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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
YEAR XXVII - Number 3/2009 - MARCH 2009
Porti
Il drago cinese è ancora vivace
Adesso, ormai, si tratta di acqua passata: ma gli ultimi anni
dei leggendari traffici dell'Asia orientale avevano indotto tutti
quanti a saltare sul carro della costruzione dei porti costieri.
Tuttavia, alcuni ci erano saltati sopra in modo notevolmente più
pesante di altri.
Le ultime linee-guida quinquennali della Cina miravano ad
effettuare un massiccio investimento da 810 miliardi di dollari USA
nei trasporti, porti e ferrovie compresi, entro il 2010.
L'effetto è stato quello di suscitare interesse al
riguardo in tutta la regione, in quanto i porti erano preoccupati
dalla possibilità di essere esclusi dal boom in atto in
ragione della carenza di fondi.
Tuttavia, il carro dei vincitori adesso sembra che abbia perso
una ruota, dal momento che molti porti containerizzati che avevano
fatto affidamento sulle esportazioni della produzione hanno
cominciato a sudare freddo a causa del brusco calo dei volumi.
Pertanto, adesso, che cosa accadrà? Nella sola Cina
questi due mercati hanno rappresentato il 38% circa delle
esportazioni complessive e Christopher Runckel, della Runckel
Associates, afferma senza mezzi termini che dal momento che queste
industrie costiere sono componenti decisive del sistema complessivo
cinese, costituendo quasi il 40% del prodotto interno lordo, "il
governo non può permettere che esse falliscano".
In una rara intervista del quotidiano britannico Financial Times
al premier cinese Wen Jiabao viene supportata tale opinione: "Una
buona gestione dei nostri affari è il nostro maggior
contributo all'umanità" dichiara Wen "dobbiamo
compiere passi efficaci".
Potrebbe sembrare che ciò in parte si riferisca
all'annuncio di un pacchetto destinato alle infrastrutture - porti
compresi - da 585 miliardi di dollari USA al fine di stimolare
l'economia.
Ma, come sottolinea Simon Su, direttore ed economist capo della
BMT Asia Pacific, questo provocherà ricadute altrove data la
limitazione del mercato.
Afferma Su: "Altri porti potrebbero subire delle conseguenze se
Shanghai e gli altri scali della zona si dessero da fare per
movimentare altri traffici di trasbordo effettuando maggiori
investimenti: ad esempio, questo potrebbe addirittura spingere i
porti coreani fuori dai traffici di trasbordo cinesi
centro-settentrionali".
Tuttavia, l'impatto sulla ricaduta economica è stata di
varia natura nell'ambito della Cina, aggiunge Su.
Il raggruppamento dei tre principali porti lungo le aree
costiere del paese, cioè il delta del fiume Yangtze, il delta
del fiume delle Perle e la zona del golfo di Bo Hai, al riguardo è
stato interessato in modo alquanto diverso a seconda dei casi.
I porti attorno al delta del fiume delle Perle (fra cui
Shenzhen, Guangzhou, Zhanjiang, Shantou, Zhuhai e Zhongshan) hanno
in genere dovuto subire le peggiori conseguenze alla luce del
declino del mercato delle esportazioni e la regione è stata
afflitta pesantemente dalla chiusura di varie industrie.
Anche se tutti i porti principali hanno avviato lavori nel corso
degli ultimi anni, Guangzhou ha fatto notevolmente meglio di molti
altri.
Non solo, in effetti, il porto ha investito in corsie
mare-fiume, che lo hanno trasformato da porto fluviale a hub
marittimo integrato con 617 ormeggi, 51 dei quali dispongono di una
capacità di oltre 10.000 t.s.l., ma dispone altresì di
un servizio navetta integrato di chiatte a basso costo che si
raccorda con gli altri porti a nord e a sud del delta dei porti: un
valore per i caricatori della zona.
Questo traffico nazionale ha irrobustito il porto in questione,
comportando sia una sua crescita del 20% lo scorso anno, sia una
qual certa capacità di resistenza rispetto ai capricci del
mercato in esportazione: qualcosa che gli altri porti della zona non
hanno.
Dati i miliardi di dollari investiti nei terminal di Yantian a
Shenzhen, Chiwan e Shekou, il governo aveva in origine previsto che
sia i porti del delta del fiume delle Perle, sia i terminal del
delta del fiume Yangtze avrebbero raggiunto ciascuno entro il 2010
un risultato di circa 30 milioni di TEU.
