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Uno studio commissionato dall'ECSA indica alcuni aspetti da migliorare della politica europea per lo shipping
Il settore continua ad essere competitivo, ma è sotto pressione
28 febbraio 2017
L'industria dello shipping nell'Unione Europea è un settore assolutamente maturo e, contribuendo direttamente con oltre 620.000 posti di lavoro, è un gigante economico per l'economia europea». Lo sottolinea uno studio sulla competitività del trasporto marittimo dell'UE elaborato dalla società di consulenza internazionale Deloitte che è stato commissionato dall'European Community Shipowners' Associations (ECSA).
Il documento rileva che se gli attuali tassi di crescita della quota di mercato complessiva dello shipping europeo suggeriscono che il settore continua ad essere competitivo, evidenzia che allo stesso tempo vi sono chiari segnali che la competitività dei trasporti marittimi dell'UE è sotto una notevole pressione. «L'Europa, nonostante la sua intenzione vada in senso opposto - spiega lo studio - sta affrontando casi di delocalizzazione di attività così come di bandiera e i suoi tassi di crescita in termini di proprietà e di tonnellaggio operato sono significativamente inferiori a quelli dei suoi concorrenti, ad esempio dell'Asia».
Lo studio rileva inoltre che se il quadro normativo complessivo dell'UE in materia di trasporti marittimi ha permesso un posizionamento competitivo dei centri europei dello shipping, tuttavia vi sono norme comunitarie che rendono l'UE meno attraente per gli armatori e per le attività di trasporto marittimo.
Il documento indica tre principali lacune da colmare a livello normativo per aumentare l'attrattività dell'Unione Europea nei confronti delle aziende dello shipping. «Innanzitutto - viene osservato - in termini di tassazione e di incentivi fiscali l'attuale regime prevede un settore del trasporto marittimo europeo relativamente competitivo al suo interno. Tuttavia, il quadro UE è meno competitivo relativamente a diversi elementi, tra cui i criteri di ammissibilità dell'UE relativamente ai requisiti di bandiera e l'attuale delimitazione delle attività marittime ammissibili alla tonnage tax posta in atto dalla Commissione Europea. Un'imposizione fiscale effettiva sia a livello aziendale e che a livello di azionisti - precisa lo studio - è una condizione sine qua non per mantenere una quota di mercato consistente nel settore dello shipping internazionale».
«Un secondo gap significativo - prosegue lo studio commissionato dall'associazione degli armatori europei - è stato identificato relativamente al quadro normativo specifico riguardante l'applicazione e lo status giuridico dei Sector Advisory Groups per la competitività. Si tratta di una debolezza percepita dagli armatori, secondo cui l'interpretazione dei SAG da parte dell'UE, e spesso anche degli Stati membri, è fondata su basi legali, ma manca di flessibilità, mentre le amministrazioni dei centri internazionali sono spesso molto più pragmatiche e favorevoli al business. Questo problema è accentuato dal fatto che i SAG sono facilmente modificabili dalla Commissione Europea e che non ne è specificata esplicitamente la loro durata in carica. In un settore dove la maggior parte delle decisioni relative al business sono a lungo termine, questi fattori danno luogo a incertezza a causa del rischio percepito di un possibile cambiamento dei criteri di interpretazione della politica».
«Un terzo gap relativo all'attrattività della bandiera e al quadro giuridico per l'utilizzo delle navi - precisa lo studio - proviene dalla normativa regionale relativa al trasporto marittimo internazionale che viene introdotta dalla UE e che comporta diversi standard per le bandiere dell'UE e per gli armatori europei, comportando requisiti amministrativi e tecnici supplementari. Inoltre - sottolinea il documento - alcuni registri dell'UE ancora prevedono specifici requisiti di nazionalità e restrizioni relative agli equipaggi che determinano anche ad un aumento degli oneri amministrativi ed economici. I concorrenti, come Singapore - rileva lo studio di Deloitte - hanno strategie per garantire che le normative nazionali non vadano oltre gli standard internazionali e, allo stesso tempo, sono considerate un'opzione di qualità per la bandiera. La conseguenza della politica dell'UE è che la competitività delle bandiere dell'UE viene danneggiata in quanto ciò porta a differenze nei costi operativi e non apporta qualità».
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