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	Associazione Agenti RaccomandatariMediatori Marittimi
 Agenti
	Aerei - Genova
 Assemblea dei soci 20 maggio 2010
 Relazione del Presidente
 Giovanni Cerruti
 
 
  Autorità, Illustri Ospiti, Colleghi ed Amici, anche quest'anno ci ritroviamo per la nostra Assemblea in questa
	magnifica sala di Palazzo San Giorgio. Un doveroso ringraziamento va
	pertanto all'Autorità Portuale ed al suo Presidente per la
	consueta ospitalità.
 E' prassi consolidata, in ogni occasione pubblica di questo
	tipo, fare una breve analisi della situazione di mercato e, magari,
	provare a disegnare i possibili scenari futuri che ci attendono nei
	prossimi anni; allo stato attuale, è praticamente impossibile
	non fare i conti o sorvolare sulle conseguenze della crisi economica
	mondiale e sui riflessi che, come in molti altri settori, sono stati
	e continuano ad essere molto pesanti per la nostra categoria.
 Nonostante solo ora si cominci auspicabilmente ad intravvedere
	un termine a questo periodo di forte contrazione dei traffici, non
	abbiamo comunque dubbi sul fatto che la ripresa sarà lunga ed
	ancora in salita.
 Vorrei iniziare questa mia relazione con un breve esame dei
	comparti in cui operano le nostre aziende associate.
 
 
 I traffici di linea
 Senza dilungarmi troppo sugli effetti della crisi mondiale,
	abbiamo già parlato in molte occasioni dei miliardi di
	dollari (si calcola che ammontino a oltre 20) bruciati dalle
	compagnie di navigazione nel solo 2009, dell'importante numero di
	navi in disarmo, freddo o caldo che sia e, quindi, solo dopo averne
	dato una sintetica analisi, passerei a valutare i cambiamenti e le
	nuove prospettive che verosimilmente dovremmo aspettarci nel
	prossimo futuro.
 Il picco massimo delle navi porta contenitori in disarmo si è
	raggiunto a novembre e dicembre 2009: con una flotta di 1.520.000
	teus, molto vicina al 20% del totale. Fortunatamente, già a
	partire da gennaio 2010, questo numero si è ridotto, per
	arrivare ad aprile a 1.100.000 teus.
 
 La crisi dei noli e le navi in disarmo (Teus)
 
   
   Circa l'andamento dei noli, il periodo contraddistinto da valori
	più bassi va da marzo a giugno 2009, con noli all-in dal Far
	East al Mediterraneo che si assestavano intorno ai 350/400 Usd per
	teu, comprensivi delle varie addizionali. Nello stesso periodo un
	nolo dal Mediterraneo al Far East valeva circa 250/300 Usd per teu.
	Da settembre 2009 vi è stata una decisa inversione di
	tendenza, con noli, che soprattutto dall'Asia, sono risaliti a
	livelli quantomeno decenti.
 
 Noli All-In Far East/Mediterraneo
 
   
   Le ragioni sono due: da un lato un reale aumento dei traffici,
	cosa che possiamo già constatare con la crescita dei volumi
	fatti registrare dai porti liguri, con Genova e La Spezia che
	segnano nel primo quarto un +13% rispetto al 2009. La seconda
	motivazione è legata ad una generale riduzione dell'offerta
	di stiva: a partire infatti da settembre/ottobre 2009, gli armatori
	hanno ridotto in gran parte la quantità di stiva disponibile
	sul mercato.
 Quasi tutte le compagnie di navigazione hanno impiegato nei
	servizi un maggior numero di navi al fine di ridurre la velocità
	di rotazione, con una notevole diminuzione dei consumi che,
	considerato l'importante costo a tonnellate del Bunker (ormai
	mediamente intorno ai 500 Usd), riesce a coniugare due esigenze
	fondamentali: da una parte ridurre il numero delle navi in esubero,
	dall'altra risparmiare carburante. Questo è anche un mezzo
	per ridurre le quantità di Co2 emesse nell'atmosfera e quindi
	essere più “environment friendly”. L'esempio
	della CKYH Alliance è un classico: da aprile il nuovo nome
	dell'alleanza sarà “Green Alliance”.
 Le previsioni di crescita per il 2010 sono decisamente
	incoraggianti: le più pessimistiche parlano di una crescita
	globale del 5.5% rispetto al 2009, con un aumento dei traffici tra
	Asia ed Europa del 4.6%, mentre le più ottimistiche prevedono
	una crescita globale del 7.6% con una crescita Asia/Europa del 7.5%.
 Sicuramente la crisi ha portato cambiamenti sostanziali nella
	visione e nelle strategie che le compagnie metteranno in campo nel
	prossimo futuro. L'abbondanza di navi a prezzi relativamente bassi
	ha indotto gli armatori ad aumentare il numero delle toccate e a
	scalare un maggior numero di porti diretti. Porti dell'East Med, del
	Black Sea, dell'Adriatico, vengono sempre più frequentemente
	toccati da navi madre, in parziale sostituzione dei pre-esistenti
	servizi feeders.
 A soffrire saranno sempre più i porti specificatamente di
	trasbordo, che oltre ad una generale riduzione dei traffici,
	vedranno ridursi anche la quota generale del traffico in
	transhipment. Si può ritenere che a breve, non appena
	verranno realizzati alcuni progetti di “hub ports”
	nell'area del nord Africa, la percentuale di containers in
	trasbordo, per lo meno attraverso i porti italiani, potrà
	subire un vistoso calo. Non si parlerà più solo ed
	esclusivamente di trasbordo, ma anche e principalmente di relay
	(trasbordo da nave madre a nave madre). Questo concetto
	tendenzialmente serve a ottimizzare al massimo i servizi e gli spazi
	a bordo delle navi. Il concetto di relay, quindi, non ha bisogno di
	una forte connotazione geografica, ma deve trovarsi nei punti di
	intersezione delle principali rotte East/West, North/South.
 
