
Molte leggi finiscono per essere disapplicate per il solo fatto
che non sono stati emanati i decreti attuativi che consentono di
applicarle. Una di queste è la legge n. 60 del 17 maggio
2022, la cosiddetta legge SalvaMare, che ha introdotto disposizioni
per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la
promozione dell'economia circolare. A tre anni dalla sua
promulgazione non sono stati emanati alcuni decreti attuativi, tra
cui - hanno spiegato la Fondazione Marevivo e la Federazione del
Mare, che rappresenta le principali associazioni del cluster
marittimo italiano - quello relativo all'articolo 2 che disciplina
le modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e
volontariamente raccolti in mare, che consentirebbero di rendere
efficace uno strumento fondamentale nella lotta all'inquinamento
marino.
Fondazione Marevivo e Federazione del Mare hanno ricordato che
negli ultimi tre anni si stima siano state catturate oltre 6.000
tonnellate di rifiuti, soprattutto plastica, ma anche ferro,
metallo, pneumatici e vetro, dalle reti dei pescatori a strascico.
Dei circa 12mila pescherecci presenti in Italia, infatti, duemila
cosiddetti a strascico durante le attività di pesca
raccolgono circa una tonnellata di rifiuti all'anno che non possono
però depositare a terra, se non a proprie spese. L'ulteriore
beffa - hanno denunciato le due organizzazioni - è che, come
previsto dalla legge 60/2022, i cittadini italiani da gennaio 2024
pagano nella bolletta della Tari i costi per la gestione dei rifiuti
accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, senza che il
servizio venga effettuato.
«Uno degli obiettivi fondamentali di questa legge
all'articolo 2 - ha sottolineato Rosalba Giugni, presidente della
Fondazione Marevivo - era quello di favorire il recupero dei rifiuti
raccolti in mare per consentirne il corretto smaltimento, cosa che
oggi non accade. L'auspicio è che siano emanati al più
presto i decreti mancanti, per stabilire criteri e modalità
con cui i rifiuti accidentalmente pescati possano essere
effettivamente recuperati e riciclati». Secondo Marevivo, un
altro elemento della legge 60/2022 ancora da affrontare è
quello relativo ai criteri generali per la disciplina degli impianti
di desalinizzazione (art. 12), che consentirebbero di trasformare
l'acqua salata in acqua dolce, ma che rischiano di diventare un
problema in termini di impatto ambientale, in mancanza di un quadro
chiaro in grado di disciplinarli. Inoltre, della SalvaMare restano
aperti anche altri temi rilevanti, come la regolamentazione degli
impianti di acquacoltura (art. 13) e la corretta gestione delle
biomasse vegetali spiaggiate (art.5), si pensi - ha rilevato la
Fondazione - alla Posidonia che in alcuni paesi come la Francia
viene considerata un patrimonio da tutelare, mentre in Italia è
diventato un rifiuto da smaltire.
«Non potrò mai dimenticare - ha affermato Mario
Mattioli, presidente della Federazione del Mare - il nostro
entusiasmo quando la legge SalvaMare è stata approvata dal
Senato nel maggio 2022. Un entusiasmo che in questi 36 mesi di
attesa dei decreti attuativi è andato spegnendosi. Stiamo
perdendo la preziosa opportunità di sfruttare un
provvedimento all'avanguardia nel contesto europeo, che prevede
azioni concrete per tutelare il mare dalla plastica, vera piaga
dell'ecosistema marino, soltanto perché i ministeri
competenti non hanno ancora emanato i decreti attuativi necessari. È
una situazione molto sconfortante, in contraddizione con le tante
dichiarazioni a favore della salvaguardia degli oceani che abbiamo
sentito poche settimane fa a Nizza durante la Conferenza UNOC2025».