- Associazione Agenti Raccomandatari
 Mediatori Marittimi Agenti
	Aerei - Genova 
  
	 
	Assemblea annuale Assagenti Genova, 20 aprile 2012
	 
	Relazione del Presidente 
Giovanni Cerruti
	
	 
	 
	
	
	 
	Autorità, Illustri Ospiti, Colleghi ed Amici,
	 
	 benvenuti alla 67sima Assemblea annuale di Assagenti che
	abbiamo voluto riportare in quella che riteniamo la sede naturale
	per ogni occasione di ritrovo del nostro settore e di tutto lo
	shipping.
	Un ringraziamento va quindi all'Autorità Portuale ed al suo
	Presidente per l'ospitalità in questo magnifico palazzo pieno
	di storia del porto.
	Così come vorrei ringraziare la Banca D'Italia per gli
	interessanti spunti che abbiamo potuto cogliere per la relazione dai
	loro studi economici sul settore portuale e logistico.
	 
	La nostra relazione sarà divisa come sempre in due parti.
	Nella prima parte, cercheremo di presentare un quadro sullo stato di
	salute dei vari comparti dello shipping, con alcune previsioni a
	breve-medio termine, riferite ai traffici di linea, al settore
	tramp, al comparto delle crociere ed al settore dei noleggi e della
	compravendita di navi.
	Nella seconda parte, approfittando della presenza qui con noi oggi
	dei 4 principali candidati sindaci, che ringrazio, proveremo a
	condividere alcune riflessioni sul ruolo attuale e futuro del nostro
	porto.
	Quindi allargheremo il discorso, ragionando insieme sulle
	aspettative che il nostro settore nutre nei confronti del Governo
	Monti, con l'auspicio di arrivare in tempi rapidi ad una vera
	riforma dei porti e dei trasporti.
	 
	 
	I traffici di linea
	 
	Il trasporto dei containers sulle principali rotte
	mondiali è diventato da tempo di esclusiva pertinenza dei
	cosiddetti "global carriers", all'incirca 20 grandi
	Compagnie di Navigazione, che si spartiscono oltre l'85% dei
	traffici mondiali.
	Tra questi 20 giganti del trasporto containers, vi è una
	significativa predominanza di operatori asiatici, anche se nella
	classifica dimensionale, i primi tre posti sono occupati da Carriers
	europei.
	 
	La corsa competitiva a conquistare o mantenere quote di mercato
	è stata oltremodo incentivata dalla definitiva abolizione
	delle "Conferences" (2008), che di fatto ha eliminato ogni
	e qualsivoglia elemento di stabilità in un mercato già
	altamente competitivo.
	 
	Sulla base delle stime di sviluppo economico e di crescita dei
	traffici, da parte degli analisti del settore, negli anni subito
	precedenti alla crisi del 2009, molti "global carriers",
	con pieno supporto delle banche, hanno posto in essere piani di
	sviluppo e piazzato ordini ai cantieri navali per navi sempre più
	grandi, costringendo anche coloro che erano più restii, ad
	uniformarsi onde evitare di rimanere tagliati fuori dalla corsa al
	gigantismo.
	 
	Oggi, dopo tre anni di crisi e pesantissimi tagli alle rate di
	nolo, abbiamo una situazione del settore a dir poco drammatica, Le
	perdite operative dei 20 operatori globali, durante il solo 2011,
	sono stimate in oltre 6 miliardi di dollari, Ci sono stime
	attendibili che indicano il fabbisogno a breve (2012), per far
	fronte all'indebitamento finanziario, nell'ordine dei 20 miliardi di
	dollari.
	 
	E quest'anno sono previste in consegna ulteriori 59 navi da
	10.000 teus di capacità.
	 
	In questo scenario, certamente non incoraggiante, gli armatori
	hanno anche dovuto raffrontarsi con un notevole incremento dei costi
	del carburante, che nel solo 2011 (da gennaio a novembre) è
	aumentato di oltre il 48%.
	L'incidenza del costo del carburante sulle spese totali di un
	viaggio Asia-Mediterraneo è oggi all'incirca del 60%. Basti
	pensare che una nave da 10.000 teus in navigazione consuma c.a. 220
	tonn di fuel/gg, spendendo oltre 160.000 Usd/gg solo di consumi.
	 
	In questa situazione, risulta evidente la necessità degli
	armatori di contenere i costi (slow steaming) e ottimizzare
	l'utilizzo degli spazi (alleanze e joint service), in una logica di
	risparmio che tocca in modo sostanziale anche l'efficienza dei
	porti.
	 