Sembra che siano rimasti delusi.
Tuttavia Shenzen ed i suoi centri manifatturieri della provincia
di Guangdong sono collegati in modo inestricabile - in senso sia
fisico che finanziario - al porto di Hong Kong, situato a soli 37 km
di distanza.
Qui, peraltro, un richiamo alla prudenza era stato fatto
dall'autorità di Hong Kong anche prima della recessione,
quando esse avevano ammesso nel 2006 che i suoi "traffici
portuali sono in qualche modo limitati dalle limitate risorse
territoriali e presentano costi complessivi di accesso maggiori
rispetto a quelli dei principali porti continentali ".
Le società logistiche di conseguenza hanno sviato la
propria attenzione verso funzioni hub rafforzate ed a valore
aggiunto, invece di fare affidamento sul solo trasporto di merci.
E questo finora ha funzionato: lo scorso anno, circa un quarto
dei traffici internazionali del continente cinese è stato
instradato attraverso Hong Kong, per un valore pari a qualcosa come
525 miliardi di dollari USA.
Tuttavia, ci si aspetta che i traffici containerizzati nel 2009
rallentino sia a Hong Kong che a Shenzhen; la China Merchants
Holdings, con sede a Hong Kong, ha recentemente annunciato tagli ai
progetti di sviluppo e la decurtazione degli investimenti di
capitale.
Al fine di alleviare la situazione, il governo centrale cinese
ha recentemente svelato i provvedimenti che adotterà per
proteggere gli interessi di Hong Kong, fra cui la promozione dello
sviluppo congiunto di terminal contenitori, la costruzione di un
ponte dal costo di vari miliardi di dollari per collegare Hong Kong
a Macao ed alla città della Cina meridionale di Zhuhai,
nonché la realizzazione di una ferrovia espressa che
interconnette la città con Guangzhou e Shenzhen.
Il raggruppamento dei porti settentrionali attorno al golfo di
Bo Hai (porti di Qinhuangdao, Tianjin, Yingkou, Qingdao e Rizhao) ha
fatto una dura concorrenza per guadagnarsi una fetta della torta
inerente allo sviluppo quinquennale.
Tianjin, peraltro, ha avuto il sostegno di Pechino: si trova
giusto alla sua soglia e le sue cifre relative al 2007 quasi
rivaleggiano con lo spunto di crescita del 20% di Guangzhou.
Secondo le "Linee Guida" nel 2010 si dovrebbe
assistere al raggiungimento del valore di 200 miliardi di dollari da
parte delle esportazioni ed importazioni del porto, nonché
del risultato di 10 milioni di TEU, sulla scorta del massiccio
sviluppo di impianti di produzione e lavorazione nella regione, con
20 nuovi ormeggi per container ed il dragaggio in profondità
dei canali di navigazione, oltre all'area portuale doganale di
Dongjiang.
Peraltro, sebbene i dati relativi al 2008 fissino ancora i
risultati in 8,5 milioni di TEU, il porto è vulnerabile alle
eccentricità del mercato dei box e la recessione è lì,
pronta a mordere.
Tuttavia, sembra che altri riescano a vedere anche la
possibilità che Bo Hai possa costituire un buon approdo nella
tempesta.
La Shenzhen Yantian Port Group e la Hutchison Port Holdings
hanno appena annunciato piani congiunti finalizzati alla
realizzazione di un nuovo terminal contenitori a Yantian, sulla cima
del promontorio che fronteggia Shandong a nord.
La fase iniziale comporterà la costruzione di un'area
operativa di 1,39 milioni di metri2 collegati ad una banchina lunga
1.442 metri, il tutto mirato ad intrappolare il traffico diretto
nella Cina settentrionale.
Il porto di Dalian, appollaiato sulla penisola nord-orientale di
Liaodong, si trova in una buona posizione per le proprie attività
di trasbordo del Pacifico (le seconde in ordine di grandezza nel
continente).
La stessa importanza, peraltro, riveste l'altra sua branca
principale, quella di maggiore terminal petrolifero cinese.
Circa la metà dei trasporti marittimi che passano
attraverso Dalian è costituita da petrolio - un mercato più
stabile per sua natura - il che significa che Dalian è in
condizione di sopportare meglio i colpi provenienti dall'economia
mondiale.
