 Ascoltata ieri, nel corso di un'audizione informale, dalle
Commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera dei deputati
nel quadro della conversione del decreto-legge Infrastrutture, la
Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica
(Confetra) ha espresso perplessità sul provvedimento
presentato dal governo a partire dal riconoscimento di una fee agli
autotrasportatori per i tempi di attesa al carico e scarico delle
merci, con modifica proposta dal governo che, secondo la
Confederazione, «appare inefficace ed onerosa poiché
l'impianto normativo attualmente vigente sui tempi di attesa al
carico e allo scarico (art. 6-bis del decreto legislativo n. 286/05)
è già sufficiente ed esaustivo e sarebbe più
opportuno intervenire preventivamente per ridurre le inefficienze».
Relativamente ai tempi di pagamento dei servizi di trasporto,
premettendo «che non si vede la necessità di modificare
l'attuale impianto normativo», Confetra ha manifestato
«perplessità sul coinvolgimento dell'Autorità
garante della concorrenza e del mercato (AGCM) alla quale sono
attribuiti poteri sanzionatori e di diffida in presenza di
determinate violazioni sul mancato rispetto dei termini di
pagamento. Si ritiene, infatti, che l'attuale norma che individua
nell'Agenzia delle Entrate e nella Guardia di Finanza i soggetti
preposti ai controlli del rispetto dei tempi di pagamento - ha
spiegato la Confederazione - sia già idonea e pertanto non si
vede la necessità di aggiungere ulteriori soggetti. Inoltre
la modifica sarebbe doppiamente inefficace anche dal punto di vista
sostanziale perché in pratica lascerebbe inalterato
l'impianto sanzionatorio in vigore (commi dal 12 al 15 dell'art. 83
bis del decreto-legge 112/2008) aggiungendo tuttavia una norma che
ha lo scopo di rafforzare il rispetto dei tempi di pagamento dei
servizi di autotrasporto che sono pari a 60 giorni dall'emissione
della fattura da parte del vettore. Si prevede che in caso di
violazioni della norma sui tempi di pagamento, il vettore
(creditore), o il Comitato Centrale per l'Albo degli
Autotrasportatori, possano richiedere l'intervento dell'AGCM che può
agire anche d'ufficio. Questi poteri dell'AGCM - ha ricordato
Confetra - sono previsti dall'articolo 15 della legge n. 287 del
1990, e possono essere esercitati nel caso in cui le violazioni dei
commi 12, 13 e 13-bis del citato articolo 83-bis integrino anche i
presupposti disciplinati dall'articolo 9, comma 3-bis, secondo
periodo, della legge n. 192 del 1998 e cioè si sia in
presenza di abuso di dipendenza economica. In questo caso,
l'Autorità diffida il committente e può applicare la
sanzione prevista dall'art. 15 della legge 287/1990 che può
arrivare fino al 10% del fatturato dell'impresa committente. Si
ritiene - ha sottolineato Confetra - che tale sanzione sia
sproporzionata e in ogni caso l'art. 83 bis già prevede una
sanzione amministrativa pecuniaria del 10% dell'importo della
fattura del servizio di trasporto e comunque non inferiore ad €
1.000 che appare congrua con lo scopo della norma. Prevedere
l'intervento dell'AGCM sembra poco opportuno considerato che, da una
parte, creerà sicuramente un aggravio di costi e, dall'altra
parte, appesantirà ulteriormente il settore già
sottoposto ad una stringente regolazione normativa e amministrativa
da parte di altre authority come l'ART (Autorità di
regolazione dei trasporti) e l'AGCOM (Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni). A tal fine si ritiene auspicabile
l'istituzione di un tavolo di confronto per valutare una revisione
complessiva del sistema di contribuzione alle authority e per
riconsiderare anche il perimetro delle loro competenze».
Inoltre, Confetra ha espresso «forti perplessità»
relativamente alle disposizioni in materia di ordinamento portuale
e, in particolare, «sulla norma contenuta nel provvedimento in
esame con cui si interviene sulle modalità di aggiornamento
dei canoni demaniali modificando l'indice dei prezzi da applicare.
Se da una parte si condivide la necessità di intervenire su
una disposizione controversa che rischia di provocare contenziosi
contro l'amministrazione - ha osservato la Confederazione -
dall'altra parte, si ritiene che non sia questa la corretta
impostazione da dare alla disposizione oggetto di modifica. Infatti
l'articolo 04, comma 1, del decreto-legge 4 ottobre 1993, n. 400
(convertito dalla legge 5 dicembre 1993, n. 494) prevede attualmente
per l'aggiornamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali
marittime il calcolo della media degli indici determinati dall'ISTAT
per i prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (FOI)
e per i corrispondenti valori per il mercato all'ingrosso. Tuttavia,
poiché da tempo l'ISTAT non diffonde più l'indice
relativo al mercato all'ingrosso, si ritiene che il riferimento a
tale indice debba essere soppresso e non sostituito, come invece
intende fare la norma in esame, con l'indice dei prezzi alla
produzione dei prodotti industriali che riguarda tutt'altra fase del
processo economico ed è soggetto a variazioni improvvise di
anno in anno che provocherebbero, così come già
accaduto nel 2023, un aumento esagerato dei canoni demaniali.
Pertanto, in un'ottica di semplificazione normativa, si ritiene
necessario rivedere i relativi meccanismi di adeguamento con la
modifica del decreto-legge 400/1993 prevedendo l'utilizzo del solo indice FOI per
l'aggiornamento dei canoni».
Infine, la Confederazione si è soffermata sulla
governance dei porti italiani rimarcando l'urgenza di sbloccare «al
più presto il processo di nomina dei presidenti delle
autorità portuali e dare attuazione alla preannunciata
riforma portuale su cui la Confetra ha già espresso da tempo
la propria posizione».
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