C
.
I
.
S
.
Co
.
Mitteilungen
PORTI
La sfida dei porti asiatici a
Singapore
La posizione di Singapore quale
primo nodo per i containers dell'Asia sembra inattaccabile. Le
cifre parlano da sole.
Nel 1996, la PSA (Autorità
Portuale di Singapore) ha movimentato 12,9 milioni di TEU, il
36% circa dei quali ha comportato scambi di importazione/esportazione
con i suoi vicini dell'ASEAN. Un ulteriore 18% ha riguardato invece
i traffici con il nord-est asiatico. Nel contempo, si stima che
l'80% (10,35 milioni di TEU) dell'attività complessiva
del porto fosse dovuta a carichi di raccordo.
Sebbene la PSA non rilasci dati
circa le singole origini e destinazioni suddivise per Paesi, è
ampiamente riconosciuto come un notevole quantitativo di traffici
internazionali da/per la Malaysia, la Tailandia e l'Indonesia
passi attraverso il porto. Inoltre, il traffico di relazione di
Singapore è risultato in aumento. La PSA è riuscita
a capitalizzare la propria fama di efficienza ed elevata produttività.
Al contrario, i porti vicini hanno sofferto di carenza di capacità
di movimentazione e di una cattiva amministrazione.
Tutto ciò - peraltro - sta
cambiando. La "città del leone" deve affrontare
sfide su diversi fronti. Su quello interno, essa si è trovata
alle prese con il processo di commercializzazione e da ultimo
di privatizzazione. Dal momento che gli azionisti esigono un ritorno
decente rispetto ai propri investimenti, la PSA dovrà realizzare
una struttura sia competitiva nei confronti degli sfidanti sia
in grado di offrire un ritorno adeguato agli azionisti.
Si presume che siano i predatori
esterni, vale a dire le "tigri dell'economia" della
Malaysia, dell'Indonesia, delle Filippine e - a lungo termine
- del Vietnam, quelli che apporteranno la maggiore minaccia alla
supremazia di Singapore. Port Klang, Johor (Tanjong Pelapas -
Malaysia), Isola di Batam (Kabil Container Terminal - Indonesia),
Vung Tau (Vietnam) e Manila sperano tutti di attirare servizi
di linea primaria e di movimentare una fetta più grossa
dei carichi in importazione/esportazione.
Inoltre, ciascuno dei porti citati
ravvisa buone opportunità nella movimentazione dei carichi
di raccordo. Ed in molti casi, i porti vengono pienamente supportati
dai propri governi nazionali.
Fino ad ora, la Malaysia è
stata la più attiva su questo fronte, sebbene il governo
tailandese abbia consentito a rinunziare alle tasse portuali a
Laem Chabang su tutte le navi di 30.000 t.s.l. ed oltre all'inizio
di quest'anno. L'anno di prova ha già fatto segnare qualche
successo, dal momento che la Maersk/Sea-Land, la NYK Line e la
Cosco tutte quante offrono scali diretti nel porto nell'ambito
di almeno uno dei propri servizi transpacifici. Altri servizi
con scalo diretto sono attesi presso il quinto terminal containers
del porto in fase di completamento. Nel 1996, Laem Chabang ha
movimentato 819.686 TEU. La dirigenza prevede risultati per più
di un milione di TEU nel 1997.
Nel caso della Malaysia, una percentuale
stimata tra il 25 ed il 30% delle importazioni/esportazioni del
Paese vengono trasbordate via Singapore. "Questo costa al
nostro Paese miliardi di ringgit ogni anno in sovrapprezzi"
ha dichiarato Kerk Choo Ting del Ministero del Commercio Internazionale
e dell'Industria. "Ciò significa anche una notevole
perdita di potenziali introiti non immediatamente visibili
da settori quali la mediazione doganale, l'assicurazione, la consulenza
ed i servizi bancario-finanziari".
Negli ultimi 18 mesi, Mahathir Mohamed,
primo ministro della Malaysia, ha svolto un'intensa azione di
propaganda nel tentativo di far sì che i caricatori, gli
spedizionieri e gli altri intermediari di trasporto merci locali
utilizzino i porti locali. Anche gli operatori di linea globali
sono stati contattati allo scopo di ottenere che le navi di linee
principali si servano delle infrastrutture marittime del Paese.