 
 Il traffico tramp
 Tutto il comparto dei carichi secchi è stato
	contrassegnato lo scorso anno in Italia da una totale stagnazione.
	Non c'è stato settore, dal siderurgico al cemento, dal
	carbone alle granaglie che non sia stato colpito dalla frenata che
	ha condizionato sia l'Europa che le Americhe.
 Lo choc è stato particolarmente forte nel dry per una
	miscela di fattori che si sono scatenati contemporaneamente:
	l'eccessiva offerta di stiva, gli effetti di un mercato, quello
	cinese, che non poteva continuare ad acquistare materie prime ed
	energia a prezzi “drogati”, la crisi al consumo in
	America.
 Tuttavia man mano che i mesi passavano si potevano toccare con
	mano piccolissimi segnali di riconquistata fiducia.
 Come al solito oggi vediamo che a trainare la ripresa sono i due
	paesi con la popolazione più numerosa: Cina e India. Ambedue
	i Paesi hanno obiettivi ambiziosi da raggiungere sia nelle
	infrastrutture che nell'industria. La Cina, infatti, vuole uscire
	dallo stato di fabbrica del mondo, deve dimostrare che non si fa più
	il “Made in China” ma “Designed, thought,
	projected in China”. Per ottenere questo, lo standard di vita
	deve alzarsi, i giovani devono studiare all'estero per portare idee
	da attuare nel loro paese.
 Oggi le grandi metropoli hanno una maggiore sensibilità
	sia alla qualità della vita che al rispetto dell'ambiente,
	con riflessi anche sui trasporti. Riprendono i grandi flussi di
	materie prime e prodotti finiti che si spostano da Est a Ovest e ora
	anche da Est a Sud.
 Il 2010 ha da subito mostrato qualche debole segno di ripresa
	anche perché la quasi totale stagnazione dalla seconda metà
	del 2008 aveva pressoché azzerato la riserva. Il settore
	delle costruzioni è forse ancora più immobile di
	qualche mese fa, ma i protagonisti sanno di non potersi far trovare
	impreparati di fronte ad un auspicabile ripresa.
 I governi dovrebbero ora riaccendere il volano dell'economia
	attraverso l'attuazione di progetti sulle infrastrutture. Purtroppo
	ad oggi non si rilevano grandi segnali di ripresa nei traffici delle
	rinfuse bianche. Ciò significa che i grandi cementifici
	mantengono un atteggiamento di estrema prudenza.
 In questo contesto la portualità ligure sta attraversando
	un momento particolarmente delicato che potrebbe portare a
	significativi cambiamenti.
 Tuttavia ritengo vi sia un generale desiderio di cambiamento
	che, se sarà visto in un contesto più ampio e non
	meramente cittadino o regionale, porterà Genova e la Liguria
	in una posizione strategica e importante per il sistema
	trasportistico Europeo.
 Il settore cisterniero ha risentito con qualche mese di ritardo
	degli effetti del black out economico. Quasi tutti gli armatori si
	aspettavano per il 2010 qualcosa di peggio rispetto al 2009. I
	programmi di consegne erano ingenti e tutti sono rimasti col fiato
	sospeso aspettando di essere travolti da questo grande numero di
	nuove costruzioni che stava per riversarsi sul mercato.
 Siamo arrivati al primo trimestre del 2010 senza drammi o
	vittime sul campo. Alcune consegne sono state ritardate, i noli
	hanno subito un calo ma non così verticale come ci si
	aspettava. Nel frattempo l'Asia ha ricominciato a marciare a pieno
	ritmo e l'onda sembra essere di nuovo in salita.
 Ovviamente non è il momento di farsi prendere
	dall'euforia, ma neppure di guardare avanti con troppo sospetto. E'
	difficile pensare cosa ci riserva il futuro in questo settore ma è
	immaginabile che i volumi tenderanno a ridursi. Le energie
	alternative, la spasmodica ricerca della riduzione dei consumi fanno
	si che il vecchio Continente non sarà l'area dove gli
	armatori punteranno.
 Dobbiamo aggiungere che sia in Europa, sia in America, non è
	più possibile costruire o ampliare impianti di raffinazione
	ma è solo permessa un'opera di mantenimento. Questo
	comporterà una graduale mancanza di competitività
	nella raffinazione con la conseguente migrazione verso l'India, la
	Cina e la Korea.
 Volendo traguardare il futuro potremmo pensare ai principali
	porti come aree di stoccaggio per i prodotti petroliferi serviti da
	grande Navi ed i minori serviti da handysize coaster.
 In questi giorni si è letto che un grande operatore nord
	europeo ha investito in un'area di stoccaggio di liquidi ad
	Algeciras.
 Genova manca di spazi e pertanto rischia di essere uno dei porti
	serviti da traffici marginali, nonostante la posizione geografica
	particolarmente favorevole rispetto al Sud Europa. La soluzione
	potrebbe esserci, adottando quello che in Nord Europa ed in Cina è
	diventata prassi: reclamation. Recuperare terreno sul mare
	investendo nei progetti davvero strategici, quali la
	riqualificazione del Porto Petroli, da troppi anni fermo solo alla
	fase propositiva progettuale.
 
