Il settore dello shipping deve adottare misure per migliorare le
condizioni di lavoro in sette aree chiave e accrescere urgentemente
il benessere dei marittimi, renderendo la vita in mare sicura e
inclusiva e a prova di futuro rispetto alle mutevoli esigenze del
mercato del lavoro marittimo al fine di attrarre le future
generazioni di marittimi. Lo evidenzia il progetto pilota
Diversity@Sea, un'iniziativa del Global Maritime Forum realizzata
nell'arco di dieci mesi coinvolgendo 400 marittimi e 12 compagnie
marittime (Bernhard Schulte Shipmanagement, bp, Cargill, Chevron
Shipping, Diana Shipping, Dorian LPG, Gaslog, Hafnia, Stena, Synergy
e Swire Shipping).
I risultati dell'indagine identificano aree come la lotta agli
abusi e alle molestie, il miglioramento dell'equilibrio tra lavoro e
vita privata e l'ammodernamento delle strutture di bordo come
essenziali per il futuro del settore e la salvaguardia del futuro
del commercio mondiale. Tra gli altri aspetti su cui intervenire c'è
il miglioramento dei contratti dei marittimi per evitare la
pressione derivante dal dover lavorare un numero eccessivo di ore
e/o trascorrere troppo tempo lontano da casa, con il conseguenze
insorgere di gravi stati di ansia, depressione e affaticamento.
Presentando oggi i risultati del progetto pilota,
l'organizzazione internazionale no-profit ha evidenziato che gli
esiti dell'indagine giungono in un momento di crescente
preoccupazione per le condizioni di lavoro dei 1,9 milioni di
marittimi di tutto il mondo che mantengono in movimento il commercio
globale ma trascorrono gran parte del loro tempo al di fuori della
giurisdizione delle leggi nazionali sul lavoro. Il Global Maritime
Forum ha evidenziato che si tratta di un momento in cui, da quasi un
anno, centinaia di navi hanno continuato a transitare nel Mar Rosso
nonostante gli attacchi al traffico navale condotti dai militanti
Houthi con missili e droni che hanno provocato l'affondamento di
navi e l'uccisione e il ferimento di marittimi, una situazione è
stata preceduta dalla pandemia di Covid-19 che ha visto migliaia di
marittimi bloccati in mare per mesi oltre i loro obblighi
contrattuali a causa della chiusura delle frontiere. Uno scenario
che ha portato la carenza di manodopera marittima a raggiungere il
massimo degli ultimi 17 anni.