Altre tasse sono state imposte sui
camion che percorrono la sopraelevata per Singapore, mentre il
governo ha preso in considerazione l'ipotesi di raddoppiare le
tariffe di movimentazione portuale applicate alle navi feeder
che fanno scalo presso i porti malesi con carichi correlati a
centri situati all'esterno del Paese.
Nel contempo, il governo si trova
nel bel mezzo dell'opera di ristrutturazione delle proprie tariffe
portuali. Queste ultime sono rimaste immutate negli ultimi 30
anni. Sebbene i dettagli dei piani definitivi ad ottobre non fossero
stati ancora rivelati, secondo Dato'M Rajasingam, direttore generale
e capo esecutivo della KPA (Autorità Portuale di Klang),
le nuove tariffe assicureranno agli operatori portuali maggiore
libertà nelle trattative dirette con i clienti.
Oltre a queste iniziative tariffarie,
le autorità hanno esercitato pressioni sulla dirigenza
dei porti e delle varie società operative terminalistiche
allo scopo di migliorare le prestazioni di servizio delle proprie
infrastrutture. "Dal punto di vista dei costi, sappiamo di
essere meno cari di Singapore - almeno del 30% (secondo le tariffe
pubblicate) nel caso di Port Klang" dichiara Rajasingam.
"Adesso, però, disponiamo anche dell'equipaggiamento,
dello spazio, dei sistemi e dei servizi per competere. Per noi
è importante riuscire a vendere il prodotto portuale con
grinta allo scopo di conseguire più lavoro".
Tutte e tre le società operative
dei terminal containers di Port Klang hanno investito pesantemente
al fine di migliorare i propri ormeggi per contenitori e le aree
di piazzale, mentre veniva installato nuovo equipaggiamento. Il
nuovo complesso per la movimentazione dei carichi di Westport,
che ha inaugurato il suo primo terminal containers nel marzo 1996
e la sua seconda infrastruttura nel successivo mese di dicembre,
adesso dispone di nove gru post-Panamax in attività. I
suoi principali clienti operatori di linea sono i servizi europei
della Maersk/Sea-Land e la Hanjin, mentre i servizi feeder vengono
assicurati da vettori quali la Myanmar Five Star Line, la Regional
Container Lines e la Samudera Indonesia.
G. Gnanalingam, direttore generale
del Westport, stima che i risultati del 1997 della sua infrastruttura
possano raggiungere i 200.000 TEU, con un incremento di 10 volte
rispetto alle prestazioni del 1996.
"La nostra missione" ha
dichiarato "è quella di fornire una base per i carichi
malesi che attualmente vengono trasbordati attraverso i porti
vicini. Vogliamo altresì aiutare Port Klang a conseguire
una posizione tra i primi 10 porti containerizzati del mondo entro
l'anno 2000, periodo entro il quale speriamo che il porto sia
in grado di movimentare tre milioni di TEU".
La capacità complessiva del
Westport è di un milione di TEU/anno su quattro ormeggi
(1.200 metri). Altri sei moli (1.800 metri) sono in fase di pianificazione.
Rajasingam condivide pienamente
l'approccio governativo riguardo al marketing ed allo sviluppo
di Port Klang quale centro di carico del Paese e ritiene sorprendente
che sia stata concessa l'autorizzazione anche in relazione al
progetto del nuovo West Jahor. Dal momento che la Malaysia è
un piccolo Paese, presumibilmente con già troppi porti,
Rajasingam è preoccupato dal fatto che Port Klang possa
non avere l'opportunità di svilupparsi pienamente come
autentica porta d'accesso e che un altro concorrente possa assottigliare
in misura eccessiva il quantitativo di carichi a disposizione
di ciascuno, comportando un drastico taglio tariffario.
Avverte Rajasingam: "Ogni terminal
containers ha bisogno di realizzare introiti decenti in modo da
poter reinvestire il denaro così ricavato nelle attività
future. Senza di che, il livello dei servizi potrebbe risentirne
e ciò renderebbe più difficile l'assicurarsi i traffici
di linea primari".
Kerk è d'accordo sul fatto
che i prezzi e le infrastrutture, sebbene siano entrambi importanti,
non costituiscano i soli fattori dell'equazione. Egli ha sottolineato
il significato dell'approccio governativo "morbido".
Spiega Kerk: "Dobbiamo agevolare il cambiamento nell'ambito
delle tradizionali prassi commerciali mediante la creazione di
un ambiente in cui caricatori e vettori possano riuscire più
facilmente a lavorare. Ciò significa poter disporre di
servizi di supporto funzionanti, incoraggiando le linee di navigazione
a costituire uffici propri in Malaysia e così via".
