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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS | JAHR XXV - Anzahl 3/2007 - MÄRZ 2007 |
Safety & security
Le ragioni per addestrare i lavoratori portuali in materia di sicurezza
Nel corso della 82a riunione della MSC (Commissione Sicurezza Marittima) della IMO, svoltasi recentemente ad Istanbul, in un angolo del programma vi era un documento, proveniente dal Regno Unito, nel quale si proponeva che una piccola parte del Codice IMDG, attualmente non obbligatoria, divenisse invece tale. Si tratta della necessità che i lavoratori portuali impegnati nelle procedure di spedizione di merci pericolose vengano addestrati al riguardo.
Curiosamente, sebbene le organizzazioni dei lavoratori debbano classificare, dichiarare, documentare, imballare, etichettare, contrassegnare e, se si trovano nell'ambito di una unità antiterroristica, stivare, separare e mettere in sicurezza le merci pericolose imballate, e tutto ciò viene loro richiesto formalmente, non debbono - invece - espletare tutti questi compiti per mezzo di dipendenti specificamente addestrati; viene soltanto raccomandato che lo facciano.
Tale terminologia è dovuta al fatto che le decisioni della IMO non si applicano ai lavoratori portuali di terra; la loro obbligatorietà si riferisce unicamente alle navi ed alle attività marittime. Di conseguenza, mentre l'addestramento dei marittimi in materia di merci pericolose è formalmente richiesto, lo stesso non vale per il personale con base a terra impegnato in tali spedizioni.
Questa situazione è in stridente contrasto con quella delle attività di trasporto merci aereo, nelle quali tutti coloro che sono impegnati nelle movimentazioni di merci pericolose imballate devono avere frequentato un corso specifico ed avere conseguito un voto elevato (pari all'80% o più). E' quasi l'opposto di ciò che accade nel settore marittimo.
Anche se il sentimento diffuso è quello per cui un aereo merci che cade è in qualche modo diverso nonché un disastro peggiore di una nave mercantile che affonda, il risultato finale in realtà quasi non differisce, fatta eccezione per il fatto che la nave sarebbe molto più grande e trasporterebbe un carico assai maggiore. In termini di vite umane, il numero dei membri dell'equipaggio potrebbe essere più o meno lo stesso. Il fatto è che non vi sono ragioni convincenti per spiegare la differenza tra le due modalità a questo riguardo, e non vi sono assolutamente giustificazioni.
Inoltre, la Imo è sbarcata a terra con il Codice ISPS (codice internazionale sulla sicurezza di navi e porti) ed ovviamente ha fatto lo stesso con i requisiti IMDG. Non è esagerato dire che questa mancanza di una chiara presa di posizione internazionale è al centro della profonda differenza tra la modalità marittima e quella aerea quando si tratta di merci pericolose imballate.
Il documento britannico citato costituisce un tentativo di cambiare le cose ed il risultato della riunione della MSC è stato che la commissione non ha respinto la proposta, ma l'ha inviata alla DSC (Sottocommissione per le merci pericolose, i carichi solidi ed i contenitori) affinché effettuasse ulteriori valutazioni.
Se avesse rigettato la proposta, probabilmente - come accade in questi casi - l'idea non sarebbe stata più presa in considerazione per almeno altri cinque anni.
La DSC/12 si riunirà nel corso del prossimo mese di settembre e, poiché la documentazione dovrà essere presentata entro i primi di giugno, adesso c'è un po' di tempo affinché coloro che sono coinvolti in tali questioni possano presentare alla IMO la documentazione a supporto della pubblicazione britannica, oppure esercitare azioni di lobbying presso gli stati che battono le principali bandiere, ovvero fare tutte e due le cose. Si tratta di una opportunità unica che difficilmente si ripresenterà di nuovo.
(da: Cargo Systems, gennaio/febbraio 2007, pag. 60)
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