 
 Le crociere
 L'impatto della crisi mondiale sul comparto crocieristico non ha
	apparentemente generato quella contrazione cui gli indicatori
	economici avrebbero potuto far pensare. Da un punto di vista dei
	numeri relativi ai passeggeri trasportati parrebbe anzi che il trend
	espansivo dei principali gruppi del comparto sia proseguito senza
	particolari scosse.
 A dispetto di queste apparenze però, la crisi generale
	non è rimasta senza conseguenze per il cruising. I prezzi
	medi dei biglietti sono scesi in maniera sensibile aumentando
	ulteriormente la competitività della crociera rispetto ad
	altre forme di turismo, ma esasperando la politica tesa alla
	riduzione dei costi correnti praticata dalle compagnie armatrici.
 Questa pressione al risparmio sui costi si è riverberata
	principalmente sui fornitori di servizi, tra cui gli Agenti
	Marittimi, da sempre elemento debole di una catena dai molteplici
	anelli, parecchi dei quali incomprimibili o quasi.
 Tutto ciò ha inasprito la competizione tra imprese,
	spesso trascinate in una devastante corsa al ribasso dalla procedura
	ormai quasi generalizzata di “messa a gara”, i
	famigerati “bid”, che hanno quasi ovunque soppiantato i
	tradizionali equilibri di fedeltà e continuità di
	rapporto tra agenti e armatori.
 Pare purtroppo prevalere l'idea che l'agente migliore sia quello
	che costa meno, salvo poi pretendere performances di alto livello
	attraverso stringenti procedure di valutazione del servizio.
 E' qui forse opportuno ricordare che, pur nel quadro della
	liberalizzazione di molte professioni, intervenuta anche in Italia
	con il recentissimo recepimento della direttiva comunitaria, la
	nostra tariffa professionale mantiene integra la propria
	obbligatorietà, con tutte le implicazioni che tale
	inderogabilità comporta.
 Il porto di Genova ha fatto segnare, nel settore specifico,
	cifre da primato, fatto questo che non deve far dimenticare
	l'intrinseca fragilità di un successo che finora si è
	basato fondamentalmente sulla presenza di un unico cliente.
 Siamo poi ancora una volta a ricordare, se non fosse sufficiente
	testimonianza la sua invadente e desolante presenza, l'ancora
	irrisolto problema dell'Hennebique, cuneo fatiscente inserito in un
	contesto di grande valore nel punto di articolazione tra porto
	antico e stazioni marittime, strozzatura inverosimile nel passaggio
	obbligato per i crocieristi in transito, che dal Mille si recano
	all'Acquario. Non possiamo che augurarci che i lavori in corso sul
	Ponte Parodi finiscano per trascinare nel risanamento tutta la
	preziosissima area circostante: Calata Darsena e Silos inclusi.
 
