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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI CONTAINERS
ANNO XXXVII - Numero 31 OTTOBRE 2019
PORTI
MINACCIA AL MASSIMO LIVELLO DI SEMPRE RIGUARDO ALLA CRESCITA
DEI RISULTATI PRODUTTIVI DEI PORTI CONTAINERIZZATI GLOBALI
Secondo un nuovo rapporto, gli operatori di terminal container
devono affrontare i rischi più alti di qualsiasi altro
momento nella storia del settore.
Ed il "Container Terminals: Paths to Profitability"
suggerisce che i futuri investimenti da parte degli operatori ed
investitori avranno bisogno di essere considerati più
attentamente di quanto non sia mai accaduto prima.
Il rapporto di 221 pagine redatto dai veterani del settore Remco
Stenvert e Andrew Penfold afferma che molti dei rischi che il
settore si trova di fronte sono "al di là del controllo
degli operatori".
"Le attività inerenti ai porti e terminal
containerizzati sono di fronte a grandi incertezze come mai avvenuto
prima da quando è iniziata la rivoluzione containerizzata
alla fine degli anni '70" vi si legge.
"Tali incertezze presentano rischi sistemici ed intrinsechi
che potrebbero comportare un considerevole impatto sulle prospettive
della domanda, sulla redditività e sugli investimenti
portuali nei prossimi 10 anni.
Occorre che tutti gli investimenti adottino una chiara visione
di questi rischi, visto che sono passati i giorni in cui si poteva
fare affidamento sulla domanda in espansione di contenitori per
salvare i progetti marginali" scrivono gli autori.
Lo studio tratteggia una gamma di fattori esterni: il
ripiegamento della globalizzazione alla luce dell'aumento del
protezionismo; la crescente instabilità finanziaria dal 2009,
nel contesto della quale gran parte della crescita a partire dalla
crisi finanziaria è stata finanziata dall'aumento del livello
del debito; un cambiamento strutturale della natura della domanda in
cui molte economie sviluppate ora effettivamente hanno raggiunto
l'apice dei risultati produttivi containerizzati; le problematiche
apportate dalle strategie di approvvigionamento nelle vicinanze; le
problematiche tecnologiche poste dalla catena di blocchi e dalla
stampa in 3D; infine, la crescente importanza dell'ambiente, sul
quale gli operatori portuali non hanno alcun controllo ma di cui
devono tenere conto quando programmano nuovi progetti.
Ma c'è anche un lungo elenco di fattori interni ai
settori del trasporto marittimo e dei terminal con i quali molti si
sono già familiarizzati: l'eccesso di capacità e la
sottoutilizzazione di trasporto marittimo; l'instabilità
delle alleanze, che aumenta in termini di rischio di pari passo con
il rallentamento della crescita dei volumi; l'investimento in
terminal delle linee di navigazione, che è sempre più
nei pensieri degli operatori terminalistici indipendentemente dal
coinvolgimento dei vettori; la pressione da parte delle dimensioni
navali sempre più grandi; l'eccesso di capacità
terminalistica in alcune regioni; infine, la potenziale
perturbazione per il settore da parte di operatori del tutto nuovi.
"Il mondo sta cambiando e l'impatto sul settore dei porti
containerizzati resta poco chiaro.
Poiché importanti nuove società commerciali e
logistiche come Amazon e Alibaba incrementano la loro presenza sul
mercato, chiaramente ci sarà una pressione su di loro
affinché investano verticalmente nella filiera distributiva.
Questo potrebbe senz'altro far assistere ad un incremento del
potenziale di associazioni imprenditoriali ma potrebbe anche
comportare la concorrenza per gli investimenti in un mercato
incerto" si legge nel rapporto.
La buona notizia, tuttavia, è che anche nel caso dello
scenario peggiore immaginato dagli autori da qui al 2030 ci sarà
un po' di crescita per il mercato.
Se la minaccia di guerre commerciali e protezionismo dovesse
dissolversi e l'economia globale dovesse fruire di un periodo di
stabile crescita, il rapporto prevede risultati produttivi per i
porti mondiali pari a 1,37 miliardi di TEU nel 2025, in aumento del
35,4% rispetto all'anno scorso, quando i volumi globali hanno
oltrepassato il segno del miliardo di TEU per la prima volta, nonché
un'ulteriore crescita sino a 1,7 miliardi di TEU entro il 2030.
"Dovesse registrarsi un'altra recessione, le possibilità
di una rapida ripresa saranno più limitate.
Nel mercato attuale ci sono possibilità molto minori di
una incentivazione della domanda dati i tassi di interesse a livelli
già molto bassi e l'indebitamento dei governi a livelli così
alti che l'incentivo fiscale sarebbe difficile da conseguire.
Le attuali implicazioni di questa incertezza sono difficili da
prevedere ma, in termini generali, c'è spazio per una
riduzione completa della domanda nel corso del periodo 2019-2021. Le
previsioni sviluppate nel rapporto potrebbero sottostimare in modo
significativo il rischio al ribasso di questo scenario" si
afferma.
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