
	confronti della media impresa - seguite da altrettanto assurde
	pronunce che hanno solo lo scopo di fare cassa. In queste condizioni
	è veramente difficile lavorare per la crescita.
- 
	
 
	- La sensazione degli operatori del settore, degli international
	forwarders, è che in Italia manchi la convinzione sulla
	reale importanza dello sviluppo nel settore della logistica e,
	conseguentemente, venga meno un'attività che sappia
	coordinare le scelte nel settore delle infrastrutture con le
	politiche di rilancio del commercio estero, passando attraverso una
	semplificazione normativa ed un chiarimento delle competenze tra
	Stato e territorio, anche a seguito delle modifiche del Titolo V
	della Costituzione, per quanto riguarda il piano delle priorità
	di intervento.
- 
	
 
	- Non si può negare che alcuni tentativi di coordinamento e
	programmazione siano stati condotti negli anni passati.
- 
	
 
	- L'anno scorso lodammo l'importante lavoro che portò alla
	redazione del Piano Nazionale della Logistica: il timore oggi è
	che quel lavoro ed i risultati a cui pervenne non troveranno
	sostanziale applicazione e che anche in questo caso, come nelle
	precedenti edizioni, il Piano rimanga inattuato riducendosi ad un
	puro esercizio teorico.
- 
	
 
	- L'attuale Governo, che certamente fa del suo DNA "tecnico"
	e non politico un motivo di forza, deve avere il coraggio di
	compiere scelte forti, anche nel settore, marittimo e portuale, se
	realmente vuole vedere realizzato quel progetto di rilancio
	dell'economia e dell'occupazione.
- 
	
 
	- Un Governo che abbia assunto consapevolezza dell'importanza del
	settore deve non solo definire un programma chiaro di interventi
	sulle infrastrutture garantendone, a livello di programmazione
	economico finanziaria, la sostenibilità dei costi, ma deve,
	senza indugio, procedere ad una reale semplificazione normativa e
	burocratica.
- 
	
 
	- Prima tappa la riduzione delle Autorità Portuali o un
	loro eventuale accorpamento regionale, ciò allo scopo di
	garantire un allineamento di programmi e di politiche commerciali in
	grado di sfruttare pienamente le caratteristiche dei singoli scali.
- 
	
 
	- Le stesse Autorità Portuali dovrebbero poi essere messe
	nelle condizioni di esercitare un ruolo di indirizzo e coordinamento
	reale tra i diversi soggetti pubblici e privati che operano ed
	intervengono nelle dinamiche operative. Il tutto assistito da
	adeguate capacità di spesa e di gestione funzionale.
- 
	
 
	- Seconda tappa l'accelerazione del progetto dello "Sportello
	Unico" superando le attuali resistenze interne alle
	Amministrazioni e Direzioni Centrali che, in alcuni casi, vedono in
	esso una minaccia alla propria "sovranità"
	decisionale.
- 
	
 
	- Terza tappa un riordino complessivo delle norme che presiedono
	alle procedure di importazione ed esportazione delle merci e perciò
	in grado di incidere sulla nostra capacità di competere a
	livello internazionale, con l'obiettivo di coordinarle in un Testo
	Unico che ne definisca, a livello nazionale, interpretazione, ambito
	di applicazione e sanzioni. Vorremmo che si ponesse fine al
	proliferare di un fenomeno che potremmo definire di "federalismo
	dispositivo di tipo feudale", che rinvia l'interpretazione di
	norme alle singole amministrazioni, direzioni ed uffici periferici
	votati più a preservare competenze e potere discrezionale che
	non a favorire il mercato.
- 
	
 
	- Riforma questa, come la precedente, che può definirsi a
	costo zero per le casse dello Stato. Le riforme esistono, quelle
	vere, ma manca la volontà di perseguirle.
- 
	
 
	- Non tutto può però essere fatto o programmato dal
	centro, anche le amministrazioni territoriali, siano esse uffici
	della Dogana, dei Presidi o delle stesse Autorità Portuali,
	devono provare a fare un salto culturale, orientando il proprio
	operato non solo al perseguimento dei fini dell'amministrazione di
	appartenenza ma anche al più alto scopo dello sviluppo e
	della crescita economica del Paese.
- 
	
 
	 
	- Luci ed ombre nei programmi di sviluppo del Porto.
- 
	
 
	- Analizzando e studiando il Piano Operativo Triennale 2012-2014
	dell'Autorità Portuale di Genova si avverte il peso legato
	all'incognita dei finanziamenti.
- 
	
 
	- La pianificazione di un porto di rilevante interesse
	internazionale deve essere di ampio respiro e contenere al suo
	interno obiettivi di sviluppo anche ambiziosi purché
	realizzabili, ciò anche al fine di garantire la competitività
	del sistema logistico e produttivo nazionale.
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			 10  | 
		