Kerk è convinto che, una
volta realizzati i progressi ipotizzati in questi settori, "i
traffici possano fluire naturalmente attraverso il sistema".
"Sta già succedendo"
ha dichiarato con entusiasmo. "Nel 1996, Port Klang ha movimentato
il 24,3% in più, quanto a contenitori (TEU), rispetto ai
risultati del 1995 e ci aspettiamo un altro forte incremento nel
1997". Le cifre pubblicate in relazione al periodo gennaio-giugno
rivelano che la linea di tendenza di crescita continua, con i
volumi di box in aumento fino al 22,8% per 789.065 TEU rispetto
al corrispondente periodo del 1996. Le stime attuali fanno pensare
che almeno 1,82 milioni di TEU passeranno attraverso i tre terminal
containers del porto (Kelang, Klang Port e Westport) nel 1997,
con ulteriori tassi di crescita annui del 10-12% fino all'anno
2000.
Nel corso egli ultimi 18 mesi, il
principale porto malese si è assicurato diversi nuovi servizi
di linea, tra cui quelli della Global Alliance (Costa Occidentale
Stati Uniti), della Hyundai Merchant Marine, della Hanjin Shipping
Co, della Grand Alliance e della Maersk/Sea-Land. E' significativo
come diversi di questi vettori si stiano servendo del porto anche
come base di raccordo, principalmente per origini/destinazioni
nella Malaysia del nord (Penang), in Indonesia (Sumatra) e - in
misura sempre maggiore - nel sub-continente indiano.
Il traffico feeder movimentato tra
Penang e Port Klang e viceversa ha totalizzato 140.000 TEU nel
1996, con un balzo fenomenale rispetto al 1995. "E' una
manifestazione della crescente fiducia che le linee di navigazione
adesso ripongono in Port Klang" ha dichiarato Abdul Samad
Mohamed, direttore esecutivo del KCT. Nel 1996, la sua infrastruttura
ha movimentato 127.000 TEU di traffico di raccordo, con un incremento
di tre volte rispetto ai livelli del 1995. Samad spera di sfondare
la barriera dei 200.000 TEU nel 1997.
Il dirigente ritiene che il Myanmar
ed il Golfo del Bengala offrano le migliori prospettive di crescita.
"Queste aree si stanno sviluppando molto rapidamente e le
cifre stanno cominciando ad apparire stuzzicanti" ha fatto
notare Samad. "Trasbordando su Port Klang, i caricatori ed
i consegnatari sono in grado di risparmiare almeno due giorni
sui propri tempi di viaggio rispetto a Singapore".
Malgrado l'ottimismo, tuttavia,
Aziz Bin Toha, assistente direttore generale dei servizi NOL a
Nepline Berhad, pensa che il ruolo di Port Klang quale nodo di
raccordo sarà sempre limitato. "La nostra base è
Singapore. Geograficamente, essa dispone di una migliore localizzazione
ed è maggiormente efficiente dal punto di vista operativo"
ha dichiarato. "Il nostro Accordo sui Servizi Terminalistici
con la PSA ci assicura un servizio garantito e sconti tariffari".
Port Klang non è il solo
porto malese in lizza per lo status di porta d'accesso. Nei prossimi
due anni sarà costruito nel sud del Paese, a Tanjong Pelapas
(Johor Occidentale) un centro di trasbordo dalla capacità
di 1,2 milioni di TEU.
E' facile notare come, dal punto
di vista marittimo, il porto sia situato in una località
migliore rispetto a Port Klang. "Siamo più vicini
al principale canale navigabile est/ovest (ad appena mezz'ora
dalla rotta principale) e più prossimi al centro della
regione dell'Asean" sottolinea Mohd Taufiq Abdullah, direttore
della Pelabuhan Tanjung Pelepas Sdn Bhd. "Inoltre disponiamo
di acque molto profonde (15-16 metri lungo gli ormeggi) e saremo
in grado di movimentare le più grosse portacontenitori
al largo così come lungobanchina".
La PTP ha un ulteriore vantaggio.
A causa della propria adiacenza alla medesima confluenza di Singapore
con il canale, essa può essere facilmente utilizzata dai
vettori come rimpiazzo diretto di Singapore. Ma, a differenza
del già esistente porto di Pasir Gudang, le navi che si
servono del PTP non dovranno transitare nelle acque controllate
da Singapore per entrare.
