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Basta indagini UE sul dumping sudcoreano, dicono i cantieri navali europei. E' tempo di agire
«Tutte le informazioni necessarie sono disponibili», denuncia il CESA, sostenendo che «ulteriori ritardi non sono motivati»
20 settembre 2001
Non è più possibile attendere, dicono i cantieri navali europei a Bruxelles. E' necessario che l'Unione Europea decida al più presto quale politica perseguire nel settore navalmeccanico. Martedì scorso, nella riunione del consiglio del CESA (Committee of E.U. Shipbuilders Associations), i rappresentanti delle aziende europee hanno espresso il loro rammarico «per il lento avanzamento del processo decisionale nella politica della cantieristica navale». Sotto accusa c'è da tempo il dumping praticato dai cantieri sudcoreani. Secondo il CESA ora non sono più necessarie indagini ed è venuto il momento delle decisioni: «tutte le informazioni necessarie sono disponibili», dice l'associazione, sostenendo che «ulteriori ritardi non sono motivati». Il CESA ribadisce l'urgente bisogno di un quadro normativo per la cantieristica che consenta di finalizzare le trattative commerciali sui nuovi ordinativi.
Nel dicembre 2000 - ricorda l'associazione - il consiglio del CESA indicò le misure temporanee e appropriate indispensabili per contrastare le pratiche anticoncorrenziali in atto nel settore e nello scorso maggio il consiglio aveva chiesto alla Commissione Europea di avanzare un ricorso alla World Trade Organization contro la Corea del Sud se non fosse stata raggiunta una composizione amichevole della controversia entro lo scorso 30 giugno. «Questo termine, l'ultimo dopo una serie di precedenti proposte alla Corea da parte europea - denuncia il CESA - è trascorso senza esito. Tutti gli osservatori internazionali si attendevano decise misure al più tardi entro luglio». «Prima l'Unione Europea decide sulla politica della cantieristica - conclude il CESA - meglio è».
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