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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI CONTAINERS
ANNO XXXVII - Numero 15 NOVEMBRE 2019
STUDI E RICERCHE
PERCHÉ QUESTA DISCUSSIONE SUGLI SCRUBBER È COSÌ
IMPORTANTE
L'immagine del trasporto marittimo è un po' difficile da
definire.
Nei principali mezzi di comunicazione tende ad esserci
l'attenzione su di esso quando si verifica un incidente od in
relazione alla sua immagine ambientale.
Più spesso che no il punto che viene ignorato è
che nel corso degli anni il settore è rapidamente migliorato,
tanto che adesso quasi tutte le sue emissioni nell'aria e gli
scarichi in mare vengono regolamentati, mentre gli armatori, gli
operatori e le ditte tecnologiche lavorano a tutta una serie di
soluzioni al fine di portare il trasporto marittimo ad un nuovo
livello di sostenibilità.
Tutto l'impegno tecnico, sia in passato che in futuro, profuso
per migliorare lo shipping dovrebbe essere applaudito.
Questo impegno mostra come il settore stia facendo progressi.
Ma ciò comincia a diventare ambiguo quando si sente
parlare di diverse soluzioni a confronto reciproco.
Alla Yara Marine si ritiene che il trasporto marittimo non sia
omogeneo e che non c'è, né ci sarà, una
soluzione unica per tutte le tipologie di navi.
Ciò perché occorrono tante soluzioni e potenziali
soluzioni se ci concentriamo su un futuro sostenibile per il settore
a livello globale.
Circa un decennio fa, poiché i prezzi del carburante
bunker iniziarono a salire ed i regolatori cominciarono ad esortare
gli operatori marittimi ad andare alla ricerca dei modi per tagliare
le emissioni di gas serra e le altre emissioni e gli scarichi, gli
operatori utilizzavano una gamma di strumenti per trovare un
equilibrio fra l'efficienza operativa e la conformità alle
regole (anche le efficienze a bordo sono uno dei modi più
diffusamente accettati per ridurre il consumo di carburante e
pertanto le emissioni di CO2).
Proprio ora ci stiamo avvicinando alla grande questione del
tetto globale allo zolfo, nel cui contesto tutte le navi devono
avere un carburante con contenuto di zolfo minore dello 0,5% a
partire dal 1° gennaio 2020 - non così basso come il
limite per le ECA (aree di controllo delle emissioni) ma comunque
serio a causa del suo impatto su 70.000 navi - ovvero utilizzare
sistemi approvati (come la tecnologia di depurazione degli esausti
mediante scrubber o il gas naturale liquefatto) al fine di
dimostrare l'equivalenza - un principio sancito nella
regolamentazione della International Maritime Organisation.
Simultaneamente al limite globale allo zolfo con conseguenze per
il trasporto marittimo, si stanno sviluppando altre due tendenze.
Da un lato c'è la spinta ad affrontare ancor di più
le emissioni di gas serra nel trasporto marittimo mediante una
ulteriore regolamentazione e a trovare un modo adatto al settore per
ridurre il suo impatto sull'ambiente.
Quest'ultimo tema è più indotto dal mercato e
dalla società e spinge per una domanda di trasparenza totale
della filiera distributiva.
L'ultimo punto si appresta a diventare più importante in
futuro.
I flussi di traffico non vengono più visti semplicemente
come da porto a porto, ma da porta a porta ed i processi industriali
vengono ora considerati dall'inizio alla fine.
La società non guarda più alle singole parti di
una filiera isolata, ma a come queste parti impattano o sono
influenzate l'una con l'altra.
Nella discussione riguardo ai futuri carburanti, questo
significa che il dibattito verte molto sull'impronta ambientale del
carburante dalla sua fonte (il pozzo) al suo uso finale.
Gli esperti non guardano più solo alle emissioni di gas
serra quando si consuma un idrocarburo, ma alle emissioni derivanti
dalla sua estrazione dal giacimento di petrolio o di gas fino a
quando non viene consumato in un motore o in una centrale
energetica.
Una parte significativa di questa impronta dei gas serra
consiste nei processi di raffinazione e distillazione cui i vari
carburanti sono sottoposti.
Esaminando la differenza fra il processo dal pozzo alla scia
(dal pozzo di petrolio all'energia fornita all'elica) rispetto a
quello dal serbatoio del bunker all'elica, emergono due diverse
storie e questo è contenuto in un recente rapporto
scientifico dell'istituto di ricerca norvegese SINTEF.
La particolareggiata ricerca del SINTEF ha dimostrato che,
utilizzando un carburante residuo che non è stato molto
raffinato da una grande compagnia petrolifera, esso - quando
raggiunge il serbatoio del bunker di una nave - avrà
un'impronta di CO2 più bassa di quella di un prodotto
raffinato, distillato o miscelato.
