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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVII - Numero 10/99 - OTTOBRE 1999 |
Porti
La situazione dei porti dell'Europa Orientale
La storiella che segue potrebbe essere avvenuta davvero. Un produttore
di cristalleria di lusso doveva effettuare una spedizione alla
volta di Mosca nell'agosto del 1998 attraverso il porto di Novorossiysk,
nel Mar Nero. Una compagnia di navigazione di raccordo occidentale
impiegò 36 ore per trasportare il box da 40 piedi della
Evergreen da Gioia Tauro. La nave, però, incappò
in una coda all'ormeggio causata da una cattiva programmazione
degli orari e da una povera capacità di movimentazione
navale. I documenti presentati ad uno dei 53.000 impiegati delle
dogane russe tornarono indietro, essendo stati autenticati da
un falso funzionario con bolli falsi.
In attesa che il conseguente sequestro terminasse, il carico
aveva bisogno della certificazione Gosstandart. Questa
commissione statale sulla standardizzazione richiede che il 60%
circa delle importazioni russe si conformino alla stravagante
normativa locale (ad esempio, i cosmetici devono essere testati
su animali vivi). Essa lavora per mezzo di 800 organismi certificativi
approvati; 10 hanno a che fare con l'estero.
Il transito doveva avvenire via strada. I terminals fluviali
russi (per lo più per rinfuse) sono così scassati
che il 70% del tempo delle imbarcazioni nel 1997 è stato
trascorso all'ancora. I servizi ferroviari statali sono noti per
i prezzi esorbitanti e per la carenza di equipaggiamento di movimentazione,
specialmente per le unità da 40 piedi. In effetti, il 60%
delle merci trasportate in Russia circola sul suo sistema stradale
di 902.000 km (la ripartizione è maggiore della proporzione
70:30/strada:rotaia di quasi tutti i paesi).
I consigli in ordine alla sicurezza di Alan Wilkins, direttore
della divisione Europa Orientale del TT Club, erano stati i seguenti:
nascondere l'identità del carico, apporre sigilli con catenaccio
non riutilizzabili, far viaggiare il box in un convoglio con guardie
assunte per l'occasione. Ci si servì di un'impresa straniera
(un recente controllo alla frontiera in Finlandia aveva appurato
che, su 90 camion russi ispezionati, 58 erano in cattive condizioni
di marcia). Infine, il box venne riempito con cura; solo il 3%
delle strade sono autostrade ed il 65% necessita di riparazione
(il logoramento prematuro dei veicoli ed il costo degli incidenti
costano alla Russia qualcosa come il 2% del PIL annuale).
Il rombo del rublo
Durante il viaggio, in agosto, il rublo è precipitato
cancellando la base dei consumi di lusso. Il camion finì
il gasolio (c'è una grave carenza di stazioni di servizio
in Russia). Una guardia fece una soffiata ad una banda, che rubò
il carico. Afferma Wilkins: "Si può discutere circa
la possibilità che qualche organismo locale abbia avuto
o meno contatti con il crimine organizzato; è un fatto,
comunque, che i furti del carico nell'ex Unione Sovietica hanno
superato i danneggiamenti quale principale problema che gli assicuratori
si trovano a dover affrontare". Forse si trattava degli addetti
di una delle imprese di autotrasporto russe che da ultimo hanno
dovuto lasciare il 70% della quota di mercato agli stranieri.
Il vettore contattò i propri assicuratori russi. Il tetto
del 49% alla proprietà straniera dei fornitori nazionali
ha scoraggiato gli stranieri dall'intervenire sul mercato. A luglio
di quest'anno il parlamento lo ha ridotto al 15% ma ha imposto
la condizione di una tradizione operativa nel paese di origine
di almeno 25 anni. Il premio del fornitore russo era un affare,
ma egli non aveva né l'intenzione (né il capitale
per farlo) di coprire ogni reclamo (la Ingosstrakh, il maggior
fornitore russo, nel 1998 ha liquidato danni per 11,65 miliardi
di rubli, ovvero 51 milioni di dollari USA, rispetto ad entrate
per premi assicurativi pari a 11,29 miliardi di rubli). Aggiungendo
al danno le beffe, quando il vuoto tornò a Gioia Tauro,
si trattava di una logora unità sovietica degli anni '70.