	Il presunto vantaggio dell'Italia, in termini geografici,
	rispetto ai porti del Nord Europa, calcolato su una ipotetica rotta
	Asia Genova rispetto ad Asia Rotterdam, è di circa 5,5 giorni
	di navigazione, e pertanto, quale conseguenza dell'incremento dei
	costi del bunker, è sicuramente molto più
	significativo oggi, in termini economici, di quanto non lo fosse
	solo un anno fa. Oggi possiamo stimare un vantaggio economico
	complessivo (compresi i running costs) di oltre un milione di
	dollari a viaggio per una nave da 10.000 teus, con un risparmio
	reale di 100 Usd per teu.
	Con un sistema di porti ed infrastrutture adeguato, questo vantaggio
	geografico, consentirebbe all'Italia di aumentare in maniera
	esponenziale i flussi di merce, con indubbie e inimmaginabili
	ricadute in termine di incremento del gettito Iva, diritti doganali
	e attività indotte.
	È avvilente notare come questo semplice ragionamento sia
	stato molto ben recepito dai paesi Mediterranei limitrofi all'Italia
	(Francia e Spagna), dove la corsa ad accaparrarsi una consistente
	quota dei traffici Asia-Europa è già cominciata da
	tempo, mentre da noi si continua a ignorare il settore, senza
	neppure tentare di abbozzare un minimo progetto di razionalizzazione
	e sviluppo dei porti e delle infrastrutture.
	 
	 
	Il traffico tramp
	 
	Anche nel 2011 il traffico tramp nel porto di Genova è
	stato influenzato dal mercato dei noli e dal fabbisogno energetico
	interno.
	 
	Gli sbarchi di carbone fossile hanno subito un marcato calo
	(circa 60%) che va ad aggiungersi al 35% di diminuzione registrato
	nel 2010. Ciò è riconducibile a una riduzione della
	produzione di energia elettrica della centrale portuale di Enel, ma
	anche ad alcune problematiche riconducibili al terminal delle
	rinfuse solide TRI, situazione che ha indotto alcuni operatori
	internazionali a orientare i loro traffici verso altri porti.
	Nonostante il calo del carbone, altre commodities hanno invece fatto
	registrare moderati incrementi, consentendo che il 2011 potesse
	chiudere con un volume di traffico in linea con quello dell'anno
	precedente.
	 
	Per quanto attiene alle rinfuse liquide, si registra un calo
	generale del 13% rispetto all'anno precedente. In particolare, a
	fronte di un calo di importazione del greggio del 17%, si nota un
	incremento degli idrocarburi del 14%, segno evidente di una tendenza
	a ricevere prodotti già raffinati, da poter immettere
	direttamente sul mercato interno.
	I prodotti chimici hanno registrato un calo del l2%, ritornando ai
	livelli del 2009; si ritiene che le ragioni siano da ricercare in
	parte nella carenza di infrastrutture portuali, ma soprattutto nella
	mancanza di infrastrutture a terra e di aree di stoccaggio.
	Gli sbarchi di olii vegetali sono rimasti stabili ai livelli del
	2010, nonostante vi sia una discreta ripresa del mercato; ciò
	è dovuto alle migliori infrastrutture che i porti del Nord
	Europa offrono a questo tipo di commodity, riuscendo quindi ad
	attrarre maggiori correnti di traffico.
	 
	Per chiudere l'analisi dei traffici Tramp nel 2011, è da
	notare la quasi totale sparizione di sbarchi di cereali e farine, un
	settore che non riconosce più il porto di Genova quale polo
	di attrazione per questa tipologia di carico.
	 
	Per quanto attiene al 2012 dobbiamo registrare una ulteriore
	riduzione negli arrivi di prodotti energetici solidi, mentre il
	trend dei liquidi (petrolio greggio, idrocarburi, prodotti chimici)
	al momento sembra mantenere i livelli dello scorso anno.
	 
	Uno dei valori che da sempre ha contraddistinto il nostro porto,
	e che va in tutti i modi salvaguardato, è la sua polivalenza.
	 
	In particolare, Genova è strategica per la maggioranza
	dei traffici di rinfuse solide destinati all'area industriale del
	Nord Italia. In questo settore, non riuscire a garantire un adeguato
	servizio terminalistico è semplicemente inaccettabile. La
	nostra categoria auspica che l'attuale concessionario, che opera
	nell'area delle rinfuse solide, sia seriamente intenzionato a
	rilanciare le attività del Terminal, e contestualmente
	invitiamo l'Autorità Portuale a ricercare tutte le possibili
	soluzioni per il rilancio di un settore altamente strategico per il
	porto, le aziende e i lavoratori del comparto.
	 
	 
	Le crociere
	 
	Nel settore crocieristico l'impatto della crisi economica si è
	fatto sentire in maniera più pesante di quanto non abbia
	fatto l'onda lunga dell'evento del Giglio.
	Sulla clientela d'oltreoceano ha poi pesato l'incertezza della
	situazione geopolitica del mediterraneo orientale.
	Le immagini trasmesse dalla televisione americana sui disordini
	legati agli scioperi in Grecia hanno ulteriormente allarmato un
	pubblico sensibile alle notizie fornite dai media.
	Nel complesso il comportamento della clientela europea più
	che provocare una flessione nel livello dei bookings ha indotto le
	compagnie ad abbassare le rate "pax per diem".
	Risultato: le navi sono piene di ospiti che pagano pochissimo.
	Si tratta, ovviamente, di una situazione che non può reggere
	sul lungo periodo: tutti i players hanno in linea flotte
	modernissime, composte da unità molto costose, i cui
	ammortamenti non possono essere coperti dall'attuale rata pax per
	day che, nella migliore delle ipotesi, può pagare i soli
	running costs.
	Ci sono, d'altro canto, compagnie rimaste quasi immobili sulle
	tariffe pre-crisi pagando quella fermezza con una marcata flessione
	delle prenotazioni.
	 