Tuttavia, in ordine ai carichi malesi,
Samad argomenta al contrario. "Port Klang si trova sul gradino
davanti alla porta della principale zona produttiva del Paese
ed è collegata con quest'area mediante competitivi servizi
stradali e ferroviari. Se a Johor venisse assegnato il ruolo di
porta d'accesso alla Malaysia, ciò vorrebbe significare
dover reinventare l'attuale matrice di servizio del Paese e sconvolgere
un intero sistema di situazioni e tradizioni consolidate"
ha dichiarato. "Non credo che vi sia una forza tale da far
sì che ciò si verifichi".
Continua il dirigente: "Il
ruolo della PTP dovrebbe essere quello di servire il mercato locale
di Johor e le attività di trasbordo internazionali".
Ha poi definito "ad alto rischio" la strategia del PTP.
"Tre nodi (Singapore, Johor ed il programmato sviluppo sull'isola
di Batam) nello Stretto in caccia delle stesse attività
potrebbero essere troppi" riconosce. "Il PTP sta seguendo
un sentiero che potrebbe facilmente smarrire".
Taufiq, peraltro, ritiene che vi
siano abbastanza carichi per tutti. "La torta è molto
grossa. Certo, ne vogliamo una fetta, ma non vogliamo toglierla
di bocca a nessuno" sottolinea. Quanto alle preoccupazioni
circa la Malaysia, egli non ravvisa alcun problema nell'avere
più di un centro regionale. Ha infatti dichiarato: "In
Malaysia, parliamo di nodi gemelli".
Taufiq ha fatto sapere che il programma
di marketing per il porto è già partito: "Seguiamo
molto da vicino le strategie degli operatori di linee primarie.
La nostra intenzione è quella di offrire loro dei pacchetti
idonei". Non respinge, peraltro, l'opzione da padrone di
casa di noleggiare a terzi terminali dedicati alle operazioni
di un vettore (o di un gruppo vettoriale): "Se è quello
che il cliente desidera, lo prenderemo in considerazione".
Fino ad ora, la PSA ha escluso tale
possibilità. "Siamo un porto da utenti comuni"
dichiara Goon Kok Loon, vice presidente del gruppo PSA. "Ciò
non significa, peraltro, che tutti i vettori debbano accettare
lo stesso livello di servizio. I nostri accordi terminalistici,
nella prassi, sono fatti su misura per le esigenze operative specifiche
del cliente".
Un vantaggio evidente di questo
approccio consiste nel fatto che mentre la PSA mantiene su livelli
molto elevati l'utilizzazione dei propri ormeggi, i singoli operatori
beneficiano di un sistema che provvede compiutamente alle loro
esigenze.
Il PTP ha altresì in programma
l'utilizzazione dei più moderni sistemi informatici e della
più recente tecnologia, dal momento che Taufiq riconosce
che ciò è cruciale dal punto di vista delle prestazioni
e della produttività. "Utilizzeremo gru super-post-Panamax
e probabilmente RTG nel piazzale, sebbene si stiano valutando
anche altri tipi di equipaggiamento" afferma Taufiq. "La
nostra intenzione è quella di sviluppare un terminal caratterizzato
da un ambiente grosso modo con meno carta e meno personale, vale
a dire meno ingombrante per i caricatori ed i vettori con cui
si fanno affari".
Anche l'Indonesia spera di attirare
traffici di linea primaria. "Si tratta della principale ragione
per sviluppare un terzo terminal containers a Giacarta" ha
dichiarato un dirigente del PT Pelabuhan Indonesia II, la società
di proprietà statale che gestisce il porto di Tanjung Priok.
"Avevamo bisogno di un pescaggio di 14 metri lungo gli ormeggi
per movimentare le navi della terza e quarta generazione".
Si stima che il 60% della produzione
annuale di Giacarta in termini di contenitori movimentati, che
nel 1996 è ammontato a 1,6 milioni di TEU, sia collegato
via Singapore. Complessivamente, l'Indonesia subisce una perdita
di circa 613 milioni di dollari all'anno a causa di tale attività
di raccordo.
Giacarta, tuttavia, si trova a più
di 800 km a sud delle principali rotte est/ovest e sebbene alcuni
servizi interasiatici ed Australia/Sud-est asiatico vi facciano
scalo diretto, le opportunità del porto nell'ambito dei
traffici ad elevati volumi europei e statunitensi appaiono limitati.