In Russia si parla di cambiamenti. Il presidente Boris Eltsin
ha posto il veto sulle nuove misure inerenti alle assicurazioni
e quindi ci si aspetta un tetto massimo di compromesso del 20%
ed una tradizione operativa di 15 anni. Boris Nemstov, ministro
dei trasporti, ha reso prioritario il miglioramento dei collegamenti
ferro-stradali con il confine finlandese e gli stati baltici.
Recentemente, Nemstov ha annunciato sconti del 30% per le spedizioni
containerizzate ferroviarie, ricavati mediante la potatura di
personale ed oneri sociali.
Tuttavia, le principali linee di navigazione occidentali con
esperienze nella regione affermano che "vi sono un sacco
di chiacchiere al riguardo, ma nulla di concreto". Wilkins
spiega che la cultura protezionista di stampo comunista produce
diffidenza nei confronti delle "incursioni" economiche
straniere: "Essi vi dicono ciò che volete sentire,
ma è meglio che vi concentriate su ciò che accade
sul serio".
Quello che succede al momento è che Kalinigrad è
unanimemente descritta come il peggior porto del Baltico, mentre
degli altri 40 porti russi si dice che sono quantomeno decisamente
arcaici. San Pietroburgo, peraltro, nel 1998 ha proceduto ad una
riorganizzazione e ha dato un taglio alla burocrazia ed ai furtarelli.
Esso ora si gestisce sulla base del "modello continentale",
secondo il quale le infrastrutture vengono affittate dallo stato
ad un operatore privato (la First Container Terminal). Con 193.500
TEU, la produzione relativa al 1998 è stata superiore del
13,5% rispetto a quella del 1997, ma un sacco di tali unità
erano vuote, cosicché in realtà si è verificato
un calo di 26.000 tonnellate di carichi per colpa del rublo. La
crescita prima del disastro era stata del 15% annuo ed i dati
relativi alla prima metà del 1999 indicano livelli simili
a quelli precedenti la crisi, sebbene con una bassa produttività
(18-20 movimentazioni per nave/ora) ed a prezzi alti.
Kir Kotin, dirigente marketing di San Pietroburgo, parla di programmi
finalizzati all'ammodernamento del terminal container, con gru
più grandi e maggiori spazi, una nuova stazione ferroviaria,
un anello stradale ed un terminal all'ormeggio 101 (il che aumenterebbe
l'attuale capacità di 200.000 TEU sino a 410.000 TEU entro
il 2002). Quello che ora funziona è molto poco. Allo sviluppo
portuale è stata - a parole - data la priorità dal
governo sin dal 1991, ma dal 1993 al 1995 solamente il 3% dei
fondi stanziati sono stati realmente impiegati. Nel 1994 l'ormeggio
101 di San Pietroburgo è stato messo in programma per il
1996, mentre gli sconti del 20-50% sulle tariffe promessi per
gennaio non sono stati menzionati da Kotin. Le politiche relative
alle assicurazioni ed ai trasporti dipendono dalle elezioni politiche
di dicembre e dalle elezioni presidenziali della prossima estate.
Ma anche se dovessero essere approvate, non vi sarebbe denaro
per metterle in atto.
Un'indagine del Gruppo Financial Times (La logistica della
catena dell'offerta nell'Europa Centro-Orientale) indica che
il PIL è diminuito del 5% nel 1998, mentre l'inflazione
è al 75%, le riserve d'oro sono pietosamente attestate
a 10 miliardi di dollari ed il debito pubblico per il 1999 è
previsto in 35 miliardi di dollari. Un programma finalizzato all'importazione
di scorie nucleari per ferrovia potrebbe dare impulso al settore
trasportistico, se i soldi restassero a casa; l'Accademia Russa
delle Scienze, peraltro, dice che ogni anno prendono il volo dal
paese 17 miliardi di dollari di capitali. Gli ultimi scandali
finanziari correlati ad attività mafiose potrebbero portare
al venir meno degli aiuti finanziari internazionali. Con le bombe
che esplodono a Mosca ed il persistente conflitto in Dagestan,
la Russia "sembra sempre più distante dai suoi vicini
dell'Europa centrale" come afferma l'indagine del Financial
Times".