	L'ammodernamento della banchina di Ponte dei Mille è
	stato ben realizzato nei tempi previsti. Resta da risolvere il nodo
	di Ponte Parodi, per il quale il timore è che vi siano
	ulteriori dilazioni, nell'ambito di una sistemazione dell'area che a
	nostro giudizio non è comunque ottimale, A causa della crisi,
	lo scorso anno abbiamo avuto una contrazione del 16,7% dei
	passeggeri dei traghetti e del 7,2% dei crocieristi. Fortunatamente,
	le previsioni per quest'anno non sono particolarmente negative,
	malgrado l'accanimento di tanti, troppi professionisti
	dell'autolesionismo, che non hanno esitato a spargere sale sulle
	ferite di una tragedia unica e irripetibile come quella dell'Isola
	del Giglio. Salvo, per fortuna, essere subito smentiti dal mercato,
	che ha dimostrato maturità e consapevolezza della qualità
	del prodotto offerto dalle compagnie.
	 
	Proprio a riguardo di quanto accaduto alla Costa Concordia,
	purtroppo, assistiamo in questi giorni ad una vera e propria
	persecuzione di questo settore, dettata più da fatti
	emozionali che da ragioni logiche e concrete, mi riferisco al
	recente Decreto c.d. salva coste che confina a due miglia marine
	dalle aree protette (praticamente in mare aperto) la sosta delle
	navi da crociera che tradizionalmente scalano le località di
	maggior interesse delle nostre coste per le escursioni dei
	crocieristi. Parlando solo delle località del Tigullio di
	Portofino e Santa Margherita stiamo rischiando di far saltare oltre
	120 scali a stagione con gravissimo nocumento dell'economia di
	questi paesi costieri.
	Questi sono i rischi che si corrono ad arroccarsi su posizioni
	eccessivamente "green" come quella sposata dal nostro
	Ministero dell'Ambiente, senza verificare se vengono applicate
	quelle indispensabili regole di sicurezza che devono governare la
	materia e che sono state tenute, invece, nel dovuto conto dalle
	Capitanerie di Porto che hanno cercato di contemperare le esigenze
	ambientali con quelle turistiche ed economiche di queste località,
	Regole che noi condividiamo pienamente con convinzione a favore
	dello sviluppo economico sostenibile.
	 
	 
	La mediazione marittima
	 
	Il mercato dei noli nelle rinfuse secche ha continuato la sua
	discesa e oggi siamo a livelli da record negativo. Le cape size
	ottengono una media giornaliera poco sopra i 5.000 Usd al giorno, di
	conseguenza ultimamente circa 30 navi di questa tipologia sono
	all'ancora tra Singapore e la Cina.
	I valori delle panamax sono di poco superiori ai 7.000 Usd al
	giorno. Le supramax (53/58.000 Dwt) ottengono noli "migliori",
	spuntando circa 9.000 Usd al giorno, mentre le handies raggiungono
	noli di circa 7.000 Usd. Si nota che ancora una volta le navi di
	maggiori dimensioni stanno soffrendo più di altre, sia per
	l'arrivo di nuove costruzioni, sia a causa del loro mercato
	ristretto rispetto a navi più piccole e di conseguenza più
	flessibili.
	Non ci sono segni di ripresa e il numero delle new building che sarà
	immesso sul mercato anche il prossimo anno non aiuta certo ad essere
	ottimisti.
	 
	Nel settore dei liquidi, la situazione rispetto al 2010 si è
	ribaltata, Infatti, dopo che il 2010 aveva fatto segnare discreti
	aumenti dei noli a confronto con il 2009, Vanno della crisi, tutti
	pensavano che il 2011 avrebbe portato nuovi aumenti, invece ha
	segnato una crisi ancora peggiore del 2009, sorprendendo tutti gli
	operatori. Sono state esenti da questo trend ribassista solo le
	product carriers (37/47.000 dwt), le quali però venivano da
	due anni veramente modesti, intorno ai 7.000 Usd/giorno, e quindi il
	fatto che abbiano fatto in media 7.500 Usd rappresenta perfino un
	piccolo miglioramento.
	Il quadro generale mostra aumenti dei consumi petroliferi solo nei
	paesi emergenti, dalla Cina all'India al Brasile, mentre tutto il
	mondo occidentale mostra forti regressi, e i primi bastano a
	malapena a compensare i secondi, per cui la domanda di trasporto
	rimane stabile o in certi casi in leggero regresso, mentre invece
	l'arrivo di nuove navi continua senza sosta. Questo squilibrio fra
	domanda e offerta di stiva non promette niente di buono, almeno per
	tutto il 2012, alla fine del quale, invece, alcuni analisti
	economici si azzardano a vedere deboli segnali di ripresa, almeno
	per le product carriers impegnate sulle rotte oceaniche. Sembra
	infatti che la progressiva dismissione di raffinerie nei paesi
	occidentali verrà rimpiazzata da forniture di prodotti già
	raffinati dai paesi produttori, e quindi che le rotte più
	promettenti per gli anni a venire siano proprio quelle dei prodotti
	raffinati, dall'oriente all'occidente.
	 
