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Analisi su "L'assetto dei porti e il cabotaggio marittimo" nell'ambito del Piano Generale dei Trasporti
I porti italiani non offrono ai carichi diretti nel Far East transit time medi competitivi con quelli garantiti dagli scali nordeuropei
10 gennaio 2000
E' il traffico containerizzato nei porti italiani uno dei settori maggiormente presi in esame dal documento "L'assetto dei porti e il cabotaggio marittimo", elaborato dal Servizio di Pianificazione e Programmazione del ministero italiano dei Trasporti e della Navigazione nell'ambito del Piano Generale dei Trasporti (PGT). Per il settore container lo studio, che pubblichiamo integralmente nella rubrica "Forum dello Shipping e della Logistica", si riferisce al consuntivo nazionale nel 1998, mentre per le altre merci le statistiche si ferma al 1996.
L'analisi ministeriale assegna molta importanza nel traffico di container al transhipment, per il quale gli studi più accreditati prevedono il raggiungimento di una quota media, sui traffici totali, pari al 25% nel 2005. Il transhipment tuttavia non consente ai porti italiani di offrire ai carichi diretti nel Far East un transit time medio più favorevole di quello garantito dai porti nordeuropei. Più che le distanze in termini geografici contano infatti quelle misurate in vantaggi economici e con la logistica, e "l'84% dei servizi offerti dai porti italiani - rileva il documento - è effettuato via transhipment mentre i servizi offerti dai porti nord europei sono in prevalenza servizi diretti. Da questo dipende il vantaggio nei transit time medi dei porti nord europei, e dunque il maggior volume di traffico".
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