
Per la decarbonizzazione del settore marittimo, «le
normative da sole non bastano. Abbiamo bisogno di sviluppo
tecnologico e di combustibili alternativi. E questo può
avvenire solo in un modo: con gli investimenti». Lo ha
sottolineato il segretario generale dell'International Maritime
Organization (IMO), Arsenio Dominguez, intervenendo ieri al Blue
Economy Finance Forum presso il Grimaldi Forum di Monaco.
Sul fronte delle norme, ad aprile il Marine Environment
Protection Committee dell'IMO ha approvato disposizioni per i
carburanti navali e le emissioni delle navi la cui adozione è
attesa per ottobre
(
dell'11
aprile 2025). Dominguez ha evidenziato che, tuttavia, il lavoro
dell'IMO non è sufficiente se non si investe in un volume di
produzione di combustibili alternativi bastante a sostituire i 350
milioni di tonnellate di olio combustibile che le navi bruciano ogni
anno e nel dotare i porti degli impianti e servizi di bunkeraggio
necessari per fornire fuel puliti alle navi. «La
decarbonizzazione - ha sottolineato - ha un costo. Abbiamo già
speso soldi per inquinare l'ambiente. È tempo che tutti noi
investiamo per ripulirlo e per renderlo sostenibile per le
generazioni future».
Intanto, in vista della COP30 che si terrà a novembre a
Belém, in Brasile, le associazioni ambientaliste Opportunity
Green, Seas At Risk e Transport & Environment hanno esortato le
nazioni ad includere le emissioni prodotte dal trasporto marittimo
nei loro Contributi determinati a livello nazionale, i piani non
vincolanti per il cambiamento climatico previsti dall'Accordo di
Parigi.
«Per troppo tempo - ha sottolineato Aoife O'Leary di
Opportunity Green - gli Stati hanno ignorato i loro impegni
giuridici internazionali di regolamentare le emissioni di gas serra
inquinanti prodotte dal trasporto marittimo internazionale e i danni
arrecati ai nostri oceani. I tribunali internazionali stanno
iniziando a mettere in luce questa evidente lacuna e gli Stati
devono rispondere includendo il trasporto marittimo internazionale
nei propri Contributi determinati a livello nazionale e affrontando
adeguatamente queste emissioni. La responsabilità è il
primo passo per un'azione significativa».
«È
essenziale - ha aggiunto Faig Abbasov di Transport & Environment
- che gli Stati si assumano finalmente la responsabilità
delle emissioni del trasporto marittimo che alimentano il commercio
internazionale a loro così caro. Contrariamente a quanto
sostenuto dal settore, l'analisi giuridica ha dimostrato che il
trasporto marittimo e il trasporto aereo sono di fatto parte
dell'Accordo di Parigi. I Paesi devono rivedere i propri Contributi
determinati a livello nazionale per includere tutte le emissioni del
trasporto marittimo nei contributi “economici”
nazionali, come richiesto dall'Accordo di Parigi, e stabilire un
prezzo per tutte le emissioni di carbonio marittime, cosa che
l'accordo preliminare dell'IMO non prevede».