 
 La mediazione marittima
 Il mercato dei noli nelle rinfuse secche è senza dubbio
	quello che si è difeso meglio dalla crisi dello shipping. I
	noli da qualche tempo (fatta eccezione per le Cape Size) sono
	infatti a livelli più che apprezzabili.
 I valori delle Panamax (da 60mila ad 80mila Dwt), per un anno
	di noleggio, hanno tenuto una media di 24.500 Usd al giorno,
	passando dagli 11.300 Usd di aprile 2009 a cifre di circa 30.750 Usd
	di aprile di quest'anno.
 Le moderne Cape Size (da 120mila a 180mila Dwt), come sopra
	detto, hanno avuto un andamento altalenante: dai 20mila Usd di
	aprile 2009, agli 80mila di giugno dello stesso anno. Ad aprile di
	quest'anno hanno segnato cifre attorno ai 28mila Usd al giorno,
	anche se si nota qualche segno di ripresa.
 Le navi di portata inferiore hanno ottenuto buone rate sempre
	riferite ad un noleggio della durata di un anno; una Supramax
	(53mila Dwt) ha ottenuto un nolo medio lo scorso anno attorno ai
	20mila Usd, oggi raggiungono quasi i 27mila. Le Handymax (da 35mila
	a 46mila Dwt) sono passate dai 12mila usd di aprile 2009 ai circa
	22mila di oggi. Le Handy Size (da 15mila a 35mila Dwt) nello stesso
	periodo sono salite da 9.500 a 19.500 Usd al giorno.
 Il mercato delle tankers nel 2009 ha toccato livelli assai
	bassi, fino ad arrivare, in alcuni casi, a valori di time charter
	negativo, cioè noli base viaggio che non solo non riuscivano
	a coprire i costi vivi del viaggio, ma lasciavano scoperti anche i
	costi fissi della nave. Per esempio in agosto 2009 le Aframax sul
	mercato spot del Mare del Nord avevano un rapporto costi ricavi
	negativo di -4.200 Usd giorno e le Products sulla rotta
	Singapore/Giappone -2.700 Uds giorno. Una situazione che se fosse
	durata più a lungo avrebbe portato sicuramente al disarmo di
	molte unità.
 Nell'anno, come media, le VLCC hanno registrato circa 30.000 Usd
	giorno, le Aframax circa 15.000 e le Products poco più di
	7.000, non al livello di far scattare la molla del disarmo, ma
	valori inferiori al break-even (costo industriale) di cui hanno
	bisogno navi moderne per coprire i costi fissi e gli oneri
	finanziari .
 Le prospettive, dopo i primi mesi del 2010, pur segnati da
	leggeri rialzi, restano problematiche, a causa dell'offerta di stiva
	dato l'incessante aumento della flotta dovuto alle nuove costruzioni
	che arrivano dai cantieri a ritmo continuo. Ad esempio, per tutto
	l'anno in corso sono previste nuove product carriers al ritmo di una
	ogni tre giorni, ed una Aframax ogni quattro giorni e mezzo. Di
	conseguenza, dobbiamo sperare che gli armatori più saggi
	facciano ricorso al disarmo di alcune dello loro unità e alla
	demolizione delle unità più vecchie, per cercare di
	ridare vita ai noli.
 Per quanto riguarda invece il mercato della compravendita navale
	negli ultimi 12 mesi nel settore Dry Bulk i prezzi delle navi a
	partire da aprile/maggio 2009 sono lentamente ma costantemente
	risaliti per tutti i successivi 12 mesi.
 Tale tendenza al rialzo è tuttora in atto, ad eccezione
	forse delle navi Capesize che nelle ultime settimane hanno subito un
	battuta d'arresto.
 A titolo comparativo il valore di una Panamax Bulker di 5 anni a
	maggio 2009 era di circa 31 milioni di Usd, a novembre 2009 di circa
	35 milioni ed oggi è intorno ai 39 milioni.
 A partire dalla fine del 2009 il volume delle transazioni è
	aumentato in maniera consistente a causa della forte domanda di
	acquisto di navi, inizialmente da parte dei cinesi e successivamente
	anche degli armatori greci ed europei.
 Nel settore Tanker c'è stata una pesante depressione per
	tutti gli ultimi 12 mesi. I prezzi delle navi cisterne, che erano
	già al “tappeto” ad aprile/maggio 2009 sono
	rimasti sostanzialmente invariati e il numero di transazioni
	concluse è stato estremamente esiguo.
 Solo in queste ultime settimane si è potuta notare una
	maggiore attività che lascia sperare in una ripresa di questo
	settore, tuttavia è prematuro parlare di un trend rialzista
	sui prezzi.
 Negli ultimi 12 mesi il valore di una Aframax Tanker di 5 anni è
	rimasto intorno ai 42 milioni di Usd, quello di una MR Tanker
	(47-51,000 tdw) della stessa età intorno ai 26 milioni e
	quello di una chimica da 20mila tdw (coated) intorno ai 19 milioni.
 Il settore dei Containers è stato quello più
	colpito dalla crisi finanziaria e dalla recessione economica.
	Diverse navi (in alcuni casi intere porzioni di flotte), come
	abbiamo visto prima, sono state messe in disarmo e il mercato è
	rimasto “stagnante” per tutti gli ultimi 12 mesi. Le
	transazioni in compravendita sono state molto scarse e i prezzi sono
	rimasti depressi ed invariati fino a poche settimane fa.
 Nell'ultimo mese tuttavia c'è stato qualche segnale di
	inversione di tendenza, ma le compravendite concluse hanno
	riguardato maggiormente navi oltre i 10 anni di età.
 Una Full Container da 5000 Teu di 5 anni di età, fino a
	marzo/aprile 2009 valeva intorno ai 26 milioni di Usd, oggi
	probabilmente potrebbe ottenere un prezzo intorno ai 28-30 milioni.
 Ed, infine, il settore delle Newbuilding. Nella seconda metà
	del 2009 si è molto parlato a proposito delle numerose
	cancellazioni (negoziate o forzate!) relative alle commesse
	acquisite in precedenza dai cantieri, o dei tentativi da parte di
	molti armatori di posticipare le date di consegna al fine di
	superare la crisi del mercato.
 
 Tuttavia la reale portata di tali fenomeni rimane tutt'ora
	incerta.
 Probabilmente le cancellazioni riguardano circa il 20-25%
	dell'orderbook mondiale, ma i più colpiti sono indubbiamente
	i cantieri cinesi di seconda categoria (i cosiddetti GREENFIELD
	YARDS). Per una ragione o per l'altra comunque le consegne di navi
	nuove tra seconda metà 2009 e l'inizio del 2010 sono state
	inferiori a quelle previste.
 In ogni modo il numero di navi previste in consegna nel
	2010/2011 rimane molto alto e per alcune tipologie di esse equivale
	a circa il 70-80% della flotta navigante. Conseguentemente le nuove
	commesse concluse nella seconda metà del 2009 sono state
	quasi inesistenti.
 Nel primo trimestre del 2010 ci sono stati un certo numero di
	nuovi ordini sia per tankers che per bulk carriers, con consegne
	previste per il 2012.
 
