Come evitare che l'entrata in vigore il prossimo primo gennaio
della direttiva europea che include lo shipping nel sistema EU ETS
di scambio di quote di emissione dell'Unione Europea possa minare
seriamente la competitività dei porti europei, in particolare
di quelli attivi principalmente nel segmento del transhipment dove i
carichi vengono trasbordati da navi madre a navi più piccole?
Il problema, a giudicare dai 36 contributi inviati nell'ambito della
consultazione con gli stakeholder su questo tema lanciata dalla
Commissione Europea e conclusasi il 18 settembre, è sentito
pressoché esclusivamente dalle nazioni dell'UE che si
affacciano sul Mediterraneo, essendo le considerazioni giunte dal
Nord Europa provenienti da organizzazioni europee sovranazionali che
si occupano di portualità e trasporto marittimo. Ciò
nonostante anche i porti di transhipment settentrionali dell'UE
rischino di perdere competitività rispetto agli hub di
transhipment di nazioni vicine, anche se probabilmente in misura
minore rispetto ai porti sudeuropei.
Le proposte di emendamento alla direttiva volte a scongiurare
questo rischio sono quasi tutte incentrate su due alternative: la
prima, prevalente rispetto all'altra, prevede l'esclusione dalla
definizione di “porti di scalo”, ovvero di quei porti
dove le navi scaricano o caricano le merci, delle toccate di navi
portacontainer in un porto di transhipment sia che questo sia
situato in una nazione limitrofa all'UE o in una nazione UE; la
seconda proposta, anziché estendere ai porti europei di
trasbordo le disposizioni previste per i porti di trasbordo
extra-UE, prevede di estendere la lista di porti extraeuropei a cui
applicare tali disposizioni, non limitandola ai porti di
transhipment di Tanger Med e di Port Said.
La totalità dei soggetti che hanno suggerito queste due
alternative ha specificato che tali proposte non sarebbero comunque
sufficienti a scongiurare completamente il rischio di una modifica
delle rotte marittime da parte delle compagnie di navigazione al
fine di evitare scali nei porti europei e di incorrere quindi nel
pagamento del 100% delle emissioni di gas ad effetto serra prodotte
dalle loro navi, se queste sono generate su tratte marittime
intra-europee, o nel pagamento del 50% delle emissioni se queste
sono prodotte su tratte internazionali in partenza o in arrivo in un
porto europeo.