	Per quanto riguarda la compravendita il volume di transazioni
	concluse negli ultimi 12 mesi si è ridotto drasticamente, sia
	per le difficoltà nell'ottenere i finanziamenti, sia per
	l'incertezza generalizzata su quasi tutti i settori dello shipping.
	Unica eccezione sembra essere il mercato delle navi gasiere, che
	trae beneficio dalla quasi totale assenza di nuove costruzioni
	ordinate negli ultimi anni, unitamente a un moderato aumento della
	domanda.
	 
	I prezzi delle navi drycargo sono diminuiti di circa il 25-30%
	negli ultimi 12 mesi e nel settore cisterniero i prezzi hanno subito
	una flessione analoga.
	Anche per le portacontainers, nonostante i deboli segnali di ripresa
	mostrati nel primo trimestre del 2011, i prezzi si sono fortemente
	ridotti nel restante periodo.
	 
	La cantieristica non è esente dalla crisi che sta
	colpendo il mondo dello shipping. I cantieri devono ancora
	completare e consegnare un numero ingente di navi drycargo ordinate
	negli anni del "boom", Ulteriori nuove commesse
	sbilancerebbero ulteriormente il rapporto tra l'offerta di stiva e
	la domanda di trasporto, perciò la tendenza è quella
	di ridurre il più possibile gli ordini di navi nuove.
	I cantieri riescono comunque ad ottenere qualche nuovo ordine
	proponendo tipologie di navi particolarmente sofisticate (per
	esempio con sistemi di propulsione a basso consumo di combustibile)
	e offrendo prezzi particolarmente competitivi.
	 
	Unica nota positiva è il deciso aumento del numero di
	navi vendute per demolizione, anche grazie ad un forte incremento
	del valore dell'acciaio, che in prospettiva futura potrebbe dare una
	mano alla ripresa del mercato dei noli.
	 
	 
	Il Porto di Genova
	 
	In un anno particolarmente turbolento per il settore dello
	shipping, il porto di Genova ha raggiunto il record di i milione e
	847 mila teu, il 5,1% in più rispetto all'anno precedente. Il
	nostro scalo si è presentato al mercato con le carte in
	regola, forte dei lavori effettuati e di quelli in via di
	completamento, dai dragaggi ai riempimenti nel bacino di
	Sampierdarena. Per il trasporto container, una vera e propria svolta
	si è avuta il 20 gennaio di quest'anno con l'arrivo al
	terminal SECH di Calata Sanità della Humber Bridge, la
	portacontainer più grande mai entrata nel porto storico. Con
	il revamping delle gru di banchina ed il dragaggio dei fondali, il
	terminal di Calata Sanità è ora in grado di accogliere
	le grandi navi, con capacità fino a 10.000 teu, Dopo la
	prima, le navi di questa dimensioni sono ormai diventate
	consuetudine. E fra un paio di settimane inizieranno ad attraccare
	al terminal VTE le mega navi da 12.500 teu, che troveranno a Genova
	l'unico terminal italiano di destinazione finale in grado di
	accoglierle.
	 
	La rinnovata competitività del VTE è testimoniata
	dai numeri: nei primo trimestre di quest'anno il Voltri Terminal
	Europa ha stabilita ogni mese un nuovo record, unito a migliori
	livelli di produttività e di movimenti per ora. I traffici
	sono accompagnati da un solido programma d'investimenti per due
	nuove gru di banchina che saranno consegnate in autunno insieme ad
	altre gru gommate da piazzale e al revamping delle gru su binari.
	Sul fronte terrestre, il livello di qualità si avvicina a
	quello della concorrenza nord europea, con tempi d'attesa dei camion
	inferiori ai 60 minuti nell'80% dei casi.
	 
	Entro un paio di mesi dovrebbero essere terminati i lavori di
	dragaggio nell'area del bacino di evoluzione del porto storico, con
	l'eliminazione delle rocce antistanti la zona dei bacini di
	carenaggio che limitano la manovra delle grandi navi. Un lavoro
	importante e urgente, che crediamo sarà completato con la
	stessa capacità e puntualità di quello già
	svolto. Con un pescaggio prossimo ai 15 metri anche nel porto
	storico, i terminals container genovesi saranno ora in grado di
	servire ancora meglio il mercato. Entro la prima metà del
	2014 sarà pronto anche il nuovo terminal di Calata Bettolo,
	dove potranno attraccare navi con capacità fino a 15.000 teu.
	 
