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Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva il pacchetto sulla sicurezza marittima “Erika III”
Tajani: «un notevole passo avanti verso una maggiore prevenzione degli incidenti marittimi e una maggiore assunzione di responsabilità da parte di tutti gli operatori del settore»
11 marzo 2009
Oggi, sulla base degli accordi raggiunti con il Consiglio UE lo scorso dicembre, il Parlamento europeo ha approvato definitivamente il terzo pacchetto sulla sicurezza marittima, il cosiddetto “Erika III”, che include otto provvedimenti legislativi in merito alle ispezioni delle navi, ai controlli da parte dello Stato membro di approdo, al sistema comunitario di monitoraggio del traffico marittimo, alle inchieste sugli incidenti in mare, alla responsabilità dei vettori marittimi che trasportano passeggeri, alla copertura assicurativa stipulata dagli armatori e al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera.

«Sono particolarmente soddisfatto dell'accordo raggiunto dal Parlamento e dal Consiglio», ha commentato il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, responsabile dei trasporti. «Rappresenta - ha aggiunto - un notevole passo avanti verso una maggiore prevenzione degli incidenti marittimi e una maggiore assunzione di responsabilità da parte di tutti gli operatori del settore».

Le nuove norme approvate dal Parlamento prevedono, innanzitutto, come versione finale della direttiva sulle attività di Port State Control (PSC), una maggiore frequenza delle ispezioni alle navi che approdano in un porto dell'UE, indipendentemente dalla loro nazionalità. Tali controlli riguardano sia la condizione della nave che la sua manutenzione tecnica, ma anche il rispetto delle convenzioni marittime internazionali da parte del proprietario della nave.
Le ispezioni saranno effettuate in base al “profilo di rischio” di ogni nave che sarà assegnato dall'Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima, che dovrà stabilire la frequenza e la portata delle ispezioni. Il profilo di rischio sarà determinato da una combinazione di parametri come il tipo, l'età e la bandiera della nave, gli organismi di certificazione e la compagnia armatrice, ma anche sulla base del numero di carenze e di fermi constatati in un determinato periodo. Se il profilo di rischio è elevato, l'intervallo tra le ispezioni non dovrà essere superiore a sei mesi. Inoltre sarà impedito l'accesso sia ai porti che agli ormeggi offshore dell'Unione Europea ad ogni nave che, nell'arco di un periodo di tre anni, per più di due volte sarà sottoposta a detenzione o riceverà un ordine di fermo dell'attività. Tale divieto di accesso ai porti e agli ormeggi potrà essere revocato dopo un periodo di tre mesi solamente dopo una nuova ispezione “estesa”, i cui costi saranno a carico del proprietario o dell'armatore, che accerti la conformità della nave. Se verrà emesso un secondo divieto di approdo, il periodo prima del quale potrà essere concessa la revoca sarà esteso a 12 mesi. Ogni fermo successivo, invece, potrà essere revocato solamente dopo un periodo di 24 mesi. Infine, se trascorso tale periodo continuerà a non superare con successo le ispezioni, la nave verrà inserita in una “lista nera” e bandita in maniera permanente da qualsiasi porto o ancoraggio dell'UE. Lo stesso vale per tutte le navi cui sarà imposto un fermo dopo il terzo rifiuto di accesso. Inoltre le navi classificate come di “priorità assoluta”, perché ad esempio già coinvolte in incidenti, potranno essere sottoposte a un controllo a discrezione dell'ispettore “indipendentemente dal periodo intercorso dalla loro ultima ispezione periodica”.
Gli Stati membri dovranno applicare le disposizioni di tale direttiva a partire dal 1° gennaio 2011. Sono esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva i pescherecci, le navi militari, i macchinari navali ausiliari, le imbarcazioni in legno di costruzione rudimentale, le navi di Stato usate per scopi non commerciali e le imbarcazioni da diporto non dedicate ad attività commerciali.

Sono state approvate anche le misure che devono adottare gli Stati membri nel loro rapporto con gli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi. La direttiva, che dovrà essere applicata entro due anni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE, stabilisce che gli Stati membri dovranno assicurare che le navi battenti la loro bandiera “siano progettate, costruite, equipaggiate e mantenute in efficienza conformemente alle relative norme e procedure in materia di scafo, macchinari e impianti elettrici e di controllo fissati da un organismo riconosciuto”. In linea di principio gli Stati membri dovranno adoperarsi affinché le loro amministrazioni competenti diano adeguata esecuzione alle relative norme, in particolare riguardo alle ispezioni e al controllo delle navi e al rilascio dei certificati. Però, per le navi battenti la propria bandiera, potranno decidere di affidare questi compiti ad altri organismi riconosciuti con i quali l'amministrazione nazionale competente dovrà instaurare un rapporto funzionale. In tal caso gli Stati membri non potranno rifiutarsi di autorizzare un organismo riconosciuto a svolgere tali funzioni, ma potranno limitare il numero degli organismi autorizzati. Inoltre, se uno Stato membro riterrà che l'organismo riconosciuto non possa più essere autorizzato a svolgere per suo conto questi compiti, potrà “sospendere o revocare tale autorizzazione”.

