Se il presidente della federazione degli agenti marittimi
italiani, Alessandro Santi, aveva ammonito ad andarci cauti con le
ipotesi di privatizzazione dei porti avanzate di recente da
esponenti del governo
(
del
6
settembre 2024), dalla Spezia si invita a valutare l'esempio di
privatizzazione realizzato nello scalo portuale ligure. «L'unico
porto in cui un privato si è costruito il suo terminal,
partendo dalle banchine sino ad arrivare alle gru passando per
piazzali, uffici, sistema informatico - ha affermato Andrea Fontana,
in rappresentanza della community portuale della Spezia e presidente
dell'associazione spezzina degli agenti marittimi - è stato
La Spezia. E quando si parla di privatizzazione degli scali
marittimi italiani forse non si potrebbe e non si dovrebbe
prescindere da questa esperienza di successo che è e rimane
un unicum».
«L'Italia - ha rilevato Fontana - è davvero un
Paese strano nel quale anche a fronte di esperienze di successo,
prevale la volontà di reinventare tutto e di riscrivere norme
e parametri. Nel caso del La Spezia Container Terminal, considerato
anche per i suoi incontestabili successi, una cellula anomala della
portualità nazionale, la formula è stata tanto
semplice da apparire oggi banale. Un imprenditore privato ha messo a
disposizione le risorse per finanziare la costruzione di un terminal
container che non esisteva, lo ha allestito e fatto funzionare con
standard di efficienza e produttività per anni
irraggiungibili altrove. Per parte sua, lo Stato attraverso le sue
emanazioni locali, che non si chiamavano ancora Autorità di
Sistema Portuale, ha tarato i tempi e i valori del canone di
concessione in modo che l'imprenditore privato fosse in grado di far
quadrare un piano industriale, rientrare del suo investimento e
realizzare profitti».
Oggi si torna a parlare di privatizzazione dei porti e di regia
unica, quando - ha proseguito Fontana - la necessità primaria
sarebbe quella di garantire una pianificazione nazionale delle
risorse allocate alla portualità mentre oggi ogni Autorità
di Sistema Portuale riceve risorse pubbliche e realizza banchine e
terminal che probabilmente non serviranno a nessuno e non potranno
essere gestiti economicamente. «È il caso di affermare
con chiarezza - ha concluso Fontana - che ormai da anni il traffico
globale che gravita sui porti italiani ha un andamento stazionario e
che un aumento record nell'offerta di servizi di movimentazione
delle merci, specie container, come è quello in atto, otterrà
solo un risultato: quello di generare un altro gigantesco buco nei
conti pubblici».
Se è vero che, come osserva Fontana, l'Italia è
davvero un Paese strano, forse lo è anche perché
quando si destinano risorse pubbliche alla realizzazione di banchine
e terminal che probabilmente non serviranno a nessuno e non potranno
essere gestiti economicamente, nessuno, ma proprio nessun
rappresentante della portualità nazionale si assume la
responsabilità di denunciare senza mezzi termini quali sono
le opere destinate ad alimentare lo spreco di denaro pubblico. A
farlo sono semmai associazioni di cittadini o ambientaliste che,
talvolta a ragione e talvolta a torno, manifestano contro quelli che
ritengono progetti insensati.