	Con la sua rinnovata capacità produttiva, Genova si è
	riproposta come il principale porto container di destinazione finale
	del Mediterraneo. Un risultato per certi versi inaspettato, ottenuto
	sfruttando al meglio le nuove strategie commerciali delle compagnie,
	ben contente di poter offrire più servizi diretti anziché
	in transhipment. Il mercato si è trasformato con grande
	rapidità, con inedite alleanze fra compagnie e consorzi
	armatoriali e con la razionalizzazione dei servizi, determinata
	dall'impiego sulle rotte principali di navi sempre più
	grandi.
	 
	Il fatto è che negli ultimi anni, la geografia economica
	è profondamente cambiata, molto più di quanto si
	riesca a percepire dalla prospettiva europea.
	Rispetto alle richieste provenienti dai nuovi mercati il porto di
	Genova è tornato a essere il più attrezzato del
	Mediterraneo, grazie e soprattutto ad un mix di investimenti
	pubblici (dragaggi e riempimenti) e privati (nuove gru di banchina e
	di piazzale), con numerosi servizi di linea che ne alimentano la
	crescita, sia all'importazione che all'esportazione.
	 
	Ma se dal punto di vista del porto in sé le case sono
	migliorate, non altrettanto si può dire per le infrastrutture
	di collegamento con il mercato.
	Malgrado tante promesse, la gronda autostradale che dovrebbe
	alleggerire il traffico stradale è ancora in discussione,
	mentre la percentuale di container che utilizzano la ferrovia è
	solo sensibilmente cresciuta in questi primi mesi dell'anno. Su
	questo settore si deve dunque investire molto, perché i
	margini di miglioramento sono abbondanti. Un nodo ancora irrisolto è
	quello del superamento delle manovre ferroviarie in porto. La strada
	imboccata è probabilmente quella giusta. Ma, pur sapendo che
	il servizio così come è strutturato è
	defìcitario, non si può non rilevare che le tariffe
	sono ancora troppo elevate, Il costo dei collegamenti ferroviari da
	e per il porto può e deve essere ridotto in maniera
	significativa, con standard di servizio più elevati.
	 
	Il lancio di nuovi treni shuttle internazionali costituisce il
	banco di prova di un concreto allargamento del nostro mercato di
	riferimento. È necessario trovare risorse economiche minime
	sufficienti per incentivare, in una fase di start-up, i primi
	collegamenti ferroviari tra il nostro porto e il sud Europa
	(Svizzera tedesca e Baden Wurttemberg). Dobbiamo e possiamo creare
	una valida alternativa agli scali del Nord Europa, che sono sempre
	più congestionati, forti di un porto geograficamente sempre
	più strategico per le grandi navi delle compagnie di linea,
	che nel Mediterraneo hanno razionalizzato gli scali con poche
	toccate nei porti attrezzati ai tempi e alle esigenze delle grandi
	navi.
	 
	Naturalmente i progetti di sviluppo e crescita del Porto di
	Genova non possono prescindere da una reale presa di coscienza della
	città sul ruolo che l'intera comunità è
	chiamata a giocare. Il nostro porto, con oltre 30.000 persone che ci
	lavorano tra personale diretto e indotto, è di gran lunga la
	prima industria cittadina; non abbiamo a Genova settori che possano
	minimamente garantire un tale impatto occupazionale. Credo quindi
	che sia essenziale che tutti, dal primo cittadino all'ultimo, siano
	coscienti del valore che abbiamo e si muovano nell'ottica di come
	preservare ed ampliare questo valore.
	 
	Mi rivolgo quindi ai quattro candidati sindaci, che nelle ultime
	settimane abbiamo ascoltato in diverse occasioni mentre ci
	illustravano i loro programmi, e a loro vorrei rivolgere un paio di
	domande, cercando anche di interpretare i quesiti che molte tra le
	30.000 persone che a Genova vivono di porto vorrebbero porre.
	 
	- Prendo spunto per la prima domanda dalla consapevolezza che lo
	shipping (di cui il porto è un anello fondamentale) è
	una industria molto complessa, la cui conoscenza passa attraverso
	lunghi anni di provata esperienza. Se sarete eletti, avete già
	pensato a chi affidare il ruolo di assessore con delega alle
	questioni portuali ?
  
	- Il presidente dell'Autorità Portuale Merlo ci ha
	anticipato che dopo le elezioni renderà note le linee guida
	del nuovo Piano Regolatore Portuale, Che cosa vi aspettate da questo
	documento e quali sarebbero a vostro avviso le principali linee di
	indirizzo che vorreste trovare nel documento che Merlo ci
	presenterà?
  
	- Siete disponibili ad impegnarvi pubblicamente ponendo come
	priorità del vostro programma lo sviluppo del porto di Genova
	e delle infrastrutture ad esso connesse?
  
