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28 giugno 2022
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- Le norme IMO e UE per l'ambiente determineranno un aumento
dei costi operativi delle navi ro-pax che appare insostenibile
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- Due studi di Assarmatori e RINA avvertono che il problema (la
crisi?) è imminente. Tra 275 e 380 milioni di euro gli extra
costi previsti per la flotta italiana di cabotaggio
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I costi aggiuntivi per la riduzione delle emissioni di gas serra
delle navi generati dalle misure per la protezione del clima
introdotte in seno all'International Maritime Organization (IMO)? E
quelli previsti per il settore del trasporto marittimo nell'ambito
del pacchetto climatico dell'Unione Europea “Fit for 55”?
Saranno ingenti e, nel caso dei servizi regolari di trasporto
marittimo di passeggeri e rotabili, probabilmente si riverseranno
sia sugli armatori e operatori di navi, sia sugli utenti dei servizi
che sulla collettività pubblica. Sembra essere questo il
futuro scenario delineato da uno studio realizzato dalla società
di classificazione e certificazione RINA per conto dell'associazione
armatoriale italiana Assarmatori e incentrato sull'applicazione alla
flotta italiana di navi ro-pax e ro-ro della misura IMO sulla
riduzione dell'indicatore di intensità di carbonio (CII) e da
uno studio realizzato dalla stessa Assarmatori relativo al pacchetto
“Fit for 55” sul trasporto passeggeri e merci per le
isole maggiori e le isole minori nonché sulle Autostrade del
Mare.-
- Lo studio del RINA, presentato oggi da Andrea Cogliolo, parte
dagli obiettivi iniziali dell'IMO per la riduzione dei gas serra
emessi dalle navi che prevedono una riduzione del 40% dell'intensità
delle emissioni di carbonio entro il 2030 rispetto ai livelli del
2008, per salire poi al 70% entro il 2050, data entro la quale è
prevista la riduzione del 50% delle emissioni di gas ad effetto
serra. Il documento evidenzia l'impatto del Carbon Intensity
Indicator (CII) sulla flotta di ro-pax di bandiera italiana che è
formata da 73 navi, flotta che per oltre il 73% nel 2026 non
verrebbe più autorizzata alla navigazione se non saranno
messe in atto misure aggiuntive per migliorare l'efficienza
energetica o se non sarà previsto un cambiamento del profilo
operativo. Un cambiamento - ha specificato Cogliolo - che per lo più
dovrebbe corrispondere ad una diminuzione della velocità
della nave, che è la misura più efficace per
ottenerlo.
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- I requisiti CII entreranno in vigore dal 2023. Il Carbon
Intensity Indicator è l'indicatore di intensità di
carbonio che misura l'efficienza con cui la nave trasporta
passeggeri o merci e alla quale viene assegnato un rating annuale
dalla lettera A, nel caso delle migliori performance quanto a
ridotte emissioni di anidride carbonica, alla lettera E, nel caso
delle peggiori prestazioni. Lo studio del RINA evidenzia che nel
2026 il 32% della flotta di ro-pax italiane avrà un rating E
e il 41% un rating D, valutazione dell'efficienza che migliorerebbe
escludendo le emissioni che le navi producono nei porti, con un
rating E che in tal caso verrebbe assegnato al 19% della flotta di
ro-pax italiane e un rating D al 42%. Sintetizzando l'esito
dell'analisi, Cogliolo ha rilevato che se nel giro dei prossimi 3-4
anni il 73% della flotta non sarà più conforme per la
navigazione, allora bisognerà operarla per renderla conforme
e ciò significherà «andare più piano»,
riduzione della velocità delle navi che ovviamente avrebbe
significative ripercussioni sull'efficienza operativa dei servizi
marittimi.
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- Ma già dal prossimo anno, all'entrata in vigore della
normativa, più del 23% dei traghetti italiani risulterà
in ultima fascia e non ottemperante alla norma (rating E) e un
ulteriore 40% necessiterebbe di interventi radicali atti a
migliorare l'efficienza energetica nel breve termine (rating D).
Solo il 37% del naviglio sarebbe in grado di rispettare i requisiti
senza l'adozione di ulteriori misure (rating A-B-C).
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- Lo studio di Assarmatori, presentato da Enrico Allieri, rimarca
innanzitutto la notevole spinta al rinnovo delle flotte impressa
dall'IMO, nella forma di una leva tecnica, e dall'Unione Europea,
sotto forma di leva economica, che prospetta - ha osservato Allieri
- un'accelerazione del processo di rinnovo delle flotte rispetto al
consueto ciclo di vita delle navi. Un acceleramento impresso - ha
specificato - in un momento in cui il trasporto marittimo non
dispone di soluzioni tecnicamente fattibili, adeguate ed
economicamente competitive per decarbonizzarsi e quando la pressione
imposta dalle normative si tradurrà inevitabilmente in una
pressione economica.
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- Attualmente, per il settore navale, il pacchetto “Fit for
55% prevede la sua inclusione nel sistema EU ETS per lo scambio
delle quote di emissione nell'UE, l'imposizione di requisiti di
intensità dei gas serra sui carburanti ad uso marittimo
attraverso l'iniziativa FuelEU Maritime, la revisione della
direttiva europea sulla tassazione dell'energia (ETD) che propone la
rimozione delle esenzioni fiscali previste per i combustibili
fossili impiegati nel trasporto marittimo e l'adozione di un nuovo
regolamento per la realizzazione di un'infrastruttura per i
carburanti alternativi (Alternative Fuel Infrastructure Deployment -
AFID). A tal proposito Allieri ha rilevato che l'inclusione dello
shipping nell'EU ETS e la revisione della direttiva ETD si
tradurranno automaticamente in un aumento del costo dell'energia,
mentre a seguito dell'adozione del regolamento AFID bisognerebbe
intervenire sul costo dell'energia elettrica di terra che nei porti
verrebbe erogata alle navi.