Orso ammalato
La Russia è il malato d'Europa. E molti dei suoi vicini
dei Mari Baltico e Nero, anche se - dovendo dipendere dal mercato
russo - stanno dovendo subire un calo della produzione, riescono
però a trarre vantaggi dalla povertà dei porti russi.
Generalmente parlando, anche altri porti della regione vengono
gestiti sul "modello continentale", ma - a differenza
di San Pietroburgo - essi hanno alle spalle economie nazionali
in buone condizioni, sono più vicine agli standard europei,
stanno attirando a sé partners stranieri e, in alcuni casi,
stanno mettendo in atto programmi di espansione aggressivi.
Se quel box di vetro italiano fosse stato spedito attraverso
l'Ucraina, avrebbe avuto il piacere di passare attraverso il Porto
di Odessa. Malgrado una blanda recessione, i porti del paese -
che comprendono anche Ochakiv, Skadovsk, Nikolayev, Yalta e Illichiv'sk
(26.000 TEU nel 1998) - sono cresciuti complessivamente del 15,4%
all'anno fino a movimentare 19,32 milioni di tonnellate nei primi
quattro mesi del 1999.
Odessa ha cominciato a movimentare box per la prima volta allorquando
ha dato inizio ad operazioni congiunte con la "Ceres Ukraine",
una filiale del Gruppo Ceres USA. Il terminal ha movimentato 47.321
TEU nel 1998 per più di 20 movimentazioni all'ora/gru (con
un'età media della flotta pari a soli tre anni). Si è
trattato di un calo dell'8,1% rispetto al 1997, ma la prima metà
di quest'anno mostra un aumento del 2% annuo. Dati gli attracchi
regolari della Evergreen, della Cosco, della Norasia e della Hapag-Lloyd,
Chris Kritikos, dirigente capo della US Ceres, si aspetta quest'anno
di eguagliare il 1998 ed afferma: "La maggior parte die nostri
volumi è destinata al mercato ucraino, di modo che è
logico che noi si finisca per migliorare". La Ceres Ukraine
ha una capacità di 100.000 TEU e ha posto per un incremento
del 30%. Aggiunge Kritikos: "Odessa si trova in una posizione
geografica tale da poter naturalmente diventare uno scalo-nodo
per gli stati dell'ex Unione Sovietica e per la Russia; la Ceres
ha capitali abbastanza flessibili da poter supportare una simile
crescita".
Questa non è di sicuro musica per le orecchie di Mihaita
Emil Visoianu, direttore generale della MPAC (Maritime Ports Administration
Constantza), in Romania, dato che il suo obiettivo dichiarato
è il seguente: "Istituire una posizione-nodo per i
traffici containerizzati della regione". A tal fine, per
l'ottobre del 2001 è stato programmato presso il molo 2
un nuovo terminal da 162 milioni di dollari. La prima fase del
progetto disporrà di 625 metri di banchina profonda 14,5
metri, nonché di una capacità di 337.000 TEU lavorati
da tre gru a cavalletto da 50 tonnellate (con braccio di 35 metri);
la seconda fase, invece, raggiungerà i 745.000 TEU nel
2008.
Ma cosa sta accadendo in realtà? Constantza dispone in
effetti di un ampio hinterland nell'Europa centrale e di un corridoio
danubiano alla volta del ricco nord. Inoltre, l'attuale terminal
Socep sta davvero accrescendosi: esso ha movimentato 98.260 TEU
nel 1998 (14% in più rispetto al 1997) e 45.000 TEU nella
prima metà del 1999 (la capacità è di 90.000).
Sono stati trovati i fondi per il nuovo terminal (il 75% è
dovuto ad un mutuo governativo giapponese, mentre il resto proviene
dalla MPAC) ed è stato assegnato un appalto per la bonifica
territoriale, ma la società che dovrebbe gestirlo non esiste
ancora. Il progetto è stato discusso per più di
due anni senza che venisse posato un mattone. Data la chiusura
del Danubio a causa dei bombardamenti della NATO, Constantza ha
perduto giornalmente incassi per 50.000 dollari. Ci potrebbe volere
più di un anno prima che i traffici fluviali possano tornare
quelli di prima. Una importante linea di navigazione ritiene che
il progetto puzzi di bruciato: "Troppa roba e troppo presto:
alla sua base c'è una dubbia economia".