 
 La riforma della legge 84/94 e l'autonomia finanziaria
 Dopo una gestazione durata alcuni anni, la riforma della legge
	portuale del 1994 si è arenata sul tema di fondo di una
	relativa autonomia finanziaria delle autorità portuali.
 Il disegno di legge proposto dal Governo è carente
	proprio nella norma chiave, quella dell'autonomia finanziaria,
	promessa a più riprese sia dalla maggioranza che
	dall'opposizione e ancora una volta negata.
 L'ipotesi di restituire ai porti il 5 per cento di quanto
	incassato sotto forma di Iva e di accise e girato integralmente
	all'Erario, approvata in forma bipartisan dalla Commissione
	Trasporti del Senato, è stata semplicemente cancellata.
 Al suo posto, in parallelo al disegno di legge, è stato
	istituito un fondo nazionale che, per tutti i porti, mette a
	disposizione per quest'anno 80 milioni di euro, mentre la sola
	Genova dall'autonomia finanziaria ne attendeva almeno 200.
 La Commissione Trasporti propone ora un compromesso, quello di
	iniziare con una quota del 2 o 3 per cento. Vedremo ma fino ad ora
	questi schemi hanno dimostrato di essere impraticabili.
 Visto che tutto è stato azzerato, conviene ricordare che
	il punto di partenza avrebbe dovuto essere quello delle linee guida
	fissate alcuni anni fa dall'Unione Europea, poi completamente
	disattese sia dall'Italia che dalla maggioranza dei Paesi
	dell'Unione.
 Il punto nodale è allora quello del ripensamento delle
	modalità di esazione e destinazione dei tributi, abbandonando
	i sistemi a ripartizione fin qui adottati che hanno finito per
	spalmare su troppi scali le poche risorse disponibili. I porti non
	possono seguire una logica regionalistica, nella quale prevarrebbero
	gli interessi locali a discapito del mercato.
 L'obiettivo è l'integrazione dei porti nella catena
	logistica, dai terminal ai retroporti e alle destinazioni fìnali.
	Quello che e due proposte sul tappeto di riforma della legge
	portuale non hanno considerato è che il nostro problema
	principale non sono i terminal, ma le infrastrutture di collegamento
	con il mercato.
 E' questo il nodo sul quale ci dobbiamo confrontare, I terminal
	portuali dei principali scali strategici del Paese sono tutto
	sommato adeguati alle nostre esigenze, sia pure cori molti doppioni
	e con troppe sovrapposizioni.
 Diciamolo con chiarezza: lo spreco di denaro pubblico è
	stato una costante delle politiche fin qui seguite, con la
	moltiplicazione delle Autorità Portuali all'incredibile
	numero di venticinque (che stanno per diventare ventisei con
	l'aggiunta di Trapani) e con la conseguente erogazione a pioggia dei
	fondi nazionali.
 In questa situazione, riteniamo che debbano essere valutate con
	molta attenzione ipotesi di diverse modalità di investimento
	nei 'porti corridoio' di Genova e Trieste come quelle prospettate
	nei mesi scorsi con il supporto del gruppo Unicredit.
 Questo in prospettiva. Ma hic et nunc, qui ed ora, il
	problema è quello di risolvere i veri nodi della nostra
	operatività. Per questo crediamo siano urgenti quegli
	interventi che diano alle Autorità Portuali margini più
	ampi sul fronte regolamentare.
 Che, per esempio, consentirebbero da subito di attuare un
	migliore coordinamento negli orari dei controlli della Dogana e
	della Guardia di Finanza, della Sanità marittima e dei
	controlli veterinari. E, speriamo, costringerebbero alla
	compatibilità i sistemi informatici fito-sanitario e
	veterinario, tanto per fare un esempio.
 Per quanto riguarda la velocizzazione delle operazioni ai varchi
	portuali, vorrei aggiungere un elemento di riflessione. Circa il 93%
	dei controlli della Guardia di Finanza viene effettuato sulle base
	di intelligence. Ma è allora proprio necessario che i
	controlli della Finanza vengano effettuati soprattutto nei porti?
	Non sarebbe più ragionevole che le procedure della nostra
	polizia finanziaria fossero allineate a quelle degli altri Paesi con
	un migliore utilizzo del personale dei servizi legati al controllo
	delle merci, che in Italia è costituito da ben 25.000
	addetti?
 