E' improbabile che Bojonegara, in
fase di costruzione quale porto di supporto a Giacarta, possa
passarsela meglio. Situato a 150 km ad ovest di Giacarta, il complesso
per la movimentazione di containers sarà in grado di movimentare
approssimativamente 2,5 milioni di TEU al momento del suo completamento
nel 2007. La prima fase, che dovrebbe essere portata a termine
entro i prossimi due anni, comprenderà un ormeggio da 400
metri, servito da quattro gru a cavaliere e da un piazzale per
contenitori ampio 18 ettari. Esso disporrà di una capacità
produttiva annuale di mezzo milione di TEU.
La distanza dal principale canale
navigabile è uno dei fattori che stanno dietro al piano
quinquennale del governo indonesiano finalizzato a sviluppare
una porta d'accesso internazionale ed un nodo di trasbordo sull'isola
di Batam, nel nord del Paese. L'isola di Batam è situata
al centro dell'importante triangolo di crescita Bangkok-Singapore-Johor
ed è in posizione ideale per trarre vantaggio dell'incremento
atteso nei volumi di traffico interni all'Asean.
Questo progetto sta facendo progressi;
i suoi diritti di sviluppo e quelli operativi appartengono alla
Indo Port Corp, impresa con sede nel Regno Unito. Sono in fase
di finalizzazione gli accordi finanziari relativi al Kabil Container
Terminal. Si spera che il complesso, che sarà in grado
di servire qualsiasi cosa (dalle chiatte alle navi super-post-Panamax),
possa aprire nel 1999. Alla fine, esso comprenderà 4 km
di linea di ormeggio ed un centro logistico da 300 ettari. La
capacità annuale di movimentazione sarà dell'ordine
di 5 milioni di TEU, di cui il trasbordo rappresenterà
più del 90% dei volumi complessivi movimentati.
"Noi consideriamo il nuovo
porto come uno strumento per riprenderci i carichi indonesiani
sottraendoli a Singapore, nonché come il mezzo necessario
per persistere nel processo di industrializzazione della nostra
isola" ha dichiarato Soeryohadi Djamitko, capo esecutivo
dell'Autorità Sviluppo Industriale di Batam. "Come
zona di libero scambio, è importante - dal punto di vista
dei costi dell'efficienza del servizio - poter disporre di un
porto internazionale nelle vicinanze.
Fondamentale, ai fini del successo
di qualsiasi di tali sfide a Singapore, sarà l'abilità
di questi porti nell'attirare un buon numero di servizi di trasporto
di linea diretti. "Ciò è facile a dirsi, ma
più difficile a mettersi in pratica" ha fatto però
notare un dirigente di un operatore marittimo indonesiano, che
ha preferito rimanere anonimo. "In passato, ogni qualvolta
qualcuno dei maggiori clienti di Singapore si è guardato
in giro in cerca di opportunità altrove, la PSA ha risposto
di conseguenza, lusingandoli con accordi più convenienti
al fine di trattenerli".
E' esemplare la storia relativa
al collegamento tra il gruppo Evergreen, la K Line e la Global
Alliance (tramite la APL) ed il progetto dell'Isola di Batam.
E' interessante notare come la Evergreen sia ora un partner del
progetto inerente al porto containerizzato di Vung Tau nel Vietnam
meridionale.
"Noi di Singapore non saremo
compiacenti con la concorrenza in aumento " afferma Goon.
"Certo essa non diminuirà e pertanto il nostro compito
sarà quello di incrementare la nostra efficienza, aumentare
la produttività e stare attenti ai costi di modo che i
nostri clienti sappiano di poter stipulare accordi migliori con
la PSA".
Goon ammette che con tutta probabilità
si possa verificare un qual certa erosione del mercato regionale,
ma ritiene altresì che i volumi complessivi possano ancora
aumentare in misura significativa a causa del prosperare delle
economie. Un recente rapporto pubblicato dalla britannica Ocean
Shipping Consultants, ad esempio, suggerisce l'ipotesi che la
quota della PSA nel mercato regionale asiatico possa calare sino
al 40% nel 2008 (nel 1996, Singapore aveva una quota del 56%).
Sicuramente, le tigri sono a caccia.
Le nuove infrastrutture alla fine potranno anche raccogliere dei
traffici, ma rispetto alla città del leone saranno sempre
dei gattini.
(da: Containerisation International,
ottobre 1997)