	- Vi lascio ancora qualche minuto per elaborare le vostre
	risposte, prima di cedervi la parola.
- 
	
 
	 
	- La crescita dei traffici portuali
- 
	come volano per lo sviluppo dell'economia
- 
	
 
	- Dal punto di vista economico può essere utile in questa
	sede rammentare alcuni dati relativi al valore del comparto del
	cluster marittimo e dei servizi ausiliari rispetto a quelli
	complessivi del nostro Paese per inquadrare la valenza del settore
	nella sua interezza.
- 
	
 
	- Secondo gli ultimi dati Censis, il cluster marittimo
	contribuisce attualmente al 2,6% del PII nazionale, che si traduce
	in una cifra di poco inferiore ai 40 miliardi di Euro, e da
	occupazione a circa il 2% della forza lavoro nazionale, con picchi
	di tutto rispetto come quello rappresentato dalla Provincia di
	Genova dove il dato è molto vicino al 9%.
- 
	
 
	- Da segnalare anche i moltiplicatori che questo settore è
	in grado di innescare, che risultano pari al 2,37 per il reddito e
	all'1,7 per l'occupazione: 100 Euro spesi nel settore marittimo, ne
	attivano ben 237 di reddito nel sistema economico nazionale e,
	parimenti, 100 nuovi addetti innescano 173 unità di lavoro
	nell'economia nazionale.
- 
	
 
	- Assunti e valutati questi pochi dati, è abbastanza
	semplice comprendere l'importanza strategica del comparto marittimo,
	portuale e logistico ed è altrettanto facile capire come essi
	potrebbero seguire un senso ascensionale e moltiplicarsi
	esponenzialmente, creando benefici per l'economia dell'intero paese.
- 
	
 
	- In sostanza, sappiamo di poter godere di alcuni vantaggi di
	natura geografica, ma non riusciamo a sfruttarli per tutta una serie
	di colli di bottiglia più volte evidenziati e denunciati: le
	carenze infrastrutturali, la lungaggine burocratica, il
	sottoutilizzo dei sistemi ferroviari e, in conseguenza della
	crescita delle dimensioni delle navi, i limitati fondali, solo per
	citarne alcuni.
- 
	
 
	- Questo fa sì che i traffici che transitano attraverso i
	porti del nostro paese risultino sostanzialmente traffici domestici,
	totalmente dipendenti dall'andamento della nostra economia, e
	soprattutto non in grado di guardare ad altri mercati oltre confine.
	Non sminuisco l'importanza dei nostri HUBs nel sud Italia (Gioia
	Tauro, Taranto, Cagliari), anche se ritengo che la competizione
	degli scali di trasbordo nord africani (Port Said, Tangeri) ci
	costringerà a pesanti sacrifici e tagli sui costi, riducendo
	quindi l'importanza del contributo alla crescita per la nostra
	economia che questi porti potranno generare.
- 
	
 
	- Tutte le criticità riscontrate dovrebbero oramai essere
	ben note ed evidenti, in quanto ampiamente riportate in centinaia e
	centinaia di rapporti, convegni, ed incontri.
- 
	Il problema non sta nel capire cosa dobbiamo fare, ma nel farlo!
- 
	Nello scontare tempi per "decidere" e per "realizzare"
	troppo lontani da tutti gli altri paesi e, soprattutto, dalle
	esigenze del mercato.
- 
	
 
	- Con la nascita del Governo Monti e a seguito delle innumerevoli
	dichiarazioni di illustri esponenti del Governo stesso, che hanno
	più volte ribadito l'intenzione di adottare misure urgenti
	volte a dare impulso ai principali settori produttivi del paese,
	ovviamente ci aspettavamo che i porti ed i trasporti sarebbero stati
	oggetto di azioni immediate da parte del Governo tecnico. Dobbiamo
	invece dire che così non è stato!! Al contrario,
	quelle pochissime iniziative governative che hanno toccato la nostra
	sfera di attività, sono state a dir poco sconcertanti. Faccio
	alcuni esempi:
- 
	
 
                        
	- All'interno del famoso decreto "Salva Italia", si è
	pensato bene di abolire quella parte della ben nota legge 135/77 che
	assegnava al Ministero la competenza di stabilire i compensi dovuti
	ai raccomandatari marittimi per le loro prestazioni. Compensi che da
	sempre non rappresentavano in realtà un vero obbligo
	tariffario, ma servivano quale valore di riferimento per la
	categoria. Tale "vantaggio" risultava in larga parte
	compensato dalle responsabilità economiche che il
	raccomandatario si deve assumere, sempre secondo la legge, nei
	confronti dei fornitori terzi. Naturalmente queste ultime sono
	rimaste in pieno vigore.
  
	- Il decreto "Salva Coste" dei ministri Passera e Clini,
	emesso sull'onda emotiva della tragedia del Giglio, sta causando,
	come abbiamo già detto, immensi danni alle navi da crociera
	che da decenni transitano nel Golfo del Tigullio. Nonostante
	l'intervento certamente ben più autorevole della Capitaneria
	di Porto, che aveva definito in maniera logica i criteri di accesso
	delle navi nell'area protetta, il Ministero dell'Ambiente, su
	segnalazione di Lega Ambiente, ha ritenuto di stoppare qualsiasi
	soluzione. Gli approdi previsti nel 2012, che andremo a perdere a
	favore di scali alternativi in Francia, sono oltre 125.
  