Via libera del Parlamento anche alla direttiva che ha l'obiettivo di far sì che gli Stati membri ottemperino con efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera e di migliorare la sicurezza e prevenire l'inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro. Tale direttiva, da applicarsi entro due anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale UE (con talune disposizioni applicabili a partire dal terzo e dall'ottavo anno), stabilisce che, prima di consentire l'esercizio di una nave cui è stato concesso il diritto di battere la sua bandiera, lo Stato membro debba adottare le misure che ritiene necessarie per assicurare che la nave ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. Dovrà quindi verificare i precedenti relativi alla sicurezza della nave e, se necessario, consultare l'amministrazione del precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza da questo individuati e rimasti irrisolti.

Approvata, inoltre, la direttiva che disciplina taluni aspetti degli obblighi cui sono soggetti gli armatori riguardo alla copertura assicurativa. La norma, che dovrà entrare in vigore entro il 1° gennaio 2012 e applicarsi alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate, prevede che ogni Stato membro debba prescrivere che gli armatori delle navi battenti la sua bandiera stipulino un'assicurazione che copra la loro flotta e che gli armatori di navi battenti bandiera di un altro Paese siano coperti da un'assicurazione quando le loro navi entrano in un porto dello Stato. Inoltre gli Stati membri, conformemente al diritto internazionale, potranno imporre il rispetto di tale obbligo anche quando le navi si trovano nelle loro acque territoriali.
L'importo dell'assicurazione per ciascuna nave per evento dovrà essere pari all'importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità conformemente a quanto stabilito Convenzione internazionale del 1996 sulla responsabilità e l'indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose (convenzione HNS). L'esistenza dell'assicurazione dovrà essere comprovata da uno o più certificati rilasciati dal suo fornitore e presenti a bordo della nave. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l'inglese né il francese né lo spagnolo, il testo dovrà includere una traduzione in una di queste lingue. Se il certificato non sarà presente a bordo della nave, l'autorità competente potrà emanare nei confronti dell'unità un ordine di espulsione, il quale andrà notificato alla Commissione, agli altri Stati membri e allo Stato di bandiera interessato. In conseguenza dell'emanazione di tale ordine, ciascun Stato membro dovrà rifiutare l'accesso della nave ai suoi porti fino alla notificazione del certificato da parte dell'armatore.

In merito alla responsabilità dei vettori, adottando con 673 voti favorevoli, 18 contrari e due astensioni la relazione dell'italiano Paolo Costa, il Parlamento ha sottoscritto il compromesso raggiunto con il Consiglio in sede di comitato di conciliazione riguardo a un regolamento che istituisce la disciplina comunitaria in materia di responsabilità e di copertura assicurativa per il trasporto di passeggeri via mare, quale definito dalla Convenzione di Atene del 1974 e dagli orientamenti IMO. In tal caso il regolamento diventerebbe applicabile a decorrere dalla data di entrata in vigore della Convenzione di Atene per la Comunità europea; tuttavia, come richiesto dagli eurodeputati, ciò avverrà “in ogni caso non più tardi del 31 dicembre 2012” per il trasporto internazionale, mentre per le tratte nazionali si applicherà entro il 2016 al trasporto via mare effettuato all'interno di un singolo Stato membro a bordo di navi appartenenti alle classi A (grandi unità) e, dal 2018, anche a quelle di classe B, ossia quelle più comunemente usate per il trasporto passeggeri nell'UE, purché battano bandiera di uno Stato membro o siano registrate in uno Stato membro, oppure se il contratto di trasporto è stato concluso in uno Stato membro o il luogo di partenza o di destinazione è situato in uno Stato membro. La possibilità di estenderne l'applicazione a navi più piccole (classi C e D) sarà valutata entro giugno 2013.
I vettori dovranno pagare fino a 2.587 euro a titolo di risarcimento per la perdita o il deterioramento dei bagagli e fino a 460.000 euro in caso di lesioni fisiche o decesso imputabili a loro colpa o negligenza. Inoltre, qualora la morte o le lesioni personali di un passeggero siano causate da un incidente marittimo, il vettore che ha effettuato per intero o in parte il trasporto durante il quale il sinistro marittimo è avvenuto dovrà procedere a “un anticipo di pagamento sufficiente a coprire le necessità economiche immediate, proporzionalmente al danno subito, entro quindici giorni dall'identificazione della persona che ha titolo al risarcimento”. È però precisato che l'anticipo di pagamento non costituisce riconoscimento di responsabilità.