La situazione è migliore nei porti baltici, anche se -
data l'esiguità dei mercati nazionali e la posizione isolata
- l'Estonia, la Lettoni e la Lituania dipendono dal transito in
Russia per il 70-80% dei propri risultati produttivi.
Le operazioni containerizzate sono state contagiate dall'influenza
russa, ma i porti per rinfuse stanno irrobustendosi sulle esportazioni
russe: l'80% delle esportazioni del Porto di Tallin, in Estonia,
è costituito da petrolio russo. Il Porto di Ventspils,
in Lettonia, che movimenta il 15% delle intere esportazioni petrolifere
russe attraverso un petroldotto che raggiunge le proprie raffinerie,
sta valutando l'opportunità di realizzare un nuovo terminal
containers da 28 milioni di dollari.
Le operazioni containerizzate del Porto di Tallin sono fiorenti.
Presso la Baia della Città Vecchia il terminal HTG Invest
movimenta 25 box all'ora/nave. I suoi risultati pari a 29.500
TEU del 1998 dovrebbero ridursi a 25.000 TEU quest'anno, sulla
base dei 12.000 TEU movimentati nella prima metà del 1999.
Peraltro, il terminal traghetti con pescaggio di 12,5 metri della
Baia di Muuga parla di un nuovo sviluppo da 250.000 TEU. "Abbiamo
fatto dei preparativi" afferma Helen Tavik, dirigente delle
pubbliche relazioni. Il terminal ha movimentato 55.500 TEU nel
1998, 32.900 TEU nella prima metà del 1999 e - senza esagerazioni
- si aspetta 56.000 TEU per la fine dell'anno.
Il porto lettone di Riga, specializzato in importazioni russe,
non ha avuto altrettanta fortuna. Rispetto ai 122.000 TEU del
1998, la prima metà di quest'anno ha fatto registrare solamente
45.000 TEU, inducendo così a rinviare le speranze di espansione.
Fred Kampermann, direttore del terminal, pensa che "le cose
non possano andare peggio". Data però la sua reputazione
quale terminal regionale più efficiente dal punto di vista
amministrativo e tecnico (40 movimentazioni all'ora/nave), a lungo
termine le cose potrebbero non andare così male.
Presso il porto di Klaipeda, in Lituania, il 40% dei containers
è costituito da transiti russi. I containers sono arrivati
per la prima volta nel 1995; dopo i bei tempi del 1997, i risultati
sono calati del 6% nel 1998 sino a 36.736 TEU e sembrano destinati
a diminuire ulteriormente con soli 16.859 TEU movimentati sino
allo scorso mese di luglio. Tuttavia, entrambi i terminals di
Klaipeda, il Klaipedas Terminales e la KCT (Klasco Container Terminal),
sono gestiti da società occidentali. La KCT a gennaio di
quest'anno ha cominciato ad utilizzare il suo nuovo sviluppo da
40 milioni di dollari e da 150.000 TEU (8 ettari sono ancora inutilizzati).
Nello scorso mese di luglio, inoltre, la gestione della KCT è
stata assunta dalla Eurogate (associazione commerciale BLG/Eurokai).
La KCT si aspetta 20.000 TEU nel 1999 (rispetto ai 15.000 del
1998).
Aquila polacca
Con tutto ciò, è verosimile che il futuro scalo-nodo
del Baltico orientale sia in Polonia. Tradizionalmente, la Polonia
ha da sempre l'economia più salda di tutte le ex nazioni-satelliti.
Già membro dell'OECD e della NATO, essa si aspetta di aggregarsi
all'Unione Europea nel 2003. Il porto di Stettino è specializzato
nel collegamento delle economiche esportazioni polacche dal suo
vicinato industrializzato alla conurbazione di Berlino. Isolato
dalla Russia, il terminal con pescaggio di 9,15 metri sulla Banchina
Czeskie, gestito dalla Drobnica, nel 1998 ha quasi raddoppiato
i propri risultati sino a 7.949 TEU per 20 movimentazioni nave/ora.