Tuttavia, il governo centrale non vuole correre rischi e quindi
sta concedendo incentivi anche qui.
A gennaio sono state elaborate sette iniziative di politica
preferenziale, fra cui pacchetti di rilevante entità relativi
all'assistenza finanziaria, agli investimenti ed al supporto, oltre
ad un favorevole regime fiscale che entrerà in vigore nella
Zona Franca.
A febbraio, poi, i prezzi condivisi dei principali porti e delle
maggiori linee di navigazione cinesi come CSD, Jinhui Holdings e
Cosco sono balzati in alto, apparentemente sulla scorta delle
aspettative sul pacchetto di stimoli del governo cinese.
A metà della linea costiera vi sono il delta del fiume
Yangtze ed il raggruppamento dei porti attorno a Shanghai, fra cui
Ningbo (il terzo in ordine di grandezza), giusto al di là del
fiume.
I porti di Ningbo, Shanghai e Qingdao hanno effettuato notevoli
investimenti negli ultimi anni; lo sviluppo marittimo di Shanghai
vanta una banchina marittima lunga 3.000 metri e 120 gru a cavaliere
su gomma, oltre ad un sofisticato parco logistico: Qingdao
recentemente ha speso denari per attirare i traffici di box reefer
box con 55.000 metri2 di magazzini del freddo assieme alla
specialista Eimskip.
Tuttavia, come è successo dappertutto, i risultati
recentemente sono calati drasticamente, sebbene un inatteso
"rimbalzo" dei prezzi è derivato da Shanghai quando
il governo ha annunciato che avrebbe ancora una volta sostenuto le
ambizioni del suo porto di punta.
Inoltre, come spiega Su, tutte queste realizzazioni sulla costa
orientale hanno comportato il mancato sfruttamento di estese zone.
"Ciò sarà al centro di nuove attenzioni da
parte dei cinesi" afferma.
"Il governo ha cercato di incoraggiare gli investimenti e
lo sviluppo spostandoli dalle zone orientali a quelle
centro-occidentali" il che implica un ulteriore sviluppo dei
porti del fiume Yangzte quali Chonqging, Wuhan e Nanjing.
E' interessante registrare quanto affermato da David Lammie
della Yangtze Business Services: "Noi guardiamo alla domanda
interna e, a dispetto della situazione a livello globale, i dati
relativi al periodo dalla fine dell'anno scorso a gennaio di
quest'anno mostrano una crescita ragionevolmente salda, in parte
basata sullo sforzo di ricostruzione in seguito al terremoto di
Sichuan, ma anche sulle derrate che vanno su e giù per il
fiume, che contribuiscono a sostenere alquanto i traffici".
Lammie prosegue affermando che in parte le iniziative del
governo mirano a spostare l'attenzione dalla linea costiera
ulteriormente ad ovest.
"E' stato molto più costoso sulla costa orientale;
pertanto, prendendo in considerazione le sole questioni logistiche,
ciò che occorre per un ulteriore sviluppo è aprire
l'interno della Cina agli investimenti in entrata" conclude,
aggiungendo che ci si aspetta di aprire nuove zone di traffico con
la Thailandia ed altri paesi asiatici.
Inoltre, Su ha evidenziato un altro paio di minacce nei
confronti della Cina.
In primo luogo, la Cina sta cercando di coltivare il mercato
delle partecipazioni private nella regione; d'altro canto, "il
consolidamento è una cosa buona per il mercato" per
quanto riguarda il governo cinese, tanto che quest'ultimo sta
attivamente agevolando le acquisizioni e le fusioni.
Pertanto, da questi segnali si ricava il dato apparente che le
questioni inerenti ai porti minori possano essere escluse
nell'attuale clima.
Resta il problema, ovviamente, che, malgrado l'asserzione del
premier cinese Wen secondo cui egli "confida che la Cina
lavorerà con la comunità internazionale per superare
assieme i momenti difficili ", se il governo cinese dovesse
appoggiare certi porti alle estremità del mercato, è
inevitabile che le altre regioni che non traggono vantaggi da tale
supporto possano scoprire subito, piuttosto che dopo, che la fortuna
è girata per le proprie attività portuali. (da:
portstrategy.com, 24.03.2009)
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