Approvata anche la modifica della direttiva sul sistema comunitario di monitoraggio del traffico marittimo, che ha lo scopo di garantire una migliore sicurezza ed efficienza del traffico, una migliore risposta delle autorità in caso d'incidente o in presenza di situazioni potenzialmente pericolose in mare, comprese le operazioni di ricerca e di soccorso, e un ausilio per migliorare la prevenzione e l'individuazione dell'inquinamento causato dalle navi.
Tale direttiva, le cui disposizioni andranno attuate entro 18 mesi (alcune misure successivamente), prevede che gli Stati membri debbano designare una o più autorità competenti che, oltre a possedere le necessarie competenze specialistiche, abbiano il potere di adottare autonomamente decisioni indipendenti riguardo all'accoglienza delle navi che necessitano di assistenza al fine di garantire la sicurezza della navigazione e delle persone o la tutela dell'ambiente. L'autorità potrà, ad esempio, limitare i movimenti di una nave o dirigerla in modo che essa segua una determinata rotta. Oppure potrà ordinare al comandante di operare in modo da evitare situazioni di rischio, inviare a bordo della nave una squadra di esperti per valutare il grado di rischio, assistere il comandante nel rimediare alla situazione e tenere informata la stazione costiera competente. Avrà anche la facoltà di ordinare al comandante di recarsi in un luogo di rifugio in caso di pericolo imminente o di ordinare che la nave venga pilotata o rimorchiata. Inoltre gli Stati membri dovranno predisporre piani per l'accoglienza delle navi per rispondere ai rischi creati da quelle che necessitano di assistenza e che si trovano nelle acque poste sotto la loro giurisdizione. Spetterà all'autorità designata decidere in merito all'accoglienza di una nave in un luogo di rifugio.
La direttiva prevede anche l'uso di sistemi di identificazione automatica (AIS) da mantenere sempre in funzione e ne estende l'uso a “ogni peschereccio di lunghezza fuori tutto superiore a 15 metri che batta la bandiera di uno Stato membro e sia registrato nella Comunità oppure operi nelle acque interne o nel mare territoriale di uno Stato membro oppure sbarchi il pescato nel porto di uno Stato membro”. Tale dispositivo dovrà essere introdotto progressivamente, da tre a cinque anni dall'entrata in vigore della direttiva a seconda della lunghezza dell'unità, mentre quelle di nuova costruzione dovranno utilizzarlo entro 18 mesi.
Inoltre gli Stati membri dovranno istituire sistemi a livello nazionale o locale per la gestione delle informazioni relative alla sicurezza portuale e marittima, alla protezione dell'ambiente marino e all'efficienza del traffico e del trasporto marittimi. Per garantire lo scambio effettivo dei dati, gli Stati membri dovranno provvedere affinché i sistemi possano essere interconnessi con SafeSeaNet, il sistema comunitario che consente di ricevere, conservare, recuperare e scambiare informazioni, la cui operatività 24 ore su 24 dovrà essere garantita dalla Commissione Europea.

Infine l'aula di Strasburgo ha sottoscritto l'accordo raggiunto dal comitato di conciliazione in merito alla direttiva, che dovrà applicarsi entro due anni dalla sua pubblicazione, intesa ad agevolare l'esecuzione delle inchieste di sicurezza e l'analisi dei sinistri e degli incidenti marittimi al fine di determinarne le cause. Pur precisando che le inchieste svolte ai sensi della normativa non riguardano la determinazione della responsabilità né l'attribuzione di colpe, la direttiva chiede agli Stati membri di provvedere affinché l'organo o ente inquirente “non ometta di riferire integralmente le cause del sinistro o dell'incidente marittimo per il fatto che dai risultati si possono desumere colpe o responsabilità”. La direttiva si applicherà ai sinistri e agli incidenti marittimi che coinvolgono navi battenti la bandiera di uno degli Stati membri o si verificano nel mare territoriale e nelle acque interne degli Stati membri o che incidono su altri loro interessi rilevanti.
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