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	ANITA51ª Assemblea Generale
	
	
 
 Relazione del Presidente
	Eleuterio Arcese
	
 
 Firenze, 18 maggio 2013
	Auditorium S. Stefano al Ponte
 
 
	|  |  | Non è la specie più forte a sopravvivere,e nemmeno quella più intelligente
 ma la specie che risponde meglio al cambiamento.
 (Charles Darwin)
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   Autorità, Signore e Signori, cari amici e colleghi, un
	sincero grazie per essere qui oggi, così numerosi.
	
 Questa è la mia ultima Assemblea come Presidente di
	ANITA. Il prossimo anno sarà il mio successore con la sua
	“squadra” ad accogliervi.
	
 Per questo motivo ho deciso di fare qualcosa di diverso dalla
	“classica” Assemblea, invitando Francesco Morace,
	sociologo, scrittore e giornalista, che stimolerà la nostra
	riflessione sul periodo che stiamo attraversando e sul futuro.
	
 Il nostro ospite non si occupa propriamente né di
	logistica né tantomeno di autotrasporto ma porterà il
	punto di vista di un qualificato osservatore esterno, arricchendo
	così il tema della nostra Assemblea: il cambiamento.
	
 Ci troviamo di fronte ad una radicale trasformazione del sistema
	economico, politico e sociale, che sta evolvendo in qualcosa di
	diverso, che dobbiamo saper cogliere.
	
 Non vogliamo, non possiamo, non dobbiamo essere passivi in
	questa fase cruciale per noi imprenditori e per le nostre imprese,
	ma essere tra i protagonisti del cambiamento, o meglio - per usare
	un termine a noi familiare - essere parte consapevole del “motore”.
	
 Un unico motore, formato da più componenti.
	
 Istituzioni, imprese, sindacati e mondo della rappresentanza,
	che TUTTI INSIEME hanno un unico obiettivo: muovere il nostro
	settore, e così anche il Paese, verso un nuovo modello di
	sviluppo.
	
 Oggi ci troviamo di fronte a un bivio: contribuire a rendere più
	competitivo l'autotrasporto e la logistica italiana o assistere
	inermi al suo declino.
	
 Siamo qui per affermare con forza la volontà di
	percorrere la strada del cambiamento.
	
 Dobbiamo però eliminare il velo di pessimismo che avvolge
	le nostre vite e le nostre aziende ed aprirci al futuro ed al
	rinnovamento.
	
 È un cambiamento che tocca tutti e riguarda tutto: le
	relazioni tra persone e tra imprese, il linguaggio, i valori, il
	modo di agire e di fare impresa.
	
 Avendo ben chiaro chi siamo e la memoria del nostro passato, ma
	guardando al futuro, con spirito positivo.
	
 Non una rivoluzione, dunque, ma una evoluzione.
	
 
 
 
	
 
 Da poco più di tre settimane abbiamo un nuovo Esecutivo.
	
 Un Governo politico, consapevole della gravità e della
	natura dei problemi che deve affrontare, al quale chiediamo di fare
	presto.
	
 Ci sono interventi, come quello sul costo del lavoro, che non
	possono più attendere.
	
 Ho cominciato a parlare di “emergenza lavoro” e dei
	suoi impatti negativi sulla competitività delle nostre
	imprese e del nostro settore, dal 2008.
	
 Oggi questa è diventata l'emergenza dell'intero Paese, la
	priorità tra le priorità, primo punto nell'agenda
	dell'Esecutivo.
	
 I tempi della politica, delle Istituzioni nazionali e
	comunitarie, della pubblica amministrazione devono avvicinarsi a
	quelli delle imprese e del mercato.
	
 Noi imprenditori avevamo ben percepito i mutamenti, le tendenze
	economiche e sociali che la crisi porta con sé e abbiamo
	chiesto misure strutturali ai Governi che via via si sono succeduti.
	
 Lo scorso anno, per non andare troppo lontano e molti di voi lo
	ricordano, avevo lanciato un ultimo, accorato grido d'allarme sui
	rischi che il settore avrebbe corso e sui minori introiti per lo
	Stato, se non si fossero messi in atto pochi, ma significativi
	interventi.
	