 
 I collegamenti ferroviari con il mercato
 Sia il disegno di legge elaborato dalla Commissione Trasporti
	del Senato che quello proposto dal Governo intervengono in maniera
	marginale sul vero problema dei porti: quello dell'insufficienza dei
	collegamenti infrastrutturali con il mercato, sia domestico che
	europeo. Per superare questa criticità, è necessario
	che la legislazione sui porti includa il tema dei corridoi, della
	retroportualità e delle infrastrutture, sia ferroviarie che
	stradali.
 Il tema di fondo è che uno sviluppo significativo dei
	traffici deve necessariamente essere affiancato da servizi
	ferroviari efficienti, Oggi non è così, e stiamo
	assistendo al progressivo smantellamento pezzo per pezzo del
	trasporto ferroviario merci di Trenitalia, che offre servizi
	inadeguati a prezzi esorbitanti.
 Negli ultimi cinque anni le ferrovie hanno ridotto gli
	investimenti nel cargo, ma nello stesso tempo hanno di fatto
	ostacolato la liberalizzazione imposta dall'ordinamento europeo.
 Pur con i fondi limitati che potranno essere disponibili,
	chiediamo che da subito la Regione Liguria intervenga nel settore
	con l'erogazione di fondi a favore delle imprese private di
	trasporto su rotaia, che si spera possano trovare nuovi spazi per le
	merci con la realizzazione del nodo ferroviario di Genova. Ci sembra
	che il percorso più opportuno sia un'alleanza fra Regioni per
	incentivare lo sviluppo delle imprese private di trasporto su
	rotaia.
 Incentivi e non sovvenzioni, diretti a progetti specifici con un
	rilevante interesse pubblico, come insegnano esperienze già
	realizzate in regioni come Friuli, Emilia Romagna e Veneto. Per il
	potenziamento del trasporto ferroviario è necessario puntare
	ad un sistema efficiente in tutta la filiera, dallo sbarco dalla
	nave al collegamento con la rete, fino all'inoltro in pianura, Nel
	confronto con le altre Regioni si dovrà puntare ad offrire
	una pianificazione logistica integrata con alcuni elementi di forte
	innovazione anche sul piano legislativo.
 Il primo obiettivo per la portualità ligure nel suo
	complesso non può che essere quello di rendere più
	semplice la connessione delle manovre portuali e navettamento al
	retroporto e alla destinazione finale con tutti i vantaggi che
	questo sistema comporterà anche in termini ambientali.
 Si deve quindi puntare alla costituzione entro l'anno di un
	sistema strutturato di servizio ferroviario, Gli agenti apprezzano
	che l'utilizzo autonomo del sistema ferroviario sia condiviso dai
	tre presidenti delle autorità portuali liguri. L'obiettivo è
	quello di una gestione economica del vettore ferroviario al servizio
	della retroportualità, che consenta di ottenere una
	significativa diminuzione del traffico pesante e di delocalizzare
	anche una parte del ciclo dei container vuoti. Solo con volumi
	significativi si può pensare che dai nostri retroporti venga
	formato un serio traffico ferroviario suile lunghe percorrenze.
 Per questa proposta, siamo confortati dai fatto che, nel sua
	programma elettorale, il Presidente Burlando ha confermato
	l'intenzione di attrezzare la Regione per intervenire nello sviluppo
	del trasporto su ferro delle merci che transitano dai nostri porti,
	con estensione della possibilità da parte delle Autorità
	Portuali di gestire un proprio parco mezzi per la trazione.
 Il sistema dalle manovre ferroviarie nel porto di Genova dovrà
	comunque essere superato entro il 2015.
 La questione di fondo è che il nostro sistema ferroviario
	merci è in via di dismissione, mentre i collegamenti
	ferroviari dal Nord Europa continuano a progredire. Ogni settimana i
	treni blocco per l'Italia che vengono formati solo a Rotterdam e ad
	Amburgo sono rispettivamente 178 e 176, equivalenti a circa 740 mila
	teus annui.
 
 La sovra capacità dei terminai dell'Alto Tirreno
 Oggi i porti liguri operano in competizione tra loro e non hanno
	tempi coordinati per i progetti di sviluppo.
 Il problema reale è quello di coordinare e tempistiche di
	adeguamento della capacità produttiva per i tre porti. Sulla
	base di un dato di fatto incontrovertibile: che i progetti di
	sviluppo “paralleli” oggi in corso porteranno tra pochi
	anni ad un insopportabile sottoutilizzo della capacità
	stimato, nel caso di container, tra il 50 e il 60%.
 Il tema sul tappeto è quello dei costi dello sviluppo.
	Come e dove utilizzare al meglio le scarse risorse disponibili?
	Costruire un terminal container nuovo a Genova applicando il Piano
	Regolatore ancora vigente costerebbe tra il 25 e il 50% del costo
	della piattaforma di Vado, a parità di grandezza. Senza
	contare i vantaggi del sistema logistico esistente a Genova, che è
	e rimane il primo porto del Sud Europa.
 La realtà, su cui si può e si deve lavorare da
	subito in maniera concreta producendo nuova occupazione e ricchezza
	per la comunità è che con le opere già previste
	dal piano regolatore, il porto di Genova potrebbe in pochi anni
	raggiungere una capacità di movimentazione di 4 / 5 milioni
	di teus l'anno, un volume più che adeguato alle esigenze
	della nostra economia per i prossimi dieci anni.
 Con il solo completamento di Calata Bettolo e Multipurpose a
	Genova e con la piccola estensione prevista per il terminal della
	Spezia, la capacità ligure salirebbe subito ad oltre 5
	milioni di teu a fronte di una domanda che si ritiene tornerà
	solo fra tre o quattro anni ai livelli del 2008, pari a 3.200.000
	teu.
 Un dato va sottolineato: negli ultimi venti anni la percentuale
	di utilizzazione della capacità container dei porti dell'Alto
	Tirreno, da Livorno a Savona passando per Spezia e Genova, è
	arrivata al 90% solo nei 2007, ma è stata normalmente
	inferiore all'80%, con minimi del 60%.
 
 
 
	
		| Anni | % di utilizzazione | Fasi |  
		| 
 | 
 | 
 |  
		| 1995 - 1999 | 70 - 75% | Crescita del mercato, progressivo aumento della capacità
			dei terminal e del loro uso. |  
		| 2000 - 2004 | 75 - 85% |  
		| 2005 - 2007 | 85 - 90% |  
		| 
 | 
 | 
 |  
		| 2008 - 2009 | 80 - 65% | Crisi mondiale: cala la domanda e diminuisce l'uso degli
			impianti portuali. Ma contemporaneamente se ne progettano di
			nuovi. |  
		| 
 | 
 | 
 |  
		| 2010 - 2014 | 60 - 50% | Ripresa lenta, aumenta la domanda ma nello stesso tempo vengono
			completati importanti progetti. I terminal vengono utilizzati
			sempre di meno. | 
	
 Questa è la realtà, che significa soprattutto una
	cosa: per i porti liguri non sono urgenti tanto nuovi aumenti di
	capacità, quanto la realizzazione di infrastrutture di
	collegamento con il mercato e la modernizzazione di procedure
	arcaiche e di insopportabili rendite di posizione, che limitano la
	nostra capacità competitiva.
	