			 European Port Governance 2010.
			Report dell'indagine sulla Governance dei porti marittimi
			europei.  | 
	 
 
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	- Ancora recentemente una ricerca dell'ESPO ha confermato la
	debolezza del sistema portuale italiano causata dalle pesanti
	limitazioni in termini di risorse finanziarie e dalla mancanza di
	una vera e propria autonomia funzionale10.
- 
	
 
	- Le Autorità Portuali devono essere considerate quali
	generatori di reddito per lo Stato e per il sistema economico e non,
	come purtroppo i fatti dimostrano, essere trascurate e sottovalutate
	nella loro rilevanza strategica.
- 
	
 
	- Nel Piano Operativo Triennale 2012-2014 piace trovare conferma
	della forte apertura alla telematica ed ai sistemi dì
	riorganizzazione operativa; piace l'apertura ad iniziative a
	carattere europeo in grado di dare lustro ed assicurare risorse alle
	attività dell'Autorità Portuale di Genova; non
	piacciono le partecipazioni a progetti (come il TIGER) che rischiano
	di trasformare il nostro scalo in un mero corridoio di trasferimento
	di contenitori; spiace, inoltre, trovare posticipato al 2013
	l'intervento di realizzazione del PED che, proprio nell'assemblea
	della Spediporto del 2010, era stato lanciato ed accolto con grande
	favore dalla Regione Liguria e dalla stessa Autorità Portuale
	di Genova.
- 
	
 
	- La realizzazione di un centro unificato di controllo sulle merci
	in importazione (il c.d. PED) deve essere un obiettivo prioritario.
	E' infatti attraverso progetti di questo tipo che si eleverebbe
	considerevolmente la qualità dei servizi alla merce,
	riducendo tempi e costi sui controlli. Esattamente quello che stanno
	facendo Germania ed Olanda.
- 
	
 
	- All'Autorità Portuale però chiediamo anche più
	coraggio sia nell'avviare un effettivo rinnovo della propria
	struttura sia nel sostenere con maggiore convinzione e forza i
	progetti e le richieste provenienti da quelle categorie dell'utenza
	portuale abituate, per cultura e tradizione, a collaborare con
	lealtà. Ciò anche per dare un segnale forte, rivolto a
	chi invece agisce ferendo il porto ed i suoi traffici con
	manifestazioni fondate sul ricatto del blocco operativo. Contro
	questi fenomeni vorremmo vedere più determinazione e
	coraggio.
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	- Una riflessione a parte merita la predisposizione del nuovo
	Piano Regolatore Portuale, qui infatti il tema del rapporto tra
	sviluppo del porto e della città diventa tutt'uno.
- 
	
 
	- Non si può negare che la presenza e lo sviluppo di un
	porto si traducano anche in vincoli e condizionamenti per la
	comunità territoriale, potendo provocare congestionamenti dei
	trasporti, limitazione all'utilizzo ed alla destinazione di spazi.
- 
	
 
	- Sotto altro verso è certo che la presenza di una realtà
	portuale si traduce generalmente in sviluppo occupazionale e
	crescita economica ed è ormai comunemente ammesso che i porti
	possono e debbono essere strumento per lo sviluppo di un territorio.
- 
	
 
	 
	- Genova ed il Porto. La nostra visione
- 
	
 
	- Nel caso poi di Genova l'importanza dello sviluppo del porto per
	il futuro della città è forse ancora più
	evidente che in altre parti d'Italia.
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			 Nel 2010 nella Provincia di Genova, dove
			operano oltre la metà delle imprese della Liguria (85.644
			su 167.001) la 'forza lavoro' è stata quantificata in
			381.212 persone (di cui 209.355 uomini e 171.856 donne) e fra
			questi gli occupati sono 356.302 ed i disoccupati 24.910. Il tasso
			di attività è del 68,86%, quello di occupazione del
			64,27% (per i maschi del 70,77%, per le femmine del 57,92%),
			quello di disoccupazione del 6,56% a livello generale, del 19,95%
			a livello giovanile (per i maschi del 21,80%, per le femmine del
			17,5 1%).  | 
	 
 
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	- Si pensi al dato per cui nella nostra città circa il 18%
	della popolazione residente trae la propria fonte di reddito dal
	Porto ed al dato che quasi il 30% dell'intera forza lavoro della
	Provincia di Genova è impiegata in attività portuali o
	del suo indotto11. Si proiettino queste percentuali in
	un'ottica di sviluppo e rilancio reale dell'economia marittima,
	potremmo così arrivare ad immaginare i riflessi occupazionali
	e sul reddito che potrebbero prodursi.
- 
	
 
	- Ecco perché è importante decidere da che parte
	stare: da quella di una cultura orientata a conservare uno stato di
	conflittualità ed incomprensione sulla rilevanza della
	portualità o, invece, aperta a comprenderne le potenzialità
	di sviluppo e di benessere?
- 
	