 Purtroppo devo dire che nulla è cambiato, anzi la
	situazione è peggiorata, anche per una politica troppo
	orientata ad agire sotto la pressione dell'emergenza, quando i danni
	sono ormai evidenti.
	
 Delusione e rabbia sono oggi i sentimenti più ricorrenti
	tra gli imprenditori, per il tempo e le opportunità che si
	sono perse a causa di chi non ha pienamente compreso la centralità
	ed il ruolo strategico della logistica e dei trasporti.
	
 Un grave errore degli ultimi anni, del quale oggi stiamo pagando
	tutti le conseguenze: lavoratori e imprese.
	
 L'industria della logistica può fare da traino per
	l'economia e va sostenuta, ma soprattutto va accompagnata da un
	riassetto del mercato dell'autotrasporto.
	
 Un settore che ha notevoli potenzialità da esprimere e
	margini di efficienza e di produttività da recuperare.
	
 Ancora tuttavia eccessivamente polverizzato, ad altissimo
	rischio di infiltrazioni malavitose, gravato dalla concorrenza
	sleale.
	
 Un settore in costante conflitto, stretto da un eccesso di
	burocrazia ed incapace di fare “sistema”.
	
 Questo è il contesto in cui operiamo, appesantito –
	e mi spiace dirlo – dalla miopia di quanti continuano a
	rimpiangere un mondo che non tornerà più, che si
	mantengono ancorati su vecchi schemi e consumate abitudini, giocando
	in difesa.
	
 È un atteggiamento perdente.
	
 Chiunque lo adotta è destinato a fallire nella sua
	missione, qualunque essa sia: politica, sindacale o imprenditoriale.
	
 Al contrario, la velocità con la quale mutano gli scenari
	di riferimento è tale che obbliga a non fermarsi, a non
	arrendersi, a guardare oltre, verso nuovi modelli di sviluppo.
	
 Questa è la chiave del futuro.
	
 Non a caso, anche nel nostro settore ci sono aziende che
	continuano a crescere nonostante l'attuale fase di recessione,
	terribile e devastante, che ha toccato tutte le principali economie.
	
 Le imprese in difficoltà non possono più
	permettersi errori, inefficienze, indecisioni, ma hanno bisogno di
	avere risposte certe e credibili.
	
 Spetta al Governo stimolare la ripresa economica, intervenendo
	in via prioritaria su lavoro e occupazione, ripristinando un clima
	di fiducia nel Paese, promuovendo e favorendo l'accesso al credito e
	agli investimenti.
	
 Spetta agli imprenditori di ANITA, quelli che da Presidente mi
	onoro di rappresentare, essere i promotori ed i protagonisti del
	cambiamento.
	
 Noi, che abbiamo nel DNA tutte le caratteristiche per affrontare
	con impegno e senso di responsabilità questo processo,
	difficile, ma non impossibile.
	
 Noi, che abbiamo passione per il nostro lavoro, coraggio nelle
	scelte, intuizione nel cogliere le tendenze del mercato, sappiamo
	bene che oggi tutto questo non è più sufficiente.
	
 Servono anche più valori etici e maggiore impegno
	sociale.
	
 Rispetto della legalità, degli accordi, delle alleanze,
	delle regole: un rispetto che non deve discendere soltanto dalla
	forza intimidatrice e sanzionatoria delle norme, ma dalla profonda
	convinzione che tale comportamento è la base naturale della
	civile convivenza.
	
 Lealtà, affidabilità, trasparenza, correttezza,
	solidarietà: valori fondamentali nei rapporti tra gli
	individui e soprattutto tra le imprese.
	
 E, ancora, rispetto dell'ambiente e della sicurezza: principi
	essenziali per un sistema dei trasporti competitivo e sostenibile.
	
 Tutti parametri di civiltà.
	
 Il modello di sviluppo del futuro deve premiare queste imprese:
	le imprese virtuose, leali, efficienti, che fanno formazione per i
	propri addetti e si adoperano per formare giovani da inserire nel
	settore; che realizzano progetti innovativi di sviluppo; che puntano
	a fare sistema ed integrazione modale e logistica.
	