 E' su questo terreno che la partita può essere giocata da
	subito, con buone possibilità di successo, Senza facili
	illusioni e senza dimenticare che la logica primaria dei trasporto
	container non è tanto quella della distanza della tratta
	terrestre dal porto alla destinazione, ma quella della
	ottimizzazione degli spazi di stiva delle grandi portacontainer e
	della disponibilità di sistemi logistici.
	
 Questo significa che ogni scalo deve far parte di una rete,
	anche con i terminal interni, per il flusso delle tipologie di merce
	in cui è specializzato. Altrimenti si continuerà a
	sprecare denaro pubblico in iniziative che rischiano di essere
	doppioni inutili e slegati dalle reti logistiche.
	
 Abbiamo bisogno di iniziative adeguate alla nostra realtà,
	per eliminare i colli di bottiglia all'esterno dei porti e per
	rendere più efficiente il sistema nel suo complesso. E di
	dare spazio anche alla razionalizzazione di traffici specializzati
	importanti, da quelli delle rinfuse all'ortofrutta e alle auto.
	
 Le necessità reali del principale porto dell'Europa
	meridionale sono la concreta ed urgente realizzazione del nodo
	ferroviario e del terzo valico per il trasferimento di gran parte
	della merce su rotaia, l'adeguamento delle procedure delle nostre
	dogane a quelle dei porti del Nord Europa, la velocizzazione di
	tutte le operazioni del ciclo portuale, la sistemazione del bacino
	di Sampierdarena e l'apertura di un serio retroporto
	nell'alessandrino. Questa è la realtà su cui è
	necessario lavorare in maniera concreta.
	
 
 
 I colli di bottiglia immateriali
	
 Il problema è quello dell'efficienza del sistema, che
	passa anzitutto per la sua modernizzazione, con l'eliminazione dei
	colli di bottiglia, non solo fisici, che ancora lo caratterizzano.
	Un buon punto di partenza è la collaborazione sempre più
	stretta con l'Agenzia delle Dogane. Che ci sembra stia producendo
	buoni risultati.
	
 A tal riguardo, sia da quanto emerso dallo studio comparativo
	tra Genova e Rotterdam condotta recentemente dalle due Autorità
	Portuali, sia da un monitoraggio che la nostra Associazione ha
	effettuato in questo ultimo periodo, le tempistiche di uscita delle
	merci in contenitori sottoposte a verifica si possono definire
	mediamente accettabili. Esistono certamente delle eccezioni in
	negativo che comunque non devono essere genericamente portate ad
	esempio e vi sono ambiti dove sarà importante cercare di
	intervenire ancora sulla via del miglioramento: mi riferisco
	essenzialmente all'ineludibile necessità dello “sportello
	unico” per tutti gli interventi dei presidi, per evitare
	duplicazioni dei controlli e dei relativi tempi, così come
	sarebbe opportuno estendere gli orari della stessa Agenzia delle
	Dogane e, non ultimo, un'auspicabile incremento degli effettivi
	impiegati nelle operazioni di controllo.
	
 Ma c'è un elemento in più che sta determinando
	vistose distorsioni del mercato, ed è quello delle differenze
	fra i codici doganali dei diversi Paesi dell'Unione Europea. La
	realtà è che si tratta di sistemi non omogenei. La
	mancanza di classi di rischio comuni sta determinando fenomeni di
	autentico dumping normativo, con la sempre più diffusa
	applicazione della sottofatturazione di prodotti destinati a certi
	mercati ma scaricati in porti dove vengono applicati criteri più
	permissivi. Un esempio per tutti è quello dei prodotti
	tessili per il mercato italiano, fatturati a prezzi ridicoli e
	sempre più spesso sbarcati in Polonia per essere poi avviati
	verso l'Italia via camion. E comunque, con maggiore rispetto della
	realtà commerciale, bisogna considerare i vantaggi
	competitivi ormai irreversibili acquisiti dai sistemi logistici del
	Nord Europa con i centri di assemblaggio e distribuzione pan-europei
	in settori come l'elettronica di consumo.
	
 La sensazione di generale incertezza che caratterizza i tempi in
	cui stiamo vivendo non deve essere causa di maggiori preoccupazioni,
	o ancor peggio acuire quel senso di “genovesità”
	un po' negativa, che spesso ci impedisce di guardare avanti.
	
 La realtà internazionale entro la quale le nostre aziende
	operano, sta dando segnali concreti di ripresa. Gli Armatori, dopo
	un anno di forti perdite, sembra stiano gradatamente risalendo la
	china, riuscendo pian piano a riportare i conti in positivo. I
	porti, chi più chi meno, dopo aver registrato pesanti
	riduzioni di volume, con un conseguente ridimensionamento degli
	investimenti programmati per gli anni a venire, annunciano timidi
	segnali di ripresa dei traffici, Alcuni paesi, anche a noi molto
	vicini, stanno vivendo con grande preoccupazione una crisi economica
	e finanziaria, che sarà causa di pesanti sacrifici in termini
	sociali e di sviluppo, nei prossimi anni.
	
