«La riforma della legge 84/94 sui porti deve tutelare il
lavoro portuale e la terzietà delle Autorità di
Sistema Portuale con la propria natura pubblica non economica, in
un'ottica di sistema portuale nazionale». Lo ha sottolineato
il segretario generale della Filt-Cgil, Stefano Malorgio,
intervenendo questo pomeriggio in audizione alla Commissione
Trasporti della Camera nell'ambito della discussione congiunta delle
risoluzioni, recanti misure per la valorizzazione del sistema
portuale nazionale. «Come proposte - ha specificato Malorgio -
pensiamo che servano maggiori poteri del Ministero dei Trasporti e
della Conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP per svolgere
un ruolo di regolazione del mercato. Va introdotta una
rappresentanza delle parti sociali, stipulanti il contratto
nazionale dei porti, nei Comitati di gestione, serve il
riconoscimento del lavoro usurante e gravoso e l'emanazione del
decreto attuativo del fondo di accompagno all'esodo e del decreto
attuativo sull'autoproduzione. Serve inoltre intervenire sulla
sicurezza sul lavoro in un settore esposto ad infortuni con un
inaccettabile numero di morti sul lavoro ogni anno».
«Serve - ha concluso il segretario generale della
Filt-Cgil - un intervento incisivo presso la Commissione Europea
finalizzato ad un riesame del sistema operativo EU-ETS volto alla
riduzioni delle emissioni di gas serra anche al settore marittimo
per prevedere delle misure transitorie in attesa di un regime
globale per evitare un dumping tra i porti UE ed extra UE ma anche
per rendere il sistema EU-ETS più efficace».
Illustrando in audizione gli interventi ad avviso di Fit-Cisl
necessari per un sano sviluppo della portualità nazionale, il
segretario generale dell'organizzazione sindacale, Claudio Tarlazzi
- ha rilevato che «l'obiettivo è creare un sistema
portuale pubblico, aperto alla competizione e adeguatamente
regolamentato. Lo sviluppo dei porti e quindi dell'intero sistema
Paese - ha osservato il rappresentante di Fit-Cisl - non può
prescindere da un sistema coordinato a livello nazionale. Le riforme
dei porti del 2016 e del 2017 seppure hanno introdotto diverse
novità che hanno migliorato e tutelato l'asset strategico
rappresentato dalla portualità, hanno però parimenti
aggiunto previsioni legislative che ad oggi risultano ancora
inattuate e persiste una mancanza di coordinamento da parte del
Ministero che continua a produrre grandi differenze interpretative
ed applicative della norma».
«La nascita di monopoli sempre più importanti - ha
proseguito Tarlazzi - mina i principi di concorrenza, aperta e
regolata, alla base della legge 84/94 ed è pertanto
fondamentale che il MIT assuma il controllo sull'intero sistema
portuale del nostro Paese. È fondamentale allo stesso modo
che le parti sociali partecipino ai processi decisionali, fornendo
il loro contributo in termini di crescita. La portualità deve
restare regolamentata e gli spazi in concessione debbono essere
affidati sulla base della capacità degli operatori di essere
attrattivi in termini di traffico, e di una selezione basata
sull'efficacia ed efficienza organizzativa ed operativa oltre che in
base alla congruità degli organici e alla formazione ed
esperienza dei lavoratori».
Anche Tarlazzi si è soffermato sulla centralità
del lavoro: «il lavoro portuale - ha evidenziato - è da
sempre il fulcro dello sviluppo dei sistemi portuali, dove il Ccnl
dei porti è stato alla base del principio di sana concorrenza
tra le imprese. È importante dunque sostenere i giusti
strumenti per il turnover di questi lavoratori attraverso
l'emanazione del decreto attuativo del “Fondo per
l'incentivazione all'esodo dei lavoratori portuali” per
garantire il giusto ricambio generazionale anche in considerazione
di processi di automazione che renderanno necessari percorsi di
formazione per le nuove generazioni di lavoratori. Per questo
riteniamo importante includere nei lavori usuranti anche il lavoro
portuale».