Nel 1999 esso ha siglato nuovi accordi con operatori fluviali
tedeschi e ha movimentato 6.727 TEU nella prima metà dell'anno;
le previsioni parlano di 15.000 TEU per la fine dell'anno. Dato
che la sua capacità è di soli 30.000 TEU; al momento
ha in corso trattative con la Eurogate per uno sviluppo di 50.000
TEU, per circa 13 milioni di dollari.
Gdynia da sempre movimenta più del 90% della produzione
polacca, con 213.366 TEU nel 1998 (20% in più rispetto
al 1997) e con un calo sino a 91.804 TEU nella prima metà
del 1999 (il calo stimato per la fine dell'anno è del 18%).
Il suo BCT (Baltic Container Terminal), peraltro, malgrado una
capacità di 350.000 TEU e di movimentazione pari a 67 TEU
per ora/terminal, pesca appena 10,3 metri, con scarse riserve
di terreno retrostante. Il BCT vede il proprio futuro nella vendita
di se stesso ad un operatore internazionale, unitamente ad una
quota dell'80% nella Baltic Container Lines (che nel 1998 ha trasportato
40.000 TEU). Darius Gregorkievicz, specialista di marketing del
Porto di Danzica, ravvisa che il futuro dei due porti risieda
della collaborazione "fondata sui servizi di raccordo assicurati
da Gdynia e sui servizi diretti di Danzica".
La baia settentrionale di Danzica, profonda 15 metri, è
l'unica infrastruttura ad acque profonde della regione. Danzica
ha movimentato appena 2.738 TEU nel 1998 (17% in più rispetto
al 1997), ma l'inaugurazione dell'infrastruttura dalla capacità
di 35.000 TEU del terminal Banchina Szczecinskie a novembre del
1998 l'ha portata a movimentare 2.239 TEU nella prima metà
del 1999. Inoltre, a luglio sono stati appaltati i lavori per
una nuova infrastruttura da 500.000 TEU per 290 milioni dollari
presso la Baia Settentrionale (che sta altresì costruendo
nuovi collegamenti stradali ed una ferrovia a scartamento largo
alla volta di Kaliningrad). Dato che il contratto definitivo non
è stato rivelato a tutto il mese di ottobre, Gregorkiewicz
ha mostrato discrezione: "La concezione generale è
quella di realizzare tre ormeggi per tre navi lo-lo e due navi
ro-ro lavorate da otto gru a cavalletto di cui quattro sono post-Panamax
per navi da 6.000 TEU ed oltre, su di un sito da 85 ettari da
completare - in varie fasi - entro il 2005". La sua previsione
più pessimistica parla di 316.000 TEU entro il 2010, realizzati
catturando traffico diretto in Germania ed il Olanda dalla Repubblica
Ceca, dalla Slovacchia e dall'Ungheria, nonché carichi
diretti in Finlandia e nell'ex Unione Sovietica, al servizio di
37 milioni di polacchi.
Mentre è difficile sopravvalutare i problemi che la Russia
ha di fronte, è facile sottovalutare invece quelli che
ancora devono affrontare i suoi vicini. Un collegamento intermodale
senza interruzioni attraverso l'Europa orientale "non vi
sarà nel corso della mia vita né in quello della
vita di mio figlio" fa notare Wilkins del TT Club. Christian
Mordhorst, uomo della P&ON a Mosca, avverte: "Questi
paesi staranno in piedi o cadranno con la Russia". Secondo
un'opinione diffusa, l'allargamento del divario tra i porti russi
e quelli dell'ex Unione Sovietica farà sì che la
Russia intraprenda drastiche misura al fine di riguadagnare quote
di mercato. In questo clima, la sempre più indipendente
Ucraina (con la sua attitudine organica alla crescita) e la Polonia
sembrerebbero essere meglio piazzate per riuscire a fornire servizi
ai nodi regionali. Ma la Russia, anche se malata, non dev'essere
considerata morta. Gli investimenti ad opera della Eurogate, della
Ceres e da importanti operatori regionali quali la Maersk e la
P&ON sembrano presupporre una fiducia nella crescita a lungo
termine. Come afferma Mordhorst, "quando le cose andranno
meglio, allora vi saranno abbastanza carichi per tutti".
Le trasparenti ambizioni dei russi non possono essere liquidate
come semplici "chiacchiere": i governi vanno e vengono
ma, come dicono a Mosca, "affari suono affari".
(da: Container Management, settembre 1999)
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