 In questo scenario internazionale, il nostro paese e il porto in
	cui operiamo non hanno sfigurato, ma anzi per certi versi si sono
	distinti per capacità di reazione e spirito imprenditoriale.
	
 Il porto di Genova, il nostro porto, ha saputo reagire tutto
	sommato positivamente alle molte difficoltà di questi ultimi
	mesi. Sono stati fatti piccoli ma significativi passi avanti nella
	gestione della più importante risorsa economica della nostra
	città, e dì questo è doveroso darne atto.
	
 Ne elenco alcuni:
	
 
	Sono iniziati e stanno proseguendo a ritmi incalzanti i lavori
	di dragaggio e riempimento di molte aree del bacino di
	Sampierdarena, per consentire l'ingresso in porto di navi di
	maggiori dimensioni.
	L'avvio dei lavori per l'estensione delle banchine di Ponte dei
	Mille che potranno così accogliere navi oltre i 300 metri.
	L'Autorità Portuale ha completato il programma di
	assegnazione delle aree ex Multipurpose, dove anche i privati hanno
	confermato l'impegno ad investire importanti risorse economiche.
	Il VI modulo di Voltri è stato definitivamente assegnato a
	VTE, portando a buon fine una vicenda alquanto discussa.
	L'insieme dei Terminal Portuali genovesi ha significativamente
	migliorato i propri livelli di efficienza, incrementando il dialogo
	informatico, e raggiungendo performances di produttività non
	distanti dai più blasonati concorrenti Nord Europei.
	Il dialogo continuo con l'Agenzia delle Dogane, seppur con qualche
	cono d'ombra, ha comunque di fatto contribuito a migliorare il
	flusso delle merci attraverso i varchi doganali di Genova.
	E-port ha fatto importanti passi avanti e l'informatizzazione dei
	flussi è ora una realtà nel nostro porto.
	In generale, i piani di investimento che gli operatori portuali
	avevanodeliberato prima della crisi sono stati quasi tutti
	confermati, ed in taluni casi addirittura incrementati. 
	Credo fortemente che Genova abbia le carte in regola per
	crescere e generare quindi maggiore ricchezza per la città.
	Ma per fare ciò è necessario che noi per primi,
	operatori del Porto siamo pronti a fare squadra e a lavorare insieme
	per portare a Genova traffici e clienti che a Genova non vengono
	più.
	
 Contestualmente, c'è bisogno che la città si renda
	partecipe di questa sfida continua e riconosca al porto e ai suoi
	bisogni collaterali il peso e il valore che si merita. Mi rivolgo
	quindi agli Amministratori presenti e futuri, affinché
	facciano uno sforzo ulteriore per comprendere le vere e
	irrinunciabili necessità del Porto di Genova, senza lasciarsi
	sviare da localismi, che nulla hanno a che vedere con il mercato
	mondiale, verso il quale ci dobbiamo raffrontare.
	
 Nessuno ora può permettersi di mollare la presa. Abbiamo
	ancora molte cose da fare e molte cose devono essere cambiate o
	migliorate.
	
 L'informatizzazione, intrapresa oramai da anni, ha migliorato ed
	ancora migliorerà in futuro l'operatività del Porto;
	al pari di altre categorie, gli Agenti Marittimi stanno dando il
	massimo apporto allo sviluppo delle procedure di E-Port per
	migliorare i flussi operativi, ed al sistema PMIS per velocizzare
	gli aspetti autorizzativi, nei confronti della Capitaneria di Porto.
	
 Oltre a ciò, dobbiamo insistere pesantemente e tutti
	insieme, affinché si affronti una volta per tutte il nodo
	delle verifiche doganali e il mancato coordinamento degli istituti
	di presidio.
	
 La carenza di adeguati servizi ferroviari è e rimane il
	nodo centrale del problema Genova, Ho già espresso nei
	paragrafi precedenti la necessità che la Regione Liguria sia
	motore vincente di questa sfida, sicuramente non facile. Credo che
	su questo problema non possa che esserci unicità di vedute,
	sia sotto il profilo dell'efficienza dei servizi che sotto quello
	più socialmente utile e ambientalmente necessario del minor
	inquinamento e del decongestionamento delle autostrade.
	
 C'è necessità di spazi per creare gli autoparchi,
	i depositi per i contenitori vuoti ed altri servizi similari, che
	non possono trovare la giusta collocazione a 60 chilometri dal
	porto; nessun porto al mondo si sognerebbe di relegare questi
	servizi ausiliari ad una tale distanza; non potrebbero essere
	funzionali e rischierebbero di non risolvere le necessità
	minime che i traffici richiedono.
	
 Di tutto questo e di altro ancora la nostra categoria si è
	sempre e comunque resa disponibile a dialogare con coloro che sono
	preposti a pianificare le scelte strategiche e di sviluppo del Porto
	e deila Città, Riteniamo, senza falsa modestia, di avere al
	nostro interno una profonda conoscenza ed una lunga e provata
	esperienza sulle questioni marittimo portuali, che mettiamo
	volentieri a disposizione della città e del porto,
	nell'interesse dell'intera comunità genovese.
	
 Grazie a tutti per l'attenzione. |