 La Corte dei Conti Europea, come si dice, “ci è	andata già pesante” giudicando la bontà delle	politiche dell'UE in tema di trasporto intermodale, pur precisando	che gli ostacoli frapposti allo sviluppo dell'intermodalità	non sono riconducibili solo alle altre istituzioni dell'Unione	Europea, ma anche agli Stati membri. La Corte, il cui ruolo è	quello di revisore indipendente dell'Unione Europea, ritiene	comunque che la Commissione Europea non disponga di una strategia	dedicata all'intermodalità, facendo questa invece parte di	strategie più ampie per rendere più ecologico il	trasporto merci e il trasferimento modale. Intermodalità per	la quale, inoltre, non vi sono valori-obiettivo, e laddove sono	fissati valori-obiettivo volti ad aumentare la quota di modi di	trasporto sostenibili questi «sono comunque irrealistici, in	quanto i presupposti di partenza non sono basati su simulazioni	solide della misura in cui il trasferimento modale possa essere	realisticamente raggiunto considerando gli attuali vincoli	infrastrutturali a lungo termine per la ferrovia e le vie navigabili	interne e gli ostacoli normativi che incidono sulla competitività	del trasporto intermodale». 	 	Sono queste alcune delle critiche conclusioni della relazione	della Corte dei Conti Europea sul settore del trasporto intermodale	delle merci, per il quale i finanziamenti dell'UE destinati a	progetti a sostegno del comparto per il periodo 2014-2020 ammontano	a circa 1,1 miliardi di euro.	 	La relazione rileva che nel trasporto delle merci in ambito UE i	camion la fanno ancora da padrone, con  la percentuale di carichi	trasportata su strada (circa il 77 %) che continua ad aumentare, e	che alcune norme europee che promuovono altre modalità di	trasporto sono superate o controproducenti. Inoltre il documento	evidenzia che la rete europea delle infrastrutture non è	ancora adatta al trasporto intermodale e che, nonostante gli sforzi	compiuti per ridurre il trasporto merci su strada, gli ostacoli	normativi e infrastrutturali che penalizzano altri modi di trasporto	permangono.	 	Relativamente ai valori-obiettivo, che non sono stati fissati	per l'intermodalità essendo questa inquadrata entro strategie	più ampie per l'ecologizzazione del trasporto merci che	definiscono valori-obiettivo specifici riguardo all'aumento del	ricorso alla ferrovia e alle vie navigabili interne, la Corte dei	Conti Europea ha ricordato che, per di più, si tratta di	valori non vincolanti e i Paesi dell'UE sono liberi di fissare i	propri, che non sono necessariamente comparabili e allineati con gli	obiettivi dell'UE. Non è pertanto possibile valutare se	sforzi nazionali congiunti siano sufficienti a conseguire gli	obiettivi complessivi dell'UE in materia di trasferimento modale. Ad	ogni modo, secondo la Corte, «i valori-obiettivo fissati	dall'UE per il 2030 e il 2050 (in ultima analisi, raddoppiare il	traffico ferroviario e aumentare il ricorso alle vie navigabili	interne del 50 %) sono semplicemente irrealistici».	 	A giudizio della Corte, poi, alcune norme dell'UE nuocciono	all'attrattività del trasporto intermodale, essendo l'attuale	versione della direttiva sui trasporti combinati obsoleta (risale al	1992) e inefficace. Ad esempio - ha ricordato l'istituzione dell'UE	- prevede l'obbligo di un documento cartaceo timbrato dalle autorità	ferroviarie o portuali per tutto il tragitto, invece di un flusso di	lavoro digitalizzato e vari tentativi di revisione della direttiva	da parte della Commissione Europea non hanno trovato il parere	favorevole degli Stati membri. Al contempo, altre disposizioni	normative, in particolare quelle che disciplinano il trasporto su	strada, a volte contravvengono all'obiettivo di incentivare	l'intermodalità.	 	Per la Corte, verosimilmente la gestione della capacità e	l'interoperabilità rimarranno problematiche in assenza di	nuove azioni legislative (riguardanti, ad esempio, la pianificazione	delle fasce orarie per il trasporto merci su rotaia o le regole di	priorità per i treni passeggeri rispetto a quelli merci, o i	requisiti linguistici per i macchinisti di treno).	 	La Corte dei Conti Europea ha segnalato anche i ritardi	accumulati dai Paesi dell'UE nel rendere le infrastrutture conformi	ai requisiti tecnici stabiliti dalla normativa UE. Ad esempio - ha	osservato - nello sforzo di competere con il trasporto su strada,	utilizzare treni più lunghi che raggiungano la lunghezza	standard europea di 740 metri potrebbe essere uno dei miglioramenti	più convenienti dal punto di vista dei costi. Il problema è	che, però, questi treni possono in teoria essere utilizzati	solo sulla metà dei corridoi centrali della rete transeuropea	dei trasporti TEN-T. Inoltre, la mancanza di informazioni sulle	capacità della rete e dei terminali intermodali impedisce ai	caricatori e agli operatori logistici di offrire buone soluzioni di	trasporto intermodale ai propri clienti.	 	Rilevando che la proposta revisione del regolamento TEN-T può	migliorare la situazione, la Corte ha lapidariamente chiarito che	tuttavia, così com'è, la rete di trasporto merci	dell'UE non è semplicemente ancora adatta all'intermodalità.	 	«La decarbonizzazione dei trasporti - ha commentato	Annemie Turtelboom, il membro della Corte dei Conti responsabile	dell'audit - è al centro dell'obiettivo dell'UE di ridurre le	emissioni di gas a effetto serra, come stabilito nel Green Deal	europeo. Sebbene l'intermodalità sia uno strumento	fondamentale in tale sforzo, il settore del trasporto merci non è	sulla buona strada». 
															 
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