	- La oramai famosa disciplina dei costi minimi per
	l'autotrasporto, voluta e realizzata dal Governo Berlusconi, in
	spregio alle molteplici segnalazioni contrarie da parte della
	Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dalla UE,
	è stata inaspettatamente avallata anche dall'attuale Governo
	(Catricalà ex Presidente AGCM, oggi Sottosegretario
	Pres.Cons.). Viene francamente da chiedersi se la palesata debolezza
	del settore dell'autotrasporto nei confronti della committenza
	(sicuramente non così debole nell'ottenere l'appoggio dei
	Governi), o la favola dei costi minimi della sicurezza, che
	dovrebbero garantire il transito di autotreni perfettamente a norma
	sulle nostre strade, siano versioni a cui siamo richiesti di
	credere, senza se e senza ma. Aggiungo poi che la suddetta
	disciplina, oltre ad indicare costi minimi stabiliti da un
	Osservatorio composto in larga parte da rappresentanti
	dell'autotrasporto, si spinge sino al limite estremo di ribaltare la
	responsabilità dell'applicazione della tariffa non tanto al
	vettore (come sarebbe assolutamente doveroso), ma alla committenza.
	È come se la responsabilità per la non applicazione
	dei compensi di un raccomandatario fosse in capo all'armatore che ci
	nomina.
  
	- Nonostante le innumerevoli sollecitazioni da parte dell'utenza
	affinché venga intrapresa la strada delle semplificazioni
	normative doganali legate all'importazione e all'esportazione delle
	merci e vengano uniformati i criteri procedurali all'interno dei
	paesi UE, non solo non si sono viste azioni in tal senso (che
	ricordo sarebbero a costo zero), ma addirittura si è in
	presenza di pesanti inasprimenti del regime sanzionatorio e gravose
	modifiche procedurali, che vanno nella direzione opposta a quella
	auspicata. È già stato ampiamente dimostrato che una
	notevole quantità di merci destinate al mercato italiano,
	trovi più rapido, e di conseguenza meno costoso, transitare
	per i porti del Nord Europa, piuttosto che via porti Italiani.
	Sostanziali differenze interpretative delle norme in essere si
	registrano anche tra porti italiani, creando di fatto una
	distorsione del mercato, anche tra porti limitrofi.
  
	- In questa logica che sembra ricercare nuovi spunti di freno
	verso lo sviluppo e la ripresa economica, si inserisce a nostro
	avviso la recente sentenza dell'Autorità Garante della
	Concorrenza e del Mercato che ha sanzionato pesantemente 14
	importanti agenzie marittime associate, oltre a due Associazioni,
	mettendo a grave rischio la loro solidità economica e tenuta
	occupazionale.
- 
	Una sentenza ottusa, partita da una denuncia imprecisa, che ha
	voluto bollare come segreto un accordo che a Genova trae radici sin
	dai primi anni cinquanta, pubblicato più volte sulla stampa e
	riferito a costi che vengono addebitati in tutto il mondo.
- 
	Una sentenza che ha voluto a tutti i costi individuare un profilo
	assurdamente orizzontale, per poter elevare al massimo il valore
	delle ammende. La logica perversa che ispira tutto ciò sta
	nel sistema che regolamenta l'attività della AGCM, un ente
	chiamato a svolgere sia il ruolo accusatorio che quello giudicante,
	con l'unico obiettivo di generare il massimo profitto possibile.
	All'interno di questo meccanismo, chiunque può esserne
	stritolato, rischiando di vedere la propria attività
	imprenditoriale fortemente compromessa.
- 
	
 
	 
	- Uno sguardo in avanti
- 
	
 
	- Nell'ambito di un quadro nazionale che definirei a dir poco
	sconcertante, prendiamo atto con soddisfazione delle dichiarazioni
	del Vice Ministro Ciaccia quando dice: "i porti con le reti
	infrastrutturali sono un asset strategico per la crescita del nostro
	paese".
- 
	E siamo anche lieti di sapere dell'intenzione di avviare un tavolo
	di ascolto, che individui nuove soluzioni per favorire lo sviluppo
	della portualità italiana.
- 
	Ma noi suggeriamo qualcosa di più di un tavolo di ascolto,
	Noi, vista la complessità della materia, suggeriamo che venga
	istituita una task force a livello ministeriale, formata da illustri
	rappresentanti delle categorie del cluster marittimo, che si
	incarichi di fornire un supporto consulenziale a 360 gradi, non solo
	per le questioni nazionali ma anche per ciò che si discute
	nell'ambito europeo, allo scopo di elevare il ruolo dell'Italia
	nelle sedi competenti.
- 
	