 Su di esse, che con fatica e sacrifici continuano a tenere la
	barra dritta, si deve concentrare l'attenzione del Governo, dei
	sindacati e delle associazioni.
	
 Quelle che non si avvicinano a questo modello o che non
	intendono realizzarlo, non hanno futuro.
	
 Mai come in questo momento occorre una seria, vera politica
	industriale dei trasporti, per riaffermare la centralità
	delle imprese, in un settore che ha certamente bisogno di interventi
	strutturali, ma soprattutto di un cambiamento “culturale”.
	
 In altri termini, si devono creare le condizioni affinché
	le imprese possano operare in un mercato che finalmente le
	valorizzi, che le renda forti e capaci di immaginare un futuro nel
	nostro Paese.
	
 Bisogna però fare in fretta e agire con coraggio, senza
	troppe illusioni, poiché continuare con le attuali cure
	palliative serve solo ad allungare l'agonia. È il momento di
	intervenire con la medicina giusta.
	
 Occorrono misure concrete, certe, efficaci ed immediate nella
	loro applicazione.
	
 Abbiamo formulato ancora una volta le nostre proposte alle forze
	politiche, alla vigilia delle elezioni. Le ripropongo per titoli:
	
 
	interventi per la riduzione della pressione fiscale e
	contributiva sul costo del lavoro, accompagnati da misure di
	sostegno all'occupazione; 
	misure per aumentare l'efficienza dell'industria logistica e la
	crescita strutturale delle imprese; 
	sviluppo dell'intermodalità; 
	ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture; 
	parità di condizioni con i nostri concorrenti esteri,
	specialmente con quelli dei Paesi dell'Est; 
	riduzione della burocrazia e semplificazione della normativa che
	regola il settore, primo fra tutti il Codice della strada; 
	risorse strutturali e legate a criteri selettivi, che possano
	incentivare la realizzazione di progetti innovativi di sviluppo; 
	riesame dell'attuale disciplina sui costi minimi; 
	lotta all'illegalità in tutte le sue forme; 
	controlli e sanzioni realmente efficaci, per la regolarità
	del mercato; 
	riforma dell'Albo riportando a livello centrale le competenze; 
	accesso selettivo alla professione e al mercato, agendo
	sull'idoneità finanziaria e soprattutto sull'onorabilità,
	come condizione preliminare e continuativa dell'esercizio
	dell'attività d'impresa. 
	Infine, più attenzione all'Europa, perché è
	soprattutto lì che si gioca il futuro delle nostre imprese.
	
 
 
 
	
 
 Il trasporto e la logistica sono strettamente interconnessi con
	il sistema produttivo industriale e con quello commerciale.
	
 Nel futuro scenario di crescita e di rinnovata fiducia, che
	tutti ci auguriamo di vedere il prima possibile, noi, le nostre
	imprese, i nostri lavoratori, vogliamo esserci.
	
 Per questo non posso limitare la mia analisi al solo contesto
	nazionale, ma estenderla all'Europa, dove molti di noi operano da
	anni.
	
 Il peso della legislazione comunitaria continua ad aumentare,
	limitando sempre di più l'autonomia legislativa degli Stati
	membri.
	
 Così, questioni importantissime per il futuro del settore
	si decidono a Bruxelles, dove la nostra presenza è ormai
	consolidata.
	
 Distacco dei lavoratori, cabotaggio, pesi e dimensioni,
	tachigrafo, tassazione dell'energia, questi sono i principali temi
	sui quali si incentra la discussione.
	
 Il nostro Paese, però, deve pesare di più nei
	processi decisionali delle Istituzioni comunitarie e incidere
	maggiormente sulle politiche comuni.
	
 
 
 
	
 
 Il cambiamento riguarda anche le relazioni.
	
 Si deve far ricorso e promuovere le strategie che uniscono.
	
 Dovremo poter pensare al mondo del trasporto e della logistica,
	come un luogo nel quale le imprese lavorano insieme con lealtà,
	trasparenza ed equilibrio, nel rispetto dei reciproci ruoli e dei
	reciproci vantaggi imprenditoriali.
	
 Occorre superare le conflittualità.
	
 Ci vuole, in altri termini, una svolta nei rapporti tra le
	imprese, per vincere le resistenze al cambiamento.
	