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- Le note dolenti arrivano proprio dalla valutazione dell'aumento
del costo dell'energia determinato dall'EU ETS e dall'ETD. Lo studio
spiega che la combustione di una tonnellata di Very Low Sulphur Fuel
Oil (VLSFO), il combustibile navale a basso tenore di zolfo, produce
circa 3,1 tonnellate di CO2 e che, nell'ambito dell'EU ETS,
attualmente una quota di CO2 è scambiata a 85 euro. Ciò
comporta che per ogni tonnellata di fuel navale si dovrebbero
aggiungere 263,5 euro di ulteriori costi. Inoltre, nell'ambito
dell'ETD, applicando l'aliquota minima imposta dall'UE bisognerebbe
aggiungere altri 37 euro/tonnellata. Il risultato finale è
che per ogni tonnellata di VLSFO consumata bisognerebbe spendere
circa 300 euro/tonnellata in più. Una tipologia di
combustibile, il VLSFO, è necessario precisare come
riferimento, che oggi nel porto di Rotterdam è prezzata circa
900 dollari (851 euro)/tonnellata.
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- Lo studio di Assarmatori evidenzia, inoltre, che l'EU ETS e la
direttiva ETD si inseriscono in un contesto di crescita molto
sostenuta del prezzo dei combustibili rispetto ai livelli
pre-pandemia. Ricordando che il prezzo pre-pandemia del fuel era di
400 euro/tonnellata e che oggi è salito a circa 1.000
euro/tonnellata, il documento sottolinea che con l'EU ETS e con
l'ETD il prezzo crescerà ulteriormente ad oltre 1.300
euro/tonnellata, determinando un incremento del +325% del costo
dell'energia che per molte compagnie di navigazione rappresenta più
del 50% dei costi operativi delle navi.
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- L'analisi di Assarmatori precisa poi, per rendere noti quali
sono i consumi annuali della flotta ro-pax italiana e i relativi
quantitativi annui di emissioni di gas serra, che nel 2019 le navi
della flotta di cabotaggio hanno consumato circa 1,25 milioni di
tonnellate di fuel ed emesso circa 3,90 milioni di tonnellate di
CO2, mentre nello stesso anno il totale delle emissioni di CO2 in
Italia è stato pari a 418 milioni di tonnellate, volume a cui
la flotta di cabotaggio ha contribuito per lo 0,9%.
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- Lo studio quantifica quindi in oltre 275 milioni di euro
all'anno, di cui quasi 230 milioni per le navi ro-ro-pax impegnate
sulle rotte a lungo raggio, tipicamente per la Sardegna e per le
Autostrade del Mare, gli ulteriori costi che il settore che opera la
flotta di cabotaggio dovrà sostenere a seguito
dell'introduzione dell'EU ETS, costi che - puntualizza il documento
- saliranno a 320 milioni di euro con l'introduzione dell'ETD ma che
potrebbero arrivare addirittura a 380 milioni qualora, per
l'energia, si adottasse il livello delle accise industriali. Per
ciascuna nave si tratterebbe di quasi 3,5 milioni di euro in più
all'anno, ha rilevato Allieri illustrando quale potrà essere
il costo aggiuntivo per passeggero imbarcato sulle navi ro-pax
impiegate nei collegamenti di lungo raggio: su un totale di 9,0
milioni di passeggeri trasportati, stimando pari a 260-290 milioni
di euro il costo determinato dall'EU ETS e dall'ETD, l'ulteriore
costo per passeggero sarebbe di circa 30 euro, cifra - ha
evidenziato - che è pari a circa il 70% dell'attuale prezzo
del biglietto per un passaggio di ponte, che è solitamente la
tariffa più bassa per imbarcarsi su un traghetto.
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- Inevitabile chiedersi - come hanno fatto Allieri e Cogliolo -
chi sosterrà questi ulteriori oneri, essendo presumibile,
anzi, verosimile, che se una parte di questi costi sarà
coperta dagli armatori o dagli operatori delle navi, un'altra sarà
a carico degli utenti dei servizi marittimi e un'altra parte ancora,
probabilmente, sarà a carico dello Stato nel quadro dei
servizi per garantire la continuità territoriale.
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- Quanto alla sola industria dello shipping, Assarmatori ritiene
che «alcune iniziative messe in campo per favorire la
sostenibilità ambientale rischiano di mettere in crisi
seriamente e per taluni aspetti in modo irreparabile il trasporto
marittimo, con impatti in particolare sugli italiani che vivono
sulle isole anche per quanto concerne l'approvvigionamento delle
merci, la continuità territoriale garantita dalla
Costituzione e l'industria turistica».
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- Si tratta di dati - ha commentato il presidente di Assarmatori,
Stefano Messina - «che solo eufemisticamente possono essere
definiti preoccupanti e che purtroppo confermano quanto la nostra
associazione sta sostenendo da tempo: le misure volute dalla
Commissione Europea per decarbonizzazione del trasporto marittimo,
del tutto condivisibili in linea teorica, sono intempestive e
rischiano di creare gravi danni non solo alla tenuta economica delle
compagnie impegnate in questi servizi ma anche, a valle, su tutta la
filiera: servizi merci, trasporto passeggeri, turismo insulare.
Questi due studi testimoniano tutto ciò con numeri, dati e
analisi incontrovertibili, che dovrebbero essere tenuti in debita
considerazione a livello nazionale ed europeo prima di adottare
norme che impattano così pesantemente sul settore, compiendo
scelte ideologiche che, oltre a non garantire davvero la
sostenibilità ambientale, andrebbero a minare anche quella
economica e sociale».
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