 
	- E infatti, la speranza di una riforma generale dei porti arriva
	dall'Unione Europea e dalle parole del Vice Presidente della
	Commissione Europea con delega ai Trasporti, Siim Kallas. Egli
	infatti ha definito i porti come "‘motore di sviluppo
	economico e fonte di prosperità per le città, le
	regioni e i paesi europei".
- 
	Questa affermazione è supportata anche da una precedente
	comunicazione della Commissione stessa che afferma che "gli
	oltre 200 porti commerciali europei costituiscono i nodi
	fondamentali del trasporto modale e sono di interesse vitale per il
	90% del commercio internazionale dell'Europa. Inoltre, garantiscono
	il 40% del commercio intracomunitario, espresso in t/km".
- 
	A fronte di queste premesse Kallas ha annunciato la volontà
	di emanare una direttiva europea entro i primi mesi del 2013 per
	riformare il sistema dei porti affrontando, in particolare, il tema
	della riduzione dei problemi amministrativi, della trasparenza dei
	finanziamenti e del riordino dei servizi portuali.
- 
	Per la supremazia dei diritto comunitario su quello nazionale, tutte
	le disposizioni legislative oggi in vigore, compresa la legge di
	riforma portuale 84/94, contrastanti con la nuova direttiva europea,
	verranno superate. Il momento della discussione è vicino, ed
	è proprio durante il corso di quest'anno che verranno portate
	avanti le consultazioni con le differenti realtà portuali,
	che contribuiranno all'organizzazione di una conferenza sui porti. È
	fondamentale che l'Italia si presenti all'appuntamento con idee
	chiare e proposte ponderate, per essere parte attiva in questa fase
	legislativa.
- 
	
 
	- Partendo dall'erogazione dei servizi, l'obiettivo della
	direttiva europea sarà quello di assicurare al mercato
	un'offerta aperta e competitiva. Esiste infatti una profonda
	differenza a livello europeo soprattutto nell'erogazione dei servizi
	tecnico-nautici, che in virtù della loro natura di interesse
	economico generale vengono in molti casi gestiti dalle stesse
	Autorità Portuali o da realtà private in regime di
	monopoli legali.
- 
	
 
	- Il secondo argomento che KaIlas ha sollevato è quello
	delle nuove infrastrutture, connesso al problema delle
	autorizzazioni. Secondo quanto da lui affermato, servono forti
	operazioni di semplificazione sugli iter necessari a ottenere i
	permessi di costruire. Questo argomento tocca nel vivo una delle
	questioni più critiche per il nostro Paese, la cui
	complessità del sistema vigente porta molti progetti di
	ampliamento a rimanere fermi. Un destino che riguarda anche diverse
	infrastrutture di servizio da realizzare a supporto dei porti veri e
	propri.
- 
	
 
	- Benché non si possa ritenere che esista concorrenza tra i
	porti, in tutti i casi, la concorrenza tra alcuni di loro e
	all'interno degli stessi, può essere considerevole e richiede
	l'esistenza di condizioni operative paritarie. A questo proposito la
	Commissione ha intenzione di affrontare il tema del finanziamento
	pubblico dei porti e della trasparenza, con la convinzione che un
	quadro giuridico generale possa incoraggiare gli investimenti
	privati nel settore portuale.
- 
	Pur non avendo ancora dichiarato una linea di azione su questo
	punto, che a mio parere, sarà uno dei più ""caldi"
	della nuova normativa, auspico che la Commissione possa davvero
	regolamentare questo settore, nel quale a oggi, risultano disparità
	evidenti a livello europeo, in particolare tra l'area mediterranea e
	quella anseatica.
- 
	
 
	- Anche per quanto attiene al quadro normativo di riferimento per
	i porti nazionali si sente la necessità di un intervento
	volto a una semplificazione degli atti amministrativi in generale,
	dalle concessioni all'approvazione dei piani regolatori; di un
	incremento dei poteri delle Authority; nonché di una
	dotazione economica adeguata che dopo essere stata appena abbozzata
	nelle leggi finanziarie degli ultimi anni duemila, ha subito un
	brusco stop in conseguenza dell'inasprimento della crisi economica e
	che mal si concilia, purtroppo, con l'esigenza primaria di
	risanamento dei conti dello Stato.
- 
	
 
	- Le richieste rivolte al Governo in questo senso sono state
	molteplici, ma come noto, gli sforzi fatti si sono limitati a una
	serie di proposte di riforma della Legge 84/94 lasciate incompiute,
	che hanno accentuato la mancanza di interesse e di volontà
	della nostra amministrazione centrale di approfondire il settore
	marittimo e di capirne, non solo le esigenze di sviluppo, ma
	l'enorme potenziale in termini di rilancio dell'economia dell'intero
	Paese.
- 
	Riconosco che grazie ai fondi pubblici siano stati possibili
	considerevoli interventi nel nostro porto, che hanno permesso un
	incremento della produttività, ma al momento non è
	prevista l'erogazione di ulteriori risorse.
- 
	
 
	- Mi rendo conto che questa ultima parte di relazione può
	risultare come un insieme di flash, di sassi lanciati nello stagno,
	rispetto alle nostre tradizionali disamine annuali, ma è
	assolutamente voluto, per stimolare il dibattito con i candidati a
	Sindaco della nostra città che vorremmo oggi si
	confrontassero e si scoprissero alla platea proprio su queste
	tematiche che riteniamo fondamentali per il futuro dell'economia
	portuale genovese e non solo.
- 
	
 
	- Grazie a tutti per l'attenzione.
                               
													 
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