 Per risolvere le emergenze del Paese si è aperta una
	nuova fase, che vede la collaborazione tra forze politiche
	storicamente contrapposte.
	
 La parola chiave è dunque collaborazione, che tocca anche
	il mondo della rappresentanza.
	
 Le Associazioni hanno una grande responsabilità nel
	processo in atto e hanno il dovere di accompagnare le imprese in
	questo delicatissimo periodo.
	
 Anche nella rappresentanza dunque, ci si deve aprire al dialogo
	costruttivo, responsabile e serio.
	
 Ad una nuova fase nei rapporti senza rigidità, così
	come ANITA e FITA stanno facendo da tempo con Confindustria e
	Confetra.
	
 Non c'è spazio per la demagogia.
	
 Non è il più forte o quello che alza i toni della
	dialettica che ha ragione, ma quello che trova risposte alle
	aspettative di entrambe le parti.
	
 
 
 
	
 
 L'ho detto fin dall'inizio: il futuro del Paese si gioca, in
	buona parte, sulla capacità del Governo e del Parlamento di
	predisporre un quadro di condizioni favorevoli allo sviluppo e alla
	creazione di nuovi posti di lavoro.
	
 Alcune rigidità del mercato del lavoro, l'elevato costo
	del personale e la poca flessibilità del contratto
	collettivo, sono tra le principali cause della sfavorevole
	congiuntura.
	
 In questo contesto le organizzazioni sindacali dei lavoratori
	giocano un ruolo determinante.
	
 Con loro, stiamo affrontando in queste ore la partita più
	importante: il rinnovo del contratto di lavoro.
	
 Al tavolo c'è piena consapevolezza della situazione
	delicatissima che stiamo vivendo e dei rischi altissimi che stiamo
	correndo insieme, lavoratori e aziende.
	
 È anche chiaro che il mercato e le condizioni operative
	delle imprese stanno subendo - e subiranno sempre più -
	trasformazioni ed evoluzioni tali, da richiedere un approccio e
	soluzioni diverse dal passato.
	
 I lavoratori sanno bene quanto noi che la competitività
	delle nostre imprese passa anche attraverso una maggiore
	flessibilità e produttività, elementi sui quali
	possono contare i nostri concorrenti esteri.
	
 È ciò che stiamo chiedendo ai sindacati dei
	lavoratori, poiché solo incidendo su tali fattori è
	ancora possibile immaginare di poter sostenere i costi del rinnovo
	contrattuale.
	
 In caso contrario, il processo di disgregazione delle imprese
	italiane rischia di diventare irreversibile.
	
 Rivolgo quindi un appello ai lavoratori ed al mondo sindacale,
	affinché insieme si possa trovare una via d'uscita.
	
 Dobbiamo sostenerci a vicenda e far sì che le imprese
	ritrovino le convenienze per tornare ad assumere.
	
 Un patto, dunque, che ci veda uniti al tavolo negoziale e anche
	nei confronti del Governo e del Parlamento, per abbattere in modo
	strutturale il costo del lavoro e per ottenere sgravi fiscali e
	contributivi, al fine di consolidare ed aumentare la base
	occupazionale.
	
 Misure dunque che non siano limitate al solo rifinanziamento
	della cassa integrazione, strumento che certamente aiuta lavoratori
	ed imprese, ma che non risolve i problemi.
	
 Sarebbe una sconfitta per tutti non comprendere queste esigenze,
	vitali per il settore.
	
 
 
 
	
 
 E ora permettetemi di concludere il mio intervento rivolgendomi
	ai giovani presenti, che ringrazio.
	
 Ringrazio anche colleghi ed amici per aver accolto il mio invito
	a farli partecipare alla nostra Assemblea.
	
 Ai giovani, a coloro che hanno nelle mani il futuro del Paese, a
	quelli già inseriti nella gestione operativa delle nostre
	imprese e a quelli che vi entreranno, dico: non arrendetevi.
	
 Osate, abbiate coraggio, abbiate fiducia nelle vostre idee,
	siate forti, siate positivi, siate felici.
	
 Questo è il futuro che auguro a tutti.
	
 Grazie. |