 
	- Perché un porto si affermi come polo logistico non basta
	che adegui a posteriori le infrastrutture portuali alle esigenze dei
	traffici e del sistema economico, ma sono necessarie una
	pianificazione territoriale ed una convergenza di strumenti e di
	politiche di sostegno alle imprese che travalichino i confini del
	porto, attraverso un profondo coinvolgimento degli organi di
	programmazione locale, regionale e nazionale.
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	- Come categoria siamo fermamente convinti che lo sviluppo futuro
	della portualità genovese, sotto il profilo economico,
	territoriale, tecnologico ed ambientale non solo debba vedere
	fortemente impegnate tutte le categorie di operatori ma, ancor
	prima, coinvolta la città.
- 
	
 
	- Siamo convinti che sia fondamentale avviare un'osmosi
	progettuale tra porto e città che declini percorsi e scelte
	per giungere alla realizzazione di un MasterPlan Porto-Città
	che sia la sintesi per temi specifici di quanto elaborato nel PUC -
	lato Porto - e di quanto sarà contenuto nel redigendo Piano
	Regolatore Portuale.
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	- E' un momento delicato ed importante, dove alle scelte a
	carattere programmatico si associano altre a carattere politico ed
	amministrativo. E' necessario e quanto mai urgente trovare un
	corretto equilibrio fra le esigenze di sviluppo dello scalo e le
	aspirazioni ed i bisogni dei cittadini.
- 
	
 
	- Le prossime elezioni nel Comune di Genova e la presenza oggi
	alla nostra Assemblea dei candidati sindaco, rappresentano
	un'occasione unica per verificare la loro visione del Porto, del suo
	sviluppo, anche infrastrutturale, e del fondamentale rapporto con la
	città.
- 
	
 
	- E' un dato di fatto che le difficoltà di crescita del
	Porto di Genova nel recente passato sembrano potersi ascrivere, in
	aggiunta a quanto fin qui detto, più ai colli di bottiglia
	della c.d. "logistica esterna" che non ai limiti di
	ricettività delle banchine. E' lecito dunque chiedersi, in
	attesa che vengano realizzate le grandi infrastrutture del Terzo
	Valico e della Gronda, come il porto e la città intendono
	affrontare l'aumento del traffico camionistico; l'indispensabile
	individuazione di un'area definitiva per l'autoparco; la possibile,
	se non certa, saturazione dei nodi stradali - come nel caso di San
	Benigno - o, come nel caso di Lungomare Canepa, delle vie di
	percorrenza dove i confini tra porto e città si fondono.
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	- Di fronte a questi interrogativi ed alla concreta possibilità
	che Genova abbia il rango di un vero e proprio "Porto di terza
	generazione" siamo convinti che la nostra città non
	possa fare a meno di un assessorato dedicato alla portualità,
	ciò con lo scopo non di creare sovrapposizioni di funzione o
	competenze con l'Autorità Portuale, ma con il fine di creare
	una figura di coordinamento tra i piani di sviluppo della città
	e quelli portuali, ma non solo, anche un promotore della cultura
	delle attività marittime in seno alla città, un
	soggetto di raccordo tra la comunità economica e quella
	sociale.
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	- Niente di più di quello che in altre città
	portuali europee già esiste con il Port Community Manager.
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	- Diffondere la cultura dello Shipping, avvicinare i giovani alle
	attività mercantili e della logistica guardando ad esse non
	come "disturbatori sociali" ma quali sviluppatori di
	occupazione. Anche questi sono obiettivi che una comunità
	dovrebbe porsi al fine di avvicinare le sensibilità della
	società civile alle necessità economiche di uno scalo
	marittimo di rilevanza internazionale.
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	- Le peculiarità del nostro scalo, l'obiettivo di
	accrescerne la capacità produttiva, potrebbero trasformare lo
	stesso in un laboratorio sperimentale per processi ad alta
	automazione (già esistenti in numerosi porti europei) per la
	movimentazione su banchina delle merci, di telematizzazione dei
	processi operativi e di coordinamento informatico tra operatori.
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	- Le eccellenze scientifiche raccolte intorno al progetto del
	Villaggio Tecnologico degli Erzelli, ma anche quelle professionali
	dell'Accademia del Mare, possono costituire un collante
	straordinario tra la città ed il porto.
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	- Ciò di cui oggi la città ed il porto hanno bisogno
	è avere prospettive reali di crescita e sviluppo. Per chi,
	come noi spedizionieri, vive confrontandosi quotidianamente con il
	mercato internazionale, la scelta non può che essere quella
	di stare dalla parte del Porto.
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	- Grazie per l'attenzione e buon prosieguo di lavori.
                                                                                    
	
	 
	
													 
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