In un recente documento, in cui vengono confrontate le emissioni
dal pozzo alla scia del diesel marino, degli olii combustibili e del
gas naturale liquefatto, il SINTEF ha notato che, da quando l'IMO ha
convenuto sul tetto allo zolfo 2020 nel 2008, il settore è
stato consapevole che la desolforazione dei carburanti residui
comporta la perdita del 10-15% dell'energia contenuta nell'olio
combustibile pesante.
Le conclusioni del lavoro dimostrano, se osservate con la
prospettiva dal pozzo alla scia, che un motore a due tempi che
consuma olio combustibile pesante collegato ad uno scrubber presenta
il 3% di emissioni in meno delle emissioni di CO2 rispetto a quando
lo stesso motore è alimentato da un gasolio diesel marino a
basso contenuto di zolfo.
Chiaramente, poiché si assiste ad un settore marittimo
che si avvia verso il proprio obiettivo del 2030 e poi del 2050 di
una filiera del trasporto neutra riguardo al carbonio netto, occorre
che esso eguagli il ruolo che svolge rispetto ad altri settori,
nonché laddove esso crea una ulteriore pressione relativa al
carbonio su quei settori.
La depurazione degli esausti ha un pedigree
L'idea di utilizzare gocce d'acqua per depurare i gas esausti
era stata presa in considerazione in origine negli anni '50,
diventando rapidamente una tecnologia comunemente approvata ed
accettata nei settori industriali insediati a terra in tutto il
mondo.
Molti di questi sistemi utilizzano l'acqua di mare poiché
l'acqua di lavaggio dovuta alla salinità annulla la necessità
di aggiungere ulteriori prodotti chimici.
Con oltre 60 anni di continui sviluppo e crescita nella
generazione di elettricità e di altri impianti industriali
basati a terra, gli scrubber a umido ed altre tecnologie simili sono
state un ausilio decisivo per la continuazione dello sviluppo della
società.
Con tale successo a terra, è stata una valutazione
naturale quella di adeguare questa efficace tecnologia ambientale
all'uso in mare.
Ciò è avvenuto oltre 12 anni fa a bordo di un
traghetto del Regno Unito che ha dimostrato la capacità di
depurare le emissioni di ossidi di zolfo e di particolati di una
nave, così come di lasciare il segno sulle emissioni di
ossidi di azoto di una nave.
1
Secondo i dati della DNV GL c'erano 215
navi operative con scrubber nel 2015 quando entrò in vigore
il limite allo zolfo dello 0,1% per le ECAs (aree di controllo
delle emissioni.
I primi scrubber commerciali sulle navi iniziarono ad apparire
negli anni successivi, segnatamente su alcune centinaia di navi1
che probabilmente avrebbero navigato, in modo permanente o
occasionale, nelle aree di controllo delle emissioni.
Gli operatori navali hanno compreso i vantaggi
dell'installazione degli scrubber allo scopo di assicurare di poter
utilizzare gli olii combustibili esistenti piuttosto che passare ai
più costosi carburanti a bassissimo contenuto di zolfo, vale
a dire i prodotti distillati raffinati con un contenuto di zolfo
minore dello 0,1%.
Sembra che pochissima gente abbia tenuto conto dell'assai
piccolo incremento delle emissioni di CO2 quando l'energia viene
indirizzata nel sistema di depurazione, dal momento che a questo è
stato facilmente obiettato poiché gli armatori hanno iniziato
a cercare il modo di incrementare in generale l'efficienza della
nave.
Ma quando si guarda la fotografia del processo dal pozzo alla
scia, la fotografia della CO2, come spiegato dalla SINTEF, è
ancora più chiara.
Lavorare assieme
Occorre che il lavoro di ricerca in ordine ai vantaggi
complessivi dei sistemi di depurazione degli esausti continui e
bisogna che la discussione si evolva in maniera ragionevole.
Bisogna che al trasporto marittimo, e ad ogni altro settore che
utilizza tecnologie ambientalmente corrette focalizzate sulla
sostenibilità a lungo termine, sia permesso di persistere
nella propria ricerca e crescita, specialmente quando tali soluzioni
hanno senso dal punto di vista ambientale ed economico.
Il trasporto marittimo resta complesso, ma argomentare contro
una tecnologia ambientale a favore di un'altra contribuisce solo a
rafforzare l'equivoco che il settore non voglia fare la cosa giusta.
Come settore ci si trova in un significativo periodo di
trasformazione ed occorre essere ottimisti senza riserve riguardo
agli obiettivi ed impegni.
È innegabile che gli armatori abbiano bisogno di
soluzioni in cui le imprese tecnologiche possano investire
massicciamente a fini di ricerca e sviluppo per loro conto.
Pertanto occorre lavorare assieme.
(da: hellenicshippingnews.com/yaramarine.